Stefano Rolando, Intervento a conclusione presentazione “Citytelling” (Triennale, Milano 17.12.14)

A conclusione della tavola rotonda di presentazione del libro Citytelling (Egea, prefazione di Gianluca Vago, in libreria da gennaio 2015) avvenuta in Triennale il 17 dicembre 2015, con interventi di Andrea Cancellato, Antonio Calabrò, Don Davide Milani, Patrizia Rutigliano, Paolo Verri, Piero Bassetti e Cristina Tajani), Stefano Rolando, autore del libro, ha detto:

A margine del testo, ho scritto alcuni ringraziamenti, sostanzialmente per incorniciare quelli alla mia milanesissima nonna Emma, che mi ha lasciato la nostalgia del dialetto, di quel parlare in milanese e tradurre frase per frase; e di qualche altro luogo comune della nostra infanzia (dalle nebbia ai sapori di panettone per tutto il quartiere attorno a viale Corsica dove produceva la Motta).

Qui, dopo questa discussione, così di livello, così rilevante, i ringraziamenti si fanno più formali. A chi ha parlato, a chi è intervenuto; e ancora una volta al mio ottimo editore e alle due bravissime editor che hanno reso il libro migliore di quello che era.
Devo a Paolo Verri la condivisione del titolo, che ha relegato ai sottotitoli le due parti del testo: Raccontare identità urbane e Il caso Milano. In mezzo una conversazione con Piero Bassetti, una volta di più questa sera con il suo intervento si è colto il perché si questo ponte tra una parte di metodo generale e una parte che riguarda la vicenda identitaria della città.
Un libro così nasce con almeno tre diverse spinte.
La prima è quella del lavoro universitario che induce ad affinamenti disciplinari. Ho provato a stressare un po’ il perimetro della mia materia – la comunicazione pubblica – fornendo qualche elemento di inquadramento di una materia poco trattata, il branding pubblico. Diranno i miei studenti, l’ anno prossimo, se ciò incontra il loro interesse, così come mi pare da alcuni riscontri anche in merito a tesi su casi locali ai quali vedo che si appassionano.
La seconda è di natura civile, riguarda una fase cruciale del lavoro del Comitato Brand Milano, a cui l’Amministrazione civica mi ha chiesto di dedicarmi e che ora, nel 2015, affronta un anno speciale che comporta una inevitabile trasformazione non solo materiale della città ma anche immateriale, come è quella della comunicazione narrativa sul patrimonio simbolico della città, quello antico e quello in formazione. Il tema posto da don Davide sulla centralità del Duomo lo capisco a fondo, tanto che Piero Bassetti lo ha subito sottolineato. Ma lo stesso Bassetti – che quando parla va ascoltato fino alle ultime parole, perché spesso li senso del pensiero prende interessanti svolte – ha poi adombrato una ipotesi interessante. E cioè che Milano possa tentare la via anche di immagini astratte per ridefinirsi. Non la Tour Eiffel di Parigi ( che è la forza ma anche il limite del racconto simbolico della città) o la mela di New York o il Colosseo di Roma, eccetera. Proprio l’ ibridazione, proprio la glocalità, proprio la multiformità economica, sociale e produttiva di Milano (Antonio Calabrò e Patrizia Rutigliano hanno speso parole interessanti al riguardo) possono farci tentare questa innovazione.
La terza spinta e’ quella del soldato che torna a casa. Ho lavorato per tanti anni nella dimensione dello Stato a Roma (dalla Rai alla Presidenza del Consiglio ad altre realtà) e il ritorno a Milano ha avuto un vissuto molto particolare. Intanto dichiarando che per un lungo tratto di questa cosiddetta “seconda Repubblica”  Milano mi è andata stretta. L’ avere contribuito al cambiamento della rappresentazione politica della città è stato parte del convincimento che un nuovo ciclo era possibile e questo nuovo ciclo ora rende possibili e non propagandistici dibattiti come quello che si è svolto questa sera. Poi riscontro giorno per giorno che il carico che hanno in generale le città (qui la penso come Verri) – sedi di maggioranze demografiche e centri nevralgici del rapporto tra coesione e sviluppo – e in particolare Milano rispetto all’Italia, è decisivo e strategico per portare fuori il nostro paese dalla crisi.
Bella la metafora di Paolo Verri sull’onda di surf da cavalcare rispetto ad Expo. Così come importante è  la sottolineatura di Cristina Tajani sul pluralismo non verticalizzato del nostro dibattito pubblico in materia. Ricordo che per la trasformazione strutturale del racconto di Milano il cantiere della città metropolitana è  altrettanto – se non più – importante, perché cambiano moltissimi elementi di riferimento.
Le chances della città sono ora più visibili. Ma lo sforzo di condivisione – nel rispetto di una rappresentazione complessa e per sua natura anche conflittuale che è storia della città e delle sue libertà – deve riguardarci e deve essere nutrito dal convincimento che quella storia non va data per scontata e deve tentare modi nuovi e interlocutori (in casa, in Italia e nel mondo ) ben mirati.