Stand up. Lezioni del voto (30 marzo)
(30 marzo – mattina) – Ci siamo rimasti ovviamente male. Ma alle due di notte, a cose chiare, il sentimento è stato quello di alzarsi dalla panchina, non tenere le mani in mano, pensare, analizzare, progettare. Qualche scambio di sms notturno mi ha mostrato stesse lunghezze d’onda. Qui finisce la corrispondenza di una, per metà, non campagna. Non so cosa inizi. Ma quel che comincia è certamente stando in piedi. Ricordando ad alcuni, che sulla panchina ci stanno non perchè cacciati lì ma per pigrizia o per deriva civica, che il problema è anche questo. Buona primavera.
Stand up. La panchina è scomoda e c’è tanto da fare.
Alcune lezioni del voto (30 marzo)
Alè, in piedi. Alla metafora della panchina ho dovuto forzosamente adattarmi. Ci abbiamo scherzato un po’. Così come si è un po’ indugiato sulla “regalità” di una candidatura povera (come molti altri) ma con un’interazione sociale rivelatasi di qualità attraverso la battuta del “deposto candidato”. Una “regalità” costituzionale, in verità. Per l’idea che, in tanti anni di lavoro su questo tema, è maturata a proposito di cittadini e partecipazione.
Ma, insomma, le elezioni regionali hanno di interessante questo: che assumono senso politico come quelle per il parlamento nazionale, ma investono i contenuti delle relazioni vitali con il territorio di appartenenza.
Ciò che spiega anche la straordinarietà della missione dell’istituto regionale, integratore tra le regole statuali e sovrastatuali e la centralissima cultura di borgo e di villaggio che resta al cuore del civismo europeo. Una missione spesso fallita dall’esperienza regionale italiana. Perché quella dell’integratore è una visione che richiederebbe classe dirigente di primissimo ordine, mentre invece Stato e Città costituiscono le scelte preferenziali, Regione e Europa le scelte secondarie. In alcuni risultati di questa notte ciò è molto chiaro.
Dopo avere dedicato un’intensa decina di anni al sistema regionale avevo ritenuto di poter essere un buon strumento al servizio di questo passaggio cruciale, cioè di ripensamento di ruolo.
Di servizio soprattutto perché collocato all’opposizione, dove cioè l’esercizio critico – se attuato pur nel maggiore rigore ma con fedeltà alle istituzioni (lezione pannelliana) – è total job. Pazienza. Limitiamo allora allo specifico di questa vicenda – una consultazione per gli assetti del pluralismo territoriale del paese, stressata dall’incapacità di molti partiti di stare dentro dinamiche legali e corrette trasformando l’evento in una baraonda polemica e mediatica, dunque con caratteri di battaglia politica generale che, come succede ormai da anni, si riduce al pro o contro Berlusconi – qualche considerazione finale a voto acclarato.
Limito a spunti di evidenza immediata. Il pensiero sovrastante riguarda il modo con cui si forma in questa elezione il presupposto di competenza per una classe dirigente all’altezza dei problemi. Un pensiero pessimista. E quindi insieme anche il pensiero che ci sia da molto da fare con particolare urgenza al nord e al sud.
Astensionismo
L’elettorato ha percepito il vento del nord (l’Europa). Non è l’effetto dell’incipiente primavera. E’ la crescita di disaffezione rispetto al “patto” che pur oscillando tra validazione e punizione teneva in piedi l’alta affluenza. Se l’elettore non trova ragioni così sostanziali per validare o punire – nel primo caso perché le promesse non sono considerate mantenute, nel secondo caso perché “tanto sono tutti uguali” – la via di disertare le urne è un’arma mondialmente sguainata. Otto punti più di calo rispetto al 2005 (con la punta più alta nel Lazio) sono un segnale carico di contenuto. 35,5% no alle urne. In Italia uno su tre non ha votato, in Francia uno su due.
Partito del Nord/Partito del Sud
“Nasce la Padania”, vedo dalle prime pagine tirate nella notte. Nasce in realtà una tenaglia leghista che morde la Lombardia ciellina. Il berlusconismo puro è sparso nei listini. Non guida la partita del nord. La Lega metterà poste appariscenti. Poste che la meridionalizazione del PDL faticherà a reggere. Poste che incentiveranno la spaccatura in Sicilia. Poste che daranno alibi per il “partito del sud”. La prima conseguenza di questa elezione è una nuova dinamica nazionale che richiederebbe un leader (che Berlusconi è stato) più giovane, più dedito, meno carico di pesi personali. La torsione del paese riduce la capacità politica della nazione. Anche se le poste della Lega ridurranno ipocrisie e porteranno nell’agenda problemi reali. Liguria, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria non si contentino dei loro più piccoli margini e provino a dimostrare modelli di federalismo compatibile con l’unità nazionale.
Bonino e Vendola
Emma Bonino ha fatto una bellissima campagna. Di contenuto, di stile, di analisi, di misura. Senza di lei non si sarebbero accese ipotesi di un diverso centro-sinistra. Ha subito il ciclone mediatico del premier che ha operato nell’ultima settimana sugli indecisi. Ma resta una sperimentazione in suo nome che può diventare cultura politica. Nichi Vendola esprime un racconto meno moderno e meno asciutto. Intercetta però con suggestione bisogni, dolori, gioventù, speranze. E’ uomo del sud. Così come Emma è una piemontese che ha conosciuto l’Europa e avrebbe volentieri moralizzato la capitale che ben conosce. Hanno entrambi costretto il PD ad una politica diversa dal suo schema. Uno vince, l’altra perde con onore e serrando emotivamente uno schieramento che – trattandosi di Roma – ha riflesso nazionale.
Zaia e Cota
La Lega propone un ampliamento della sua classe dirigente. Restano i tratti di rudezza (anche di facinorosità) del gruppo di sfida bossiano ma viene premiato un radicamento che sa cavalcare le paure del popolo. Si vedrà l’evoluzione di due dirigenti ormai abbastanza sperimentati. Ma la loro affermazione è sonante e il contesto di successo del partito “leninista” (che ancora la Lega è) non consente più sottovalutazioni.
I contorni del residuo bipolarismo
E’ vero che lo schema bipolare tiene (anche per la modestia dei risultati dell’Udc e il pulviscolo di altri, grillini a parte in Emilia Romagna). Ma i due schieramenti escono dalle elezioni regionali con entrambe le regie del bipolarismo da rifare. Se si tornerà a consentire ai cittadini di scegliere gli eletti non consentendo ai vertici dei partiti di “nominare” solo i fedeli e gli opportuni, le contraddizioni dei due sistemi potrebbero riaprire molti giochi. Potrebbero cioè puntare a federare soggetti ma rispettando di più il bisogno del paese di vedersi raccontato nel suo reale pluralismo. Che corrisponde anche ad una sua complessa storia.
Lombardia e Milano
Alla prossima puntata.
SR/ 30.3.2010
Riscontri
Il problema, più che nelle sconfitte di noi ultracinquantenni che comunque a vario titolo abbiamo combattuto, è l’apatia di una parte così consistente delle giovani generazioni. Più che il mediocre risultato di ieri mi sconforta proprio questa prospettiva. Tanto per dire, mio figlio ha 18 anni; nel suo liceo sono lui e non più di una dozzina su 600 studenti a porsi delle domande, a proporre delle riflessioni…
Francesco Bogliari, Milano 30 marzo 2010
I risultati delle regionali ci confermano che non ci sono scorciatoie: occorre ridare un senso alla politica ripartendo dalle reti locali e da forme della partecipazione aperte, informate ed inclusive.
Fiorello Cortiana, Milano 30 marzo 2010
Caro Stefano, a chiusura di queste poco felici elezioni, voglio ringraziarti per esserti impegnato per tentare di cambiare in meglio la nostra Regione. Non ci siamo riusciti, anzi ci troviamo in una situazione che mi fa quasi paura. Proverò a seguire il tuo consiglio stando ben eretta in piedi…anche se la tentazione è quella di scappare a gambe levate. Ancora grazie
Gherarda Guastalla Lucchini, Milano 30 marzo 2010
Vai avanti! C’e’ tanta gente che ne ha bisogno! Vicina, in un certo modo,
Aurora Martin, Bucarest, 30 marzo 2010
SONO INCAZZATO COME UNA BESTIA.
Rocco Faraco, Lauria (e Milano), 30 marzo 2010 (inviato quattro volte)
Caro Prof, è inutile dirle che la delusione, soprattutto qui, è immensa. Non credo sia un problema di destra o di sinistra ma a questo punto della mentalità della gente sempre più ignorante. C’è bisogno di intervenire alla radice, creando vere e proprie strutture che insegnino la cultura politica così come è stata concepita.
Federico Focacci, Roma 30 marzo 2010
Abbiamo sicuramente molto da fare. Molte le cose da approfondire quando avremo la possibilità di un facile dialogo a Via Ovidio. Un abbraccio
Sergio Ristuccia, Roma 30 marzo 2010
Sai Stefano, io sono andata a rileggermi Tennyson. abbiamo qualche cerotto ma siamo indomiti. agli amici che dicono di volersene andare rispondo che voglio se ne vada un certo ceto politico.. che ha creato uno zeitgeist fatto di brutale disprezzo per regole dignità libertà democrazia. perchè un parte di “cittadinanza” addestrata e mal-educata a scegliere scorciatoie a tollerare illegalità e servirsene, dovrebbe invece rispondere ai richiami della faticosa moralità? evidentemente non abbiamo saputo rendere attraente e gratificante una visione più etica partecipata e responsabile della società. ma per quanto mi riguarda ci riprovo e sono felice che saremo insieme
Anna Lombroso, Roma 30 marzo 2010
Risposta: Contaci!. Tennyson dovrebbe essere quello di: Better to have loved and lost, Than never to have loved at all. (È meglio aver amato, e perso /Che non aver mai amato). Vabbè….
Mi dispiace ancora molto, ma non serve a un gran che. Comunque per qualsiasi cosa io sono sempre qui, almeno per altri 5 o 6 anni. Con tantissimo affetto
Fiorenza Gianduzzo (Consiglio Regione Lombardia), 30 marzo 2010
Caro Stefano, sì, è vero, siamo rimasti male – hai ragione – ma non perché si è perso, ma perché sappiamo che è aumentato il numero dei cialtroni che comandano e… che, forti della loro ignoranza, penseranno – come disse un giorno un uomo del fare – “abbiamo ragione noi, che i libri non li leggiamo!”. Quando il sole tramonta, l’unica gioia è pensare che domani il sole sorgerà ancora. Ti abbraccio con molto affetto
Giancarlo Zagni, Mentana , 30 marzo 2010
Mi pare una buona reazione la tua. La mia è un po’ diversa ma non mi va di analizzarla. Sto finendo una cosa che ti farò leggere quando sarà andata in stampa. Per ora non ti leggo ma lo farò presto. Ciao Buona primavera anche a te
Celestino Spada, Roma, 30 marzo 2010
Condividiamo appieno, aggiungendo, se si potesse farlo capire ai tanti italiani che ragionano abbagliati dagli illusionisti, quanto influisce sul successo del cavaliere e della lega la crociata dei vari travaglio, santoro, grillo, ecc.
Margherita Drago e Guglielmo Trillo, Roma 30 marzo 2010
Caro Stefano,in me prevale ancora lo stupore, soprattutto per Roma. Non posso credere che l’impegno che la Bonino ha messo per difendere i diritti delle donne sia stato dimenticato. Perché non è possibile pensare che a nessuna delle elettrici della Polverini sia capitato di divorziare, usare contraccettivi, fare una fecondazione assistita, un aborto, o riflettere sulle fine della vita. Che sia questione di informazione?
Lucia Rodler, Milano 30 marzo 2010
Caro Rolando,condivido pienamente quanto scritto in “stand up”. Ti allego la mia “analisi” sulle difficoltà post elezioni del Pd pubblicata sulla prima pagina di oggi del Sec XIX. Spero vorrai concedermi le tue preziose riflessioni al riguardo.
Ludovico Fois, 31 marzo 2010
Considerazioni lombarde (nel dibattito sul “dopo voto” della rete del Circolo Rosselli).
di Felice Besostri
I socialisti presenti soltanto in 5 province raccolgono lo 0,3%, SEL lo 1,4%, la Federazione della Sinistra il 2% e la Federazione dei Verdi lo 0,8%. La Sinistra e Libertà delle europee 2009 raccoglie un complessivo 2,5%, cioè più del l‘esordiente Movimento 5 Stelle Beppe Grillo. Senza la simulazione del voto Verde SEL e PSI ottengono un risultato inferiore a quello della Federazione della Sinistra e di poco superiore al Partito dei Pensionati, che elegge un consigliere regionale (Fatuzzo oblige ) con l’ 1,6%. In voti assoluti tutta la sinistra rosso-verde prende 194.911 voti, con il 64,63% di votanti, a fronte dei 253.030 delle europee, con una partecipazione più elevata, 73,3%. Per effetto del gioco dei resti e dei collegi provinciali, soltanto SEL elegge un consigliere, anzi una consigliera, regionale pur avendo meno voti in assoluto e in percentuale sia della Federazione di Sinistra che del Movimento 5 Stelle dei grillini e dei Pensionati. La storia non si fa con i se e, pertanto, in caso di lista comune SEL -PSI non è detto che i voti si sarebbero sommati. Sicuramente sarebbero stati presenti in più circoscrizioni. Politicamente un risultato che fa risaltare la debolezza della sinistra, in tutte le sue espressioni, nella più grande e ricca regione italiana. Una sinistra più forte e radicata nei quartieri popolari potrebbe giocare un ruolo nelle prossime elezioni comunali a Milano. L’ipotesi di una candidatura Bossi si è rafforzata: chi aspira a rappresentare il Nord deve conquistarne la capitale. Con il governo di Veneto e Piemonte la Lega può imporre a Formigoni di dare attuazione ad un’improvvida disposizione costituzionale del Centro-sinistra, quella del penultimo comma dell’art. 117, che consente alle regioni, con legge regionale, di individuare organi comuni a più regioni. Federalismo fiscale e organi comuni alle regioni del Nord costituiscono un cocktail micidiale, perché rafforzerà un presidenzialismo, come tentativo di unificazione nazionale: il danno e le beffe. Nelle condizioni italiane un presidenzialismo vero sarebbe una soluzione democraticamente più garantista di un semi-presidenzialismo, per non parlare dell’obbrobrio dell’elezione diretta del Primo Ministro, cui va naturalmente la simpatia di BerlusconiDentro le varie organizzazioni della sinistra si può aprire una nuova fase di confronto non settario e neppure identitario ovvero una resa dei conti,sia interna che esterna. Fossimo nel resto d’Europa starei tranquillo: là le dimissioni si danno e non si chiedono.
Milano, 30 marzo 2010