Sky Tg 24 sulla presentazione di RICP N. 40 con dossier su 150 anni unità d’Italia

16 luglio 2010
Il portale di Sky Tg 24 oggi pubblica un resonconto della presentazione di ieri a Roma del n. 40 di Rivista italiana di comunicazione pubblica con dossier su 150 annversario unita’ d’ Italia e sondaggio Demoskopea per Civicom, riportando alcune opinioni degli intervenuti tra cui Giuliano Amato, Stefano Rolando  e, con una intervista dedicata, Giuseppe De Rita.

Portale di Sky tg 24
150 anni d’Italia, ma gli italiani non lo sanno
Due cittadini su tre non ricordano che nel 2011 ricorre l’anniversario, ma a grande maggioranza ritengono importante celebrarlo. Un sondaggio Civicom-Demoskopea rivela anche che il 95% delle persone oggi direbbe sì a un referendum sull’unificazione
 
16 luglio, 2010
 
di Serenella Mattera
L’Italia unita compie 150 anni? Due italiani su tre non lo sanno. Ma in compenso se fossero catapultati nel 1861 e potessero esprimere il loro voto in un referendum (o, come si usava allora, un plebiscito) per promuovere o bocciare l’unificazione, non avrebbero dubbi: il 95% direbbe sì a una sola Italia. Un sì corale, da Nord a Sud. Con buona pace della Lega, infatti, anche nelle terre padane solo una sparuta minoranza (il 7%) preferirebbe cambiare il corso della storia e dividere lo stivale. Lo rivela un sondaggio realizzato da Demoskopea per CivicomRivista italiana di comunicazione pubblica. Un’indagine compiuta su un campione di mille persone dai 14 anni in su, alla vigilia di una ricorrenza, il centocinquantenario dello Stato italiano nel 2011, che già ha generato dibattito e numerose polemiche. Ma che, a quanto pare, non ha fatto breccia nella mente e nel cuore del 68% degli intervistati, che interrogati sull’anniversario imminente, hanno fatto scena muta.“L’Italia è fatta, ora dovremo fare gli italiani”, diceva Massimo D’Azeglio all’indomani della nascita dello Stato italiano. Perciò oggi Civicom si chiede: “Gli italiani sono fatti?”, qual è la percezione del processo di unificazione? Ebbene, come visto, la stragrande maggioranza delle persone non tornerebbe indietro. Solo il 5% sceglierebbe la via della divisione, per motivi diversi: “nostalgie neo monarchiche, malcontento per la gestione dello Stato centrale, orientamento alla divisione Nord-Sud”.
Ma in generale, riassume Stefano Rolando, direttore di Rivista italiana di comunicazione pubblica, “gli italiani ci tengono a essere ‘popolo italiano‘”.Non solo. A dispetto dell’ignoranza rispetto all’anniversario (i più informati sono i meno giovani e i più colti), una volta appreso della ricorrenza il 77% delle persone si dichiara convinto che debba essere celebrata “adeguatamente”. E che il modo migliore per farlo sarebbe attraverso iniziative didattiche nelle scuole (51%), con un investimento sulle nuove generazioni. In aggiunta, tante piccole feste da tenersi in diverse città (37%), sarebbero più gradite di una grande festa a Roma (27%). Mentre pochissimi considerano una buona idea un monumento (18%), un evento al Quirinale (15%) o una mostra itinerante (14%).Dunque, il primo problema da risolvere perché il 150esimo anniversario dello Stato italiano non cada nel vuoto, è un problema di comunicazione. Se n’è parlato, è vero. Con un dibattito che ha raggiunto toni molto polemici, soprattutto da parte della Lega. Ma “evidentemente – dice Simona Beltrame, amministratore delegato di Demoskopeasi è tenuta una discussione un po’ troppo alta, che non è arrivata alla gente”. No alla retorica e sì a linguaggi rivisitati, chiedono i giovani. Ma più in generale, “mi pare che il Paese – dice Rolando, che è docente di Teorie e tecniche di comunicazione pubblicanon abbia un regia della comunicazione, che non può ridursi a uno spot e alla diffusione di una brochure, ma deve svilupparsi in un percorso di eventi e occasioni di approfondimento che abbiano alla base un progetto strategico”.
Alla presentazione della ricerca è intervenuto Giuliano Amato, presidente del Comitato dei garanti per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’unità. L’ex premier ha sottolineato che la domanda che più di tutte conta oggi è: “Riusciremmo a vivere senza l’Italia unita?”. La risposta è: no. “Tutti i problemi che l’Italia ha avuto, non possono essere utilizzati per mettere in discussione l’esserci dell’Italia. E non saremmo capaci – ha detto Amato – di immaginare un’identità alternativa a quella che ci offre lo Stato nazionale”.

De Rita: “Unità d’Italia? Gli italiani non hanno memoria”
Intervista al presidente del Censis. “Parlare di 150 anni fa è come evocare un’altra era”. Le celebrazioni del centenario invece “riuscirono molto bene”, in un momento in cui cresceva “un modello di sviluppo economico in cui ancora oggi troviamo identità”
16 luglio, 2010
 
“L’italiano vive nel presente, quindi non ha memoria storica”.
Non ha dubbi il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, su quale possa essere la ragione per cui, come mostra un sondaggio di Demoskopea per Civicom, due italiani su tre non sanno che nel 2011 cade il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia.
La cosa non la sorprende?
Non mi sorprende affatto. L’italiano di oggi è un presentista, vive giorno per giorno. Non ha il senso della verticalità del tempo e considera già lungo un arco di 15-20 anni. Parlargli di un evento di 150 anni fa, vuol dire evocare un’altra era.
Poi però, una volta appresa la ricorrenza, il 77% delle persone ritiene importante celebrarla.
E’ una risposta retorica. Perché se si andasse a domandare cosa si celebra, citerebbero genericamente la nascita dello Stato unito. Senza ricordare che importantissimi per il processo unitario sono stati strumenti come la scuola, le infrastrutture (come le poste) e la pubblica amministrazione.

E’ giusto celebrare l’anniversario, dunque?
Le celebrazioni in Italia sono sempre state una cosa funeraria, è sempre meglio evitarle. Anche se io ricordo il 1961, il centenario. Allora le celebrazioni riuscirono molto bene. C’era una sorta di speranza che l’Italia sarebbe diventata grande, che ci univa tutti. Uscivamo dal fascismo, dalla guerra e stavamo diventando ricchi. In quel momento, tra il ’55 e il ’75, l’unificazione dell’Italia è stata fatta da un modello di sviluppo economico in cui ancora oggi troviamo identità. Per cui la preoccupazione degli italiani in questo momento è la tenuta del modello italiano, fatto di pochi debiti, risparmi, imprenditorialità diffusa, che ci ha permesso di resistere bene anche all’ultima crisi mondiale. Lontani invece sembrano i 150 anni dell’unità d’Italia: è più difficile trovare slancio nella celebrazione.
La società del centenario era unita da uno slancio produttivo e una speranza. Com’è la società del centocinquantenario?
Vive una tendenza all’articolazione, per cui ognuno ha i suoi interessi e i suoi problemi, che col tempo sono diventati così specifici che può pensarci soltanto lui. E la personalizzazione dei comportamenti fa sì che ci sia una maggiore solitudine delle persone.