Come noialtri del Quarantotto possiamo fare un bilancio di vita di Silvia Bracigni

Gazzetta del Sud
Domenica 24 agosto 2008
Un libro-inchiesta-narrazione-diario di Stefano Rolando
Quelli del Quarantotto, nati dopo la seconda guerra mondiale, fanno un bilancio della loro generazione. Ma un bilancio particolare, in cui il vissuto personale e la storia si intrecciano, in cui non ci sono né sconfitti, né vinti, una testimonianza per guardare al futuro. Stefano Rolando, giornalista, manager, professore, propone questo viaggio in “Quarantotto” (Bompiani, pp. 668, euro 20). «Ho raccolto circa 130 testimonianze del mio percorso di scrittura – dice – utili per intercettare i cambiamenti di una generazione e attorno a una generazione».
Come spiega nella prefazione, non si tratta di «una storia di quelle scritte in forma compatta attorno a una tesi. Non è neppure la letteralizzazione di un vissuto. Non è quindi un racconto. Non è nemmeno un’inchiesta. Potrebbe essere una variante del giornalismo di ricerca. Perché a suo modo è un prodotto giornalistico, dato che la parte prevalente dei materiali raccolti risponde alla voglia, caso per caso, di capire, interpretare, spiegare».

Ci sono «parole, versi ritrovati, appunti a margine, ritratti di occasione, dialoghi, scritti compiuti. II libro è una sorta di piano-sequenza su un percorso di vita» e può essere letto, proprio per questa sua originalità, in tanti modi diversi.
Nato nel 1948 a Milano, Rolando parte dalle sue origini, dalla sua «milanesisissima nonna Emma» per compiere un percorso nella storia, nella cultura e nella politica del nostro Paese dagli anni ’50 ad oggi. In questa generazione che fa il punto su se stessa quando l’intero Paese di bilanci ne fa parecchi – quello dei sessant’anni della Costituzione, dei quarant’anni del ’68 e dei vent’anni della perestroika – Rolando individua alcuni errori che chiama le «polveri sottili». Fra questi l’idea del Sessantotto «inteso come opportunità di offrire al mondo dell’università e della scuola un negoziato reale attorno al gigantesco bisogno di modernizzazione e di centralità della vita economica e sociale del Paese»; il «ritardo con cui questa generazione ha colto l’importanza della relazione tra il Nord e Sud dell’Italia»; «la formidabile opportunità che abbiamo avuto e non abbiamo pienamente utilizzato di diventare davvero cittadini europei». E poi la «deriva terroristica.
Ogni capitolo è introdotto da una breve sintesi dell’atmosfera del momento che riporta ai fatti salienti. Così gli Anni Cinquanta sono quelli «della nostalgia di Maria Callas, dramma e mondanità», gli anni Sessanta parlano di «trasgressioni, forme irritanti, fabbriche di miti» e negli anni Novanta «mentre crateri lavici ingoiavano sogni e bandiere, noi servivamo una patria improvvisamente senza età». Ogni decennio è una miniera di notizie, spunti di riflessione, racconti e immagini in cui un ruolo fondamentale ha il mondo dei media, in un tempo segnato dalla rivoluzione tecnologica e da un nuovo rapporto tra diritti e bisogni. Gli argomenti più forti che fanno da filo rosso della storia sono quelli del sottotitolo: «partecipazione, libertà, violenza, ambiguità».