Renato Ruggiero (4 agosto 2013)

Scompare, a 83 anni, uno dei grandi diplomatici italiani.
Di una generazione che aveva percepito il dramma e il coraggio della ricostruzione italiana mettendosi al servizio di uno Stato che riguadagnava reputazione internazionale anche grazie alla mediazione della sua classe dirigente.
Figura formata su questo obiettivo, l’amb. Ruggiero fu parte di anni importanti per il ruolo italiano nell’Unione Europea, dalla fine degli anni ‘60 ai primi degli anni ’80, in molti incarichi importanti e sempre connesso a negoziati riguardanti il cambiamento (ampliamento, sistema monetario, regole commerciali). Tornò alla Farnesina come direttore generale degli Affari economici e poi, dal 1985 al 1987 come Segretario generale del Ministero degli Esteri.

Qui feci conoscenza con l’amb. Ruggiero – napoletano nelle forme, anglosassone nel protocollo tecnico, comunitario nelle aspirazioni – che avrebbe avuto tutta l’autorità per impedire o anche per marginalizzare una delle prime iniziative di emancipazione di Palazzo Chigi rispetto alla sovranità della Farnesina in materia di politica estera (poi negli anni di Berlusconi portate a modalità di netta subordinazione).
Fu concepito infatti nel 1986 un tavolo di coordinamento della “immagine Italia”, limitato a mettere a registro l’agenda degli eventi internazionali più importanti creando un’informazione intrecciata tra Ministeri e soggetti economici circa le priorità e le modalità partecipative (non tutti gli eventi ma quelli considerati rilevanti per la reputazione “corporate” del Paese). Lo presiedeva il sottosegretario alla Presidenza Giuliano Amato e lo coordinavamo io (Direttore generale dell’Informazione) insieme ad un grande esperto del Governo nella persona di Giuseppe De Rita.
Lo scoglio del rapporto con la Farnesina apparve subito evidente. Così che il decreto che costituiva quella Commissione avvertì l’esigenza di comprendere ben cinque direttori generali di quell’Amministrazione (Affari politici, Affari economici, Relazioni culturali, Emigrazione e Servizio Stampa). Ma malgrado lo schieramento a quel tavolo – fisicamente collocato nella Sala verde del terzo piano di Palazzo Chigi – la presenza dei diplomatici restava prudente e poco incline ad assumere lì decisioni di qualche vincolo.
Chi provò a evitare guerre di competenze, avviando piuttosto un confronto sull’idea metodologica di “immagine Italia” fu Renato Ruggiero, segretario generale della Farnesina,  che arrivò al coraggio di invitarmi – giovane direttore generale, pur proveniente da esperienze professionali nella comunicazione di cui l’Amministrazione dello Stato era generalmente priva – a svolgere alla Farnesina una riflessione tecnica a favore della prima linea dei diplomatici che non so se produsse cambiamenti sostanziali, ma diede legittimazione ad uno sforzo di coordinamento (parola che già allora Giuliano Amato considerava “proibita”) mettendo a disposizione di un gruppo di alti funzionari (allora davvero di generale qualità) argomenti che non erano abituali nella strumentazione amministrativa.
L’amb. Ruggiero lo fece con modi spicci e cordiali, andando al sodo delle problematiche in corso e senza reticenza per gli aspetti più vulnerabili della reputazione del Paese. Potrei dire che lo fece in una chiave “aziendale”. A me fece viva impressione.
Poi la sua carriera istituzionale – nazionale e internazionale – ebbe una crescita straordinaria.
Fu ministro del Commercio estero nei governi Goria, De Mita e Andreotti. Dal 1991 al 1995 diresse le relazioni internazionali della Fiat (e non posso citare il dettaglio, ma nella mia decisione nel 1995 di lasciare l’Amministrazione per dirigere le relazioni esterne dell’Olivetti, ci fu un passaggio di analisi della situazione con l’amb. Ruggiero) per poi tornare alle istituzioni, ma in chiave internazionale con la direzione generale del WTO.
Il suo ritorno al governo, nel 2001, con la posizione “di garanzia” di ministro degli Esteri con Berlusconi premier durò solo sei mesi. E Franco Venturini con la sua eleganza non reticente oggi, sul Corriere della Sera, spiega il perché, a fronte dell’ondata euroscettica che attraversava quel governo e rispetto alla quale l’ex-portavoce di Roy Jenkins negoziatore importante delle regole europee sul sistema monetario non poteva a lungo svolgere “garanzie”.
Nell’ultima parte della sua vita – salvo due anni di consiglierato con Romano Prodi – l’amb. Ruggiero lavorò nel sistema bancario internazionale e spesso fuori Italia. Si è spento a Milano, dopo una non debellabile malattia.  
Il mio congedo è ricco di immagini positive e il mio pensiero va ai suoi stretti collaboratori , inevitabilmente napoletani, tra cui il mio amico ambasciatore Francesco Caruso che oggi vivrà certamente una giornata di dolore.