Regione adriatico-jonica, come sistema di reti identitarie (10 dicembre 2014)
Si è svolta il 10 dicembre a Rimini per iniziativa della presidenza italiana del semestre UE, aperta dal Sottosegretario alle Politiche europee della PCM Sandro Gozi, una conferenza di attivazione della strategia UE per la macroregione adriatico-jonica.
Tra la prima sessione dedicata agli spunti politici della membership (Stati e Regioni) e la terza sessione dedicata all’attuazione del piano di azione fondato su quattro pilastri (la risorsa mare, le infrastrutture, l’ ambiente, l’attrattivita’), la conferenza ha avuto una sessione intermedia dedicata alla auspicabile costruzione di reti identitarie. Questa che segue e’ la sintesi dell’introduzione di questa parte della conferenza.
Introduzione alle tavole rotonde su Il progetto della creazione di reti identitarie per la macroregione adriatico-jonica
Stefano Rolando
C’è una evidente oggettiva trasversalità del tema identitario riguardante questo programma europeo. Questa tesi l’avevamo esposta anche alla prima conferenza europea di attivazione ad Atene (la delegazione italiana era guidata dal Viceministro degli Esteri Marta Dassù) e anche preparando quella prima conferenza in febbraio. Ma essa non ha ancora trovato pienamente posto nei documenti comunitari.
Per cui – come ha detto il Sottosegretario Gozi in apertura – ci sono ora due volées aperte al riguardo: dare legittimità a questa “trasversalità” ; costruire veri nessi nel quadro istituzionale e in quello sociale per accelerare i tre obiettivi della partita:
– più conoscenza
– più informazione
– più convergenza identitaria.
Questo tema riguarda un moderno approccio al branding pubblico.
Che non è solo un segno (che pur ci vuole) o uno scrigno di informazioni (un sito dedicato, che pur ci vuole). Esso è:
– percezione comune del passato (per cui ci lavorano gli storici, i media, il cinema);
– percezione comune del presente (su cui discutono i politici e il sistema degli interessi);
– individuazione del futuro (che spetta ai seri visionari e talvolta ai creativi);
– percezione di come siamo percepiti (che comporta un serio equilibrio tra la statistica ben raccontata e la demoscopia interpretativa, così da affrontare soprattutto gli stereotipi).
Naturalmente c’è un quadro competitivo in cui si sono avviate le macroregioni europee. Se vediamo quelle in formazione attorno al Baltico, al Danubio e alla Alpi troviamo setting identitari acquisiti e forti. Storie anche asimmetriche, ma con forti riferimenti valoriali. Davanti a mille operatori i linguaggi di francesi, svizzeri, bolzanini, tirolesi, valdostani, friulani, eccetera, che si sentivano pochi giorni fa a Milano per una accelerazione della macroregione alpina erano molto simili, molto avanti con il quadro di riferimento.
E’ giusto chiedersi allora cosa sia la macro-regione adriatico-jonica, oltre che una espressione comunicativamente indicibile (peggio vi è solo l’espressione Eusair).
Essa è caratterizzata da un mare “chiuso” e “diviso”, anche se lo Jonio conferisce caratteri storici di civilizzazione e di snodo internazionale.
L’insieme segnala un sud e un nord che sono connotazioni tendenzialmente più conflittuali che sinergiche nella geo-politica. Il passato della regione (non è ora il momento neppure per fare sintesi) è cucito attorno alle fortune – e alla fine al declino – della Serenissima. Poi trecento anni di conflitti, di separatezze di divisioni, di guerre anche civili. E’ necessario dunque un sistema da ri-metabolizzare alla luce di dati certi di previsione.
Il progetto delle reti identitarie si colloca proprio come strumento per intercettare questa metabolizzazione e questa previsione. E’ qualcosa di metodologico e, se mi permettete, anche di solenne (perché deve essere vero e deve funzionare).
– Servono reti informative (agenzie, giornali, radio, tv, siti e soggetti on line) per alimentare lo scambio in un territorio che parla troppe lingue.
– Servono reti educative (scuole, università, centri di formazione) con propri progetti di approfondimento cognitivo e scambio esperienziale.
– Servono reti patrimoniali (di luoghi che custodiscono patrimoni materiali e immateriali, archivi e musei) perché senza connessioni essi sono luoghi della diversità mentre possono essere luoghi della ricerca di moltissimi valori comuni sotto traccia.
– Servono reti valoriali. Di cui le principali, a mio avviso, sono tre: quelle espressione della società civile in connessione al tema dei diritti (contro le sopraffazioni in nome di ideologie, primati etnici, questioni religiose) ; quelle dell’etica dell’economia e degli scambi (perché chiunque guardando la carta geografica capisce la portata delle dinamiche illegali in questi territori); quelle del presidio della qualità culturale e ambientale (perché c’è grande cultura e c’è un magnifico ambiente che debbono respirare contro ogni abusivismo).
Vorrei dire con una battuta che per, generare una discontinuità importante nell’organizzazione di territori diversi, servono certamente i politici e i tecnici. Ma parimenti ora serve la musica, il cinema, l’arte, la letteratura e – dico per ultimi pensandoli come primi – i poeti. Serve chi sa rigenerare l’ approccio al nostro comune patrimonio simbolico.
Ha ragione il presidente delle Marche Spacca a ricordare che e’ urgente passare dalla narrativa ai fatti. Tenendo conto che non basta la narrativa verso i decisori comunitari, serve anche la narrativa verso i popoli. Per questi le reti citate vanno concepite, ricercate, sostenute. Esse devono produrre cultura, comunicazione, conoscenza. E i “prodotti” devono essere coerenti con target di integrazione identitaria. Per cui è necessaria una sorveglianza connessa ad alcuni poteri: diciamo un nucleo coordinante (in capo alla membership della macroregione) per formarle, per labelizzare iniziative, per generare una economia virtuosa e partecipata nella formazione dei budget operativi.
Bisogna senza indugio dedicare il 2015 a questo cantiere. Ciò vuol dire accompagnare le azioni previste nei quattro pilastri del Piano d’Azione con una cornice di senso culturale e civile.
Ed e’ parimenti necessario misurare l’efficacia di questa iniziativa rispetto all’obiettivo generale che si ricava dalla stessa precedente prima parte di questa conferenza. Misurare è cosa coerente con i paradigmi europei (fondi dati se c’è governance; governance che ha potere se c’è valutazione).