Quale ruolo globale per la polis italiana (Finanza &Mercati, 23 maggio 2012)
Dalle carte di Piero Bassetti,
spunti per innovazioni sul ruolo globale delle nostre città
Stefano Rolando
In epoca digitale si rischia di trascurare quei pozzi di petrolio culturale che sono gli archivi. Non conta tanto la tecnologia che tiene insieme i patrimoni di documentazione, quanto la catalogazione, l’accesso e la produzione che essi permettono. Per la storia (economica, politica, sociale) vale in modo particolare. E vale per le classiche fonti istituzionali (l’Archivio di Stato, eccetera) ma anche per fondazioni, imprese, associazioni e università spesso strutturate anche attorno allo scopo archivistico-culturale.
Non c’è bisogno di essere passati a miglior vita per vedere il proprio patrimonio di carte oggetto di studio e valorizzazione. E’ il caso di Piero Bassetti, appartenente a nota famiglia imprenditoriale milanese, classe 1928, che decise – laureato alla Cornell negli USA e bronzo nella staffetta 4×100 alle olimpiadi di Londra del ‘48 – di optare per la vita politica nella DC e non per quella imprenditoriale, prima come assessore a Milano, poi come presidente fondatore di Regione Lombardia, poi come parlamentare nazionale, scegliendo tuttavia alla fine il ritorno a Milano come presidente di Camera di Commercio e operando per il cambiamento di questa istituzione economica pubblica, presiedendo poi la rete camerale nazionale e quella internazionale. Da anni si batte per lo sviluppo delle culture glocal, con una associazione partecipata da istituzioni del nord ora anche dal Comune di Milano che lo ha incaricato di promuovere strategie per migliorare la percezione dei milanesi del ruolo della città nei processi di globalizzazione. Dunque un protagonista di un dibattito innovativo che, da tempo, ha messo a disposizione l’archivio della sua vita su cui l’Università degli Studi di Milano ha prodotto un primo studio pubblicato con il titolo “Milano tra ricostruzione e globalizzazione. Dalle carte dell’archivio di Piero Bassetti”, edito da Rubbettino e prefato da Enrico Decleva, rettore della Statale. Nella sede della stessa Università è avvenuta la discussione di questo prezioso lavoro che ha permesso una prima riflessione sul ruolo di Milano come portale (economia e saperi) dell’intero paese che vuole tenere il passo competitivo con Europa e mondo. Se ne da brevemente conto per il rilievo di un caso da manuale di raccordo tra ricerca e politica. Enrico Decleva vede Milano come città con storia e sviluppo oligarchico – e quindi non come città che si affida a un solo signore – e si interroga se questo carattere, in qualche modo plurale, consenta oggi di consolidare il profilo “glocal” che rende la città essenziale per bilanciare il provincialismo italiano. Giovanni Azzone, rettore del Politecnico, accetta il profilo oligarchico ma aggiunge anche quello “policentrico”, cioè fatto di reti e settori che corrispondono a storie e poteri differenziati molti dei quali con primati internazionali (salute, moda, design, media, università, energia, finanza) e quindi con accentuazioni “borghesi” intrinsecamente conflittuali e chiede governance in relazione a questi naturali conflitti per potere sviluppare tanto eventi (Expo è il caso in vista) quanto capacità attrattiva fondata sul concorso di tutti e di tutte le generazioni. Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere, lamenta che in questa sfida il sistema imprenditoriale attraversi una fase di timidezza ma soprattutto teme che il rapporto tra pubblico e privato fatichi ancora a fare sintesi. Il segretario generale della Camera di Commercio Chevallard difende invece la “presa” internazionale dei soggetti produttivi e di gestione dei servizi. Danilo Broggi apprezza il pionierismo di Bassetti nell’ individuare Milano come realtà che compete attraverso reti e connessioni (anche quelle generazionali). Gianni Cervetti individua un filo rosso nell’esperienza di pensiero e iniziativa di Bassetti sul glocalismo vedendo la “società civile” non contrapposta alla politica ma capace essa stessa di fare politica. Infine l’assessore all’Innovazione del Comune di Milano Cristina Tajani (sostituendo il sindaco Pisapia nella discussione) lancia il tema di un patto tra istituzioni territoriali, parti sociali e autonomie funzionali per riorganizzare la capacità di stare in modo forte (cioè attraendo risorse) nella globalizzazione.
Piero Bassetti dice che parlando “da morto” si dovrebbe compiacere della valorizzazione dei suoi archivi, ma parlando “da vivo” mette in guardia su complessità e durezza della sfida dello sviluppo della glocal city, osservando che questo ruolo può crescere solo prendendo le distanze dalle regole con cui lo Stato-nazione organizza i suoi soggetti territoriali, con una doppia e diversa area di interlocuzione: l’Europa per aspetti storici di relazione tra i centri urbani; ma soprattutto il mondo in cui va valorizzata la componente “italica” cioè l’immensa dimensione dell’emigrazione italiana che oggi riguarda anche una presenza milanese nella business community internazionale.
Un tavolo di discussione, insomma, che parte da storie ancora vive della memoria locale per argomentare il tema di fondo della nostra prospettiva competitiva: assicurare classe dirigente all’altezza della sfida per stare alla testa e non in coda al pianeta.