Public communication and politics – Stefano Rolando a Europcom – Bruxelles 16 ott 2013 – ITA e FRA

EuroPcom
Bruxelles 16-17 ottobre 2013
Panel “Public communication and politics
(16 ottobre 2013, Sala JDE 52 – h. 14.30-15.45)
Intervento di Stefano Rolando
Professore di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica all’Università IULM di Milano.
Presidente del Club of Venice. Già direttore generale dell’informazione del governo italiano (1985-1995).
 
  1. La relazione tra politica e amministrazione è cosa molto complessa, dato che il rapporto di legittimazione, una volta unidirezionale, è ormai spesso bi-direzionale.  La politica infatti sceglie e legittima e poi l’amministrazione costruisce la validazione delle politiche in equilibrio teorico tra lealtà e rispetto delle leggi.
  2. Ma questa fisiologia ha, in molti paesi, deroghe e trasformazioni in corso. Nella mia esperienza di direttore generale dello Stato la regola era: “io propongo e lui sceglie”.Quando sono passato a fare il direttore generale nel sistema regionale ho visto che la regola era spesso cambiata: “io propongo quello che lui propone e poi lui sceglie”. Ed è questa la ragione per cui ho messo fine a un lungo periodo di management pubblico scegliendo di fare il professore universitario per assicurarmi almeno un pezzo di libertà.
  3. E’ difficile stare sulle linee generali e dire qualcosa di sensato su questa materia. Il mio auspicio è sempre stato quello di un maggiore impegno dell’Europa comunitaria circa gli statuti deontologici della pubblica amministrazione e quindi sulle regole di rapporti tra politica, istituzioni, funzionari e cittadini. Ma l’Europa è ancora molto prudente su questi aspetti sui quali si esercitano molto le gelosie nazionali. Così che in realtà – proprio per queste cause – la verità è che i cittadini europei non sono ancora trattati allo stesso modo – dalla Scozia alla Sicilia – dalle istituzioni nazionali e locali.
  4. Possiamo però restare su un segmento funzionale di questa ampia materia, che è poi quello che interessa Europcom: il segmento delle attività comunicative e relazionali. Qui, in generale noi assistiamo ad una tendenziale divisione di ruoli e di poteri:
Ø la politica (che trasferisce classe dirigente dai partiti ai vertici delle istituzioni) vuole avere il controllo delle relazioni con i media, per due ragioni, una importante e l’altra con elementi di rischio: da una parte c’è l’esigenza democratica di spiegare e semplificare direttamente il contenuto delle politiche; dall’altra parte c’è un bisogno forte di costruire visibilità per sé, per potere continuare ad avere ruolo politico;
Ø all’amministrazione resta di solito il prevalente controllo dei rapporti diretti con il cittadino, ma sotto il profilo del rapporto con l’utente perché quando si tratta di avere rapporti con il cittadino-elettore, l’apparato politico delle istituzioni tende a riprendere il controllo;
Ø in questo quadro la gestione del web è diventata mista e spesso conflittuale.
  1. Possiamo cogliere punti di forza e punti di debolezza di questo schema.
      I principali punti di forza sono tre:
·         riuscire così a fare stare quella istituzione nell’agenda setting e quindi nel perimetro del dibattito pubblico di attualità;
·         riuscire a semplificare i linguaggi (problema essenziale quando si tratta di dare popolarità al contenuto delle norme)
·         riuscire a creare comprensione attorno agli obiettivi delle politiche.
  1. I principali punti di debolezza sono altrettanto evidenti:
·         la concentrazione dei politici sui media impedisce spesso che vi sia una vera ed equilibrata regia professionale complessiva di tutto il quadro comunicativo e relazionale, generando così poca programmazione e poca valutazione delle attività;
·         i contenuti comunicativi rischiano di essere paracadutati eccessivamente dalla sfera politica nell’istituzione – che dovrebbero  essere ambiti separati – e poi veicolati con il finanziamento dei  cittadini;
·         l’uso della rete, rispetto alle necessità di accesso e documentazione di pubblica utilità (fondamento essenziale di una politica di qualità dell’Open data), viene spesso distorto e soprattutto viene sottoutilizzata la potenzialità di internet.
  1. Vi è poi un punto importante – che è il nodo della materia che la collega Caroline Ollivier-Yaniv tratta nel suo approccio ai linguaggi della politica (ho letto qualche suo lavoro) – riguardante (usiamo una parola difficile) il “rapporto con la verità”. Tutta l’eredità che oggi i nostri Stati amministrano nella comunicazione pubblica, rispetto a un XX° secolo schizofrenico da questo punto di vista, mette le esperienze di propaganda e quelle di verità in un continuo intreccio e in continuo confronto.
  2. Sto per pubblicare un libro su questo tema che si intitola “Comunicazione, poteri e cittadini” in cui, in breve, dico che non si può separare in due il ‘900, definendo una metà del secolo quello della propaganda e l’altra metà del secolo quello della partecipazione. In realtà il fattore P è intrecciato e non solo nelle condizioni di “regime” ma spesso anche dentro i cosiddetti “contesti democratici” garantiti da pluralismo e controllo. Ciò rende importante e difficile affrontare questo tema
Ø Hitler – attraverso la costruzione scientifica del rapporto tra vero e falso che è stata la dottrina di Goebbels – ha costruito (come tanti altri, Mussolini, Stalin, Franco, Salazar, molti altri “ismi” del ‘900) un monumento alla propaganda. E ha fatto una brutta fine.
Ø Churchill ha impostato il suo rapporto non demagogico con il popolo, promettendo una verità basata su “lacrime e sangue”. Ha assicurato la libertà e l’indipendenza al suo paese,  ma subito dopo la guerra non è stato rieletto.
 
  1. Insomma la politica europea – come in altre parti del mondo ma anche con esperienze virtuose che per fortuna sono esistite – ha sempre flirtato con la demagogia. E la demagogia è il punto in cui verità e propaganda si incrociano obbligando poi le amministrazioni a seguire vie tortuose e spesso senza senso nello stabilire i rapporti con i cittadini.
  2. Anche qui non c’è tempo per andare in profondità. Ma anche qui noi diciamo che c’è bisogno di Europa, a condizione che l’Europa non sia la sommatoria dei vizi degli stati nazionali ma la forza di una nuova delega.
  3. Chiedo da molti anni che l’Europa affronti il problema dello statuto disciplinare della comunicazione pubblica (i confini teorici della materia) e soprattutto dello statuto professionale della comunicazione pubblica (cioè il rapporto della doppia lealtà, con le istruzioni da un lato e con i cittadini dall’altro) affinché proprio il tema del rapporto politica-amministrazione-società abbia alcune regole comuni su un terreno così delicato come è quello che investe i nodi del dibattito pubblico e della trasparenza.
  4. E’ evidente che la comunicazione politica e la comunicazione istituzionale hanno un grado di parentela nel vasto ambito della comunicazione pubblica. Ma entrambe hanno l’obbligo di rapportarsi anche alla comunicazione sociale. E quindi a subire l’influenza di un principio fondamentale della democrazia: quello del controllo sociale. Per come vanno le cose in molti paesi e temo anche un po’ nelle istituzioni comunitarie credo invece che comunicazione politica e comunicazione istituzionale si mettano spesso d’accordo per evitare questo equilibrio. E così facendo predispongono se stesse – e anche il lavoro di molti onesti funzionari che vorrebbero in verità servire lealmente la sovranità popolare – per continuare a fare quello che la comunicazione pubblica ha fatto soprattutto nel passato: essere la voce del potere e non il servizio al cittadino.
 
 
 
 
 
 
 
EuroPCom
Bruxelles 16-17 Octobre 2013
Panel “Communication publique et politique
(16 Octobre 2013, Salle JDE 52 – . H 14h30-15h45 )
Stefano Rolando
Professeur de Théorie et techniques de la communication publique Université IULM (Milan).
Président du Club de Venise. Ancien directeur général de l’information du gouvernement italien (1985-1995).
 
  1. La relation entre la politique et l’administration est très complexe, étant donné que le
  2. rapport de légitimation, une fois unidirectionnel, est maintenant devenu  souvent bi-directionnel. En effet la politique détermine choix et légitimité. Ensuite, l’administration produit la validation de la politique dans un équilibre théorique entre loyauté et respect de la loi.
  3. Mais ce processus « physiologique », dans de nombreux pays, est sujet à  des exceptions et des changements toujours en cours. Dans mon expérience en tant que directeur général de l’État, la règle était: «Je propose,  il choisit“. En tant que directeur général dans le système régional, j’ai constaté  plus tard que la règle a souvent changé: «Je propose ce qu’il propose et puis il choisit“.  C’est pourquoi j’ai décidé d’arrêter une longue période de gestion publique et j’ai opté pour la carrière de professeur d’université, ce qui  m’a assuré au moins un petit espace de liberté.
  4. Il est difficile de rester sur le contour et dire quelque chose de sensé sur cette question. Mon souhait a toujours été celle d’une plus grande implication de l’Union européenne sur les statuts de l’éthique dans l’administration publique. Et puis sur les règles des relations entre politique, institutions, fonctionnaires et citoyens. Mais l’Europe demeure malheureusement très prudente sur ces aspects sur lesquels il ya beaucoup de jalousies nationales. Donc – précisément pour ces raisons – la vérité est que les citoyens européens ne sont toujours pas traités à pied d’égalité  – de l’Écosse à la Sicile – par les institutions nationales et locales.
  5. Mais nous pouvons nous tenir sur un segment fonctionnel de ce vaste sujet, ce qui concerne par ailleurs EuroPCom: le segment de la communication et des relations avec les citoyens. Ici, en général, on assiste à une distinction de la tendance des rôles par rapport aux pouvoirs:
    • la politique (qui transfère la classe dirigeante, des partis politiques aux institutions) veut avoir le contrôle des relations avec les médias, pour deux raisons, l’une positive et l’autre avec des éléments de risque: d’une part, il y a la nécessité démocratique d’expliquer et simplifier directement le contenu des politiques ; d’autre part, il y a une forte nécessité de construire la visibilité pour eux-mêmes, pour être en mesure de continuer à avoir rôle politique;
    • l’administration maintientle contrôle prédominant des relations directes avec le citoyen, mais surtout en tant que relation avec l’utilisateur, car quand il s’agit d’avoir des relations avec le citoyen-électeur, l’appareil politique des institutions tend à reprendre le contrôle ;
    • dans ce contexte, la gestion de l’internet est devenu mixte et souvent contradictoire.
  6. Nous pouvons déterminer les forces et les faiblesses de ce régime.
      Les principaux atouts sont de trois ordres :
    • être en mesure de donner à cette institution un rôle dans ce que on appelle «agenda setting » et ensuite dans le cadre du débat public actuel;
    • être en mesure de simplifier le langage, ce qui est un problème essentiel lorsqu’il   s’agit de donner popularité au contenu des règles;
    • être en mesure de favoriser  la compréhension des objectifs de la politique.
  1.  Les principales faiblesses sont tout aussi évidentes:
    • la concentration des politiciens autour des médias empêche souvent qu’il y a un véritable orientation professionnelle et équilibrée de l’ensemble de la situation communicative et relationnelle, générant ainsi peu de planification et d’évaluation de toutes les activités;
    • les contenus de la communication sont susceptibles d’être excessivement parachuté de la sphère politique vers  l’institution – qui devrait être domaine distincte – et ensuite promus avec le financement du public;
    • l’utilisation du réseau, avec la nécessité d’avoir accès à la documentation d’utilité publique (fondement essentiel d’une politique de qualité et de l’approche  Open Data), il est souvent déformée et surtout le potentiel de l’Internet est sous-exploité.
  2. Ensuite, il y a un point important – c’est une question sur la quelle se connecte Caroline Ollivier-Yaniv dans son approche au langages  de la politique (j’ai lu certains de ses travaux ) – concernant (un mot difficile à utiliser) la «relation avec la vérité“. L’héritage schizophrénique du XXe siècle (de ce point de vue ) est désormais administré par nos Etats dans le domaine de la communication publique. Les expériences de «propagande» et les expériences de “vérité” sont souvent entrelacées et en  comparaison continue.
  3. Je suis sur le point de publier un livre sur ce sujet qui est intitulé “Communication, pouvoirs et citoyens» où, en un mot, jestime que nous ne pouvons pas séparer en deux parties le XXe siècle pour définir une moitié celle de la propagande et l’autre moitié celle de la participation. En fait, le facteur P est mélangé et pas seulement dans le contexte des régimes non démocratiques, mais souvent aussi dans des soi-disant « contextes démocratiques » garantis par le pluralisme et le contrôle. Cette question demeure ainsi très important et difficile à traiter
    • Hitler – par la méthode de Goebbels, à savoir la construction scientifique de la relation entre le vrai et le faux – a intégré (comme beaucoup d’autres, Mussolini, Staline, Franco, Salazar, de nombreux autres «ismes» du XXème siècle), a construit un monument à la propagande. Et il a fait une mauvaise fin.
    • Churchill a établi un lien pas démagogique avec le peuple. Il a promis une vérité fondée sur «sang et larmes“. Il a assuré la liberté et l’indépendance à son pays, mais immédiatement après la guerre n’a pas été réélu.
  4. En bref, la politique européenne – comme dans d’autres parties du monde, mais aussi avec des expériences vertueuses qui heureusement ont existé – a toujours flirté avec la démagogie. Et la démagogie est le point où la vérité et la propagande se croisent, Alors, les pouvoirs publics sont tenus de suivre les rues sinueuses et souvent vides de sens en établissant des relations avec les citoyens.
  5. Egalement dans ce cas il n’y a pas le temps d’aller en profondeur. Mais même ici, nous disons que nous avons besoin de l’Europe. À condition que l’Europe ne soit pas la somme des défauts des Etats nationaux, mais la force d’une nouvelle délégation.
  6. Je demande depuis de nombreuses années que l’Europe soit confrontée au problème du statut disciplinaire de la communication publique (limites théoriques de la matière). Et surtout que elle aborde le problème du statut professionnel de la communication publique (le rapport de la double loyauté, avec les institutions d’une part et les citoyens sur l’autre). Le thème du rapport «politique-administration-société » doit avoir des règles communes à tous les pays d’Europe, dans un domaine autant sensible qui investit les noyaux du débat public et de la transparence.
  7. Il est évident que la communication politique et la communication institutionnelle ont un degré d’implication mutuelle dans le vaste domaine de la communication publique. Mais les deux ont également l’obligation de se rapporter à la communication sociale. Et ainsi d’être affectés par l‘influence d’un principe fondamental de la démocratie : celui du contrôle social. Eu égard aux tendances dans de nombreux pays (et, je crois, même un peu dans les institutions européennes), on peut penser que la communication politique et la communication institutionnelle cherchent à parvenir à un accord pour éviter cet équilibre. De cette façon  elles pourraient mettre les bases – malgré le travail de nombreux fonctionnaires honnêtes qui pensent qu’ils servent loyalement la souveraineté du peuple – de continuer à faire ce que la communication publique à fait surtout par le passé: être la voix du pouvoir et non pas le service au citoyen.