Placido Noorda Rohmer (gennaio 2010)
Placido, Noorda, Rohmer
Nel giro di pochi giorni i giornali mi hanno portato tre sinceri dispiaceri. Persone conosciute, non con speciali legami ma con quella cordialità che – anche non vedendosi per lunghi tratti di vita – lascia inalterati i buoni rapporti di stima e di considerazione.
Se ne sono andati Beniamino Placido, Bob Noorda e Eric Rohmer.
Il primo,Beniamino Placido, nella frequentazione romana tra istituzioni e media, con la folgorante battuta, alla mia domanda sul perché di una sua prefazione al libro di Bergson “Il riso”: “Ma sai, nella precedente vita, quando ero funzionario alla Camera dei Deputati, ho fatto a lungo il segretario della Commissione Agricoltura e mi sono impratichito sul tema”. Armando Torno ha scritto sulla sua scomparsa avvenuta a Cambridge un mirabile sintetico omaggio che stupisce per la poliedricità e la misura del personaggio.
Il secondo, Bob Noorda, nella frequentazione professionale milanese, quando – per iniziativa del presidente Cossiga – creammo una complessa e un po’ astrusa procedura concorsuale nel tentativo di rifare l’emblema della Repubblica italiana, mi disse con un umorismo che tradiva poca pazienza per i “vincoli” delle istituzioni: “Ma bastava fare una telefonata…”.
Il terzo, Eric Rohmer, quando a Venezia (ero direttore del Luce) ci conquistammo nel 1984 il diritto di distribuire in Italia “Les nuits de la pleine lune”, film pieno di intelligente leggerezza come è tutta la cinematografia di questo maestro francese, mi disse “Ho sentito che vorreste promuovere una rassegna Rohmer. Non so se la merito. Ma se c’è un paese e se c’è un momento in cui questa cosa ha qualche senso è l’Italia oggi”.
Questo angolo di diario, di per sé un po’ doloroso, ricorda tre intellettuali del nostro tempo, dotati di spirito. E i ricordi leniscono il dispiacere.