Per Giampiero Spagnolo (20 novembre 2014)
Stefano Rolando per Giampiero Spagnolo
Milano, Cimitero di Lambrate – Sala multiconfessionale e per riti laici, 20 novembre 2014
Innanzi tutto un grande abbraccio a Giampiero e a tutti i suoi cari.
Francesco mi chiede di parlare e lo faccio con il pensiero a quasi tutta la nostra vita.
Quando eravamo giovani, anzi giovanissimi, il nostro stacco generazionale era marcato, una “generazione” di liceali ci divideva, lui era uscito, io entravo. Anche se era lo stesso liceo.
Poi, nella vita, quello stacco si è rapidamente e facilmente ricomposto. Stesse appartenenze, stesse passioni, stessi riferimenti, comuni dibattiti con le polemiche e le convergenze di cui siamo stati capaci. E alla lunga queste storie si vedono con il cannocchiale rovesciato. Perché altri sentimenti crescono. Quelli della memoria, quelli degli affetti familiari, quelli dei cambiamenti.
Il nostro sguardo si fa benevolo verso la nostra gioventù, ed è importante che non diventi rancoroso con il presente. E Giampiero ha avuto molte cose buone per conservare la sua serenità.
Infatti ha avuto molti riferimenti morali, civili e affettivi. Mi viene in mente ora, direi per primo, suo padre, una figura eretta, un uomo con la schiena dritta, un vecchio socialista. Ma naturalmente tutti i suoi. Poi è stato un grande riferimento – come lo è stato per me – la famiglia Acht. E poi – fatemelo dire – il suo liceo. E ben inteso il suo modo di “sentire” eticamente la professione di architetto. La sua città. Molti amici, molti dei quali non mancano oggi all’appuntamento. Ma certamente la sua di famiglia, sua moglie Paola, i suoi figli Francesco e Valentina, il suo e le sue nipoti, Ariel, Emma e Bianca. Tutto ciò – malgrado gli acciacchi di salute che ci hanno preoccupato nel corso degli ultimi anni e malgrado i capelli bianchissimi da tempo – gli ha conservato fino ad oggi quell’aria da eterno ragazzo che le foto ci mostrano.
Se penso ora a questi snodi – persone, immagini, situazioni – dico anche che tutta la nostra vita pare lunga e piena, ma essa è anche solo un fazzoletto. Ho sentito in questi giorni il commento di un matematico alla radio, che parlava dell’impresa della navicella spaziale in arrivo a una lontana cometa e per la prima volta ho sentito un dato che non conoscevo, la stima convenzionale nella scienza sulla durata dell’universo. 14 miliardi di anni. Anche se poi magari Margherita Hack ci direbbe che questo riguarda un universo perché forse ce ne sono un altro e poi un altro e poi un altro. Ecco che allora davvero la nostra vita ci pare ancora di più un lampo. Un lampo beve.
E allora questi momenti di commiato – pur se nel caso, davvero, c’è stato uno strappo prematuro – si possono fare solo se non li pensiamo come una patologia, ma come una fisiologia. Tutto passa e passa presto. Anche se il pensiero di chi perde un padre, un marito, un fratello, un amico fatica ad accettare questa fisiologia.
E il commiato ci fa riandare a tutte le pagine della memoria e del ricordo di chi salutiamo. Pagine che teniamo in evidenza, quasi in mano. Per renderci possibile l’addio.
E il commiato ci fa riandare a tutte le pagine della memoria e del ricordo di chi salutiamo. Pagine che teniamo in evidenza, quasi in mano. Per renderci possibile l’addio.
Anch’io rivado ora a quelle pagine, a quei ricordi e ne cito qui uno per tutti. Forse uno dei primi.
Ragazzi, io certamente, perché non avevo ancora la patente, cioè avevo meno di 18 anni. Sandro Pertini – che fu nella nostra vita uno dei riferimenti più importanti – tornava a Milano per celebrare in pubblico il 25 aprile. Tornava sempre volentieri a Milano, dove era stato clandestino e capo della rivolta e della liberazione della città. Ebbene il questore di Milano – che era stato il suo carceriere fascista al confino – disse in un comunicato, come per cancellare quella storia, che sarebbe andato a prendere l’allora vicepresidente della Camera dei Deputati alla Stazione Centrale. Pertini rispose con un comunicato che il questore se ne poteva stare a casa perché alla Stazione Centrale sarebbero venuti a prenderlo “i suoi amici”. Ebbene, i “suoi amici” eravamo Giampiero e io. Lui armato di una 500 blu, che curava meticolosamente (e qui, a Lambrate, voglio ricordare Sandra, la sorellina di Paola, che lo prendeva in giro per questo e per i suoi librettini con cui segnava i chilometri fatti, i percorsi fatti, la benzina acquistata). Voi non ci crederete, ma la cosa che impegnò la nostra discussione verso la Stazione fu se Pertini doveva stare “davanti o dietro”! Vi rendete conto…Come sempre avrebbe deciso lui e non noi. Ma su questo particolare continueremo per anni a ricordarci con orgoglio di quella giornata che volle dire per noi molto nel resto della vita.
Anche a nome vostro stringo Giampiero in un grande abbraccio.