Newsletter n. 2 – Questione migratoria, non solo “sicurezza” (5 febbraio)

Consiglio Regionale della Lombardia
Elezioni regionali marzo 2010
L’impegno radicale di un socialista indipendente
Stefano Rolando
candidato nelle Liste Bonino-Pannella al Consiglio Regionale della Lombardia
a Milano e a Como

                                   
Newsletter n. 2 (5 febbraio 2010)
Informazione e migrazioni. Non solo “sicurezza”
Fin che la questione migratoria viene trattata come materia di “sicurezza” e non come grande tema del cambiamento sociale, economico e culturale, il rapporto istituzioni-media-cittadini resterà viziato e distorcente.  Un corretto “laboratorio di comunicazione pubblica” in materia migratoria può nascere anche per iniziativa dell’istituzione regionale migliorando l’approccio della politica  italiana. Per certa sinistra e certa destra un tema così complesso è solo pretesto per risse.
 
·         E’ aperta da tempo la  discussione sul tema “informazione e migrazioni”, centrata su una visione controversa: i media accentuano la percezione di “pericolo e di rischio” che vi è nella crescita del numero di immigrati in Italia?
·         Tra realtà e percezione sembra che i media, per ragioni di audience, si esercitino in allarmismi che spaventano la gente, di per sé buona e candida. Tesi da prendere con le pinze. Ma ciò legittima il potere politico a gestire il tema migratorio più come tema della sicurezza che come tema sociale, culturale ed economico. Ho dedicato cinque anni di ricerche alla relazione Italia-Romania e posso argomentare a fiume. Su questa materia dunque è bene evitare retoriche e stereotipi.
·         Solita questione, l’uovo e la gallina. E’ l’opinione pubblica che chiede una versione “di polizia” della questione migratoria o sono alcune opzioni politiche che hanno sviluppato l’equazione: allarme sugli immigrati = facile comunicazione = maggiore consenso?
·         La battuta del premier su “più immigrati più criminali” è un esempio di disinformazione. Tuttavia tutti la sentono nei TG, mentre nessuno va a guardare il sito dell’Istat che dice esattamente il contrario. Per converso l’orientamento che il Dipartimento Libertà Civili e Migrazioni del Ministero dell’Interno va assumendo, ha evoluzioni positive. Fa parte di una cultura civile del sistema prefettizio che ha cercato talvolta di esprimere un’altra visione del ruolo dell’Amministrazione dell’Interno. Rimettendoci infatti qualche volte le penne.
·         Ma non si può dimenticare il profilo strutturale dell’Interno inteso come “ministero di polizia”. Un peso che significa anche risorse, organizzazione, spazi di comunicazione. Così da rendere la visione dell’immigrazione più problema di polizia che problema di integrazione sociale. La dominante “sicurezza”, beninteso, non va trascurata ma nemmeno assolutizzata. Essa viene attribuita alla domanda dei cittadini, per essere poi cavalcata dai media, tendendo a diventare parte anche del menu preferenziale dello Stato, attraverso appunto il sovrabbondante peso che questa componente ha nel trattamento delle questioni di politica interna.
·         Per questo sulla materia è importante uscire dalla guerre ideologiche ed è importante impedire che le istituzioni restino vittime del loro stereotipo principale: le competenze. Con la Conferenza nazionale a Milano o con altre iniziative (come la rivista Libertà civili), Maroni ha aperto  un dialogo con ricercatori sociali e Amministrazione del Lavoro e fa un passo che non va trascurato. In principio esso dovrebbe trovare nelle istituzioni territoriali attenzione ma anche condizionamento verso il sociale (un sociale non imposto, ma negoziato con le vere rappresentanze sociali e dell’immigrazione). Certa sinistra non riesce a vedere queste contraddizioni e rinuncia ad agire sulle dialettiche esistenti.  
·         In materia informativa per esempio è evidente che i media non dovrebbero essere l’unica fonte. Sarebbe importante che soggetti istituzionali e soprattutto soggetti associativi e sociali potessero disporre di superfici di racconto e di interazione con i cittadini. Bisognerebbe impostare una vera e propria politica di servizio, centrata prima di tutto sulla trasparenza statistica e sulla spiegazione dei fenomeni socio-demografici che determinano i processi migratori e infine sulle modalità di facilitare la reciproca conoscenza e la coesione tra italiani e immigrati. Ma chi si assume questo ruolo?
·         E’ dunque importante che il sistema regionale interagisca con Stato e società civile non per alimentare con pretestuosità l’allarme pubblico ma per agire sul territorio in condizioni di chiarificazione e servizio. Un riformismo con la “mente fredda” che rinunci a risse speculative.
·         La partita in Lombardia rischia, se non verranno equilibrate le forze anti-integrazioniste, di essere segnata da obiettivi opposti a quelli qui auspicati. Anche qui il Consiglio regionale dovrebbe proporsi come luogo di garanzia. Per  neutralizzare orientamenti facinorosi e costruire una “piazza sociale” di confronto a cui dovrebbero avere accesso – per autorappresentare culture, tematiche, speranze, criticità – le stesse associazioni degli immigrati.
·         Ove rappresentati in assemblea, i radicali assicurerebbero intensa iniziativa legislativa e corretta informazione ai cittadini.