Milano. Una serata con amici e ex allievi per parlare di questa non campagna (15 marzo)

 
 
   
        
Milano 15 marzo 2010
 
Vi è stato un inaspettato invito per una serata – buffet e chiacchiere – stimolato da un certo numero di ex-allievi del Master in Management della comunicazione pubblica presso l’Università IULM oltre a qualche amico. Alla fine una trentina di giovani, quasi tutti già radicati in esperienze di lavoro nel campo della comunicazione nella casa di un mio ex-collaboratore presso Fondazione IULM, dove le zie hanno predisposto torte dolci e salate mentre il padre del padron di casa (un noto urbanista e professore universitario, ora in pensione) – oltre a regalarmi suoi testi – ha avuto la cortesia di stare con noi.
Strano costume quello di avere voglia di ascoltare un non candidato che parla della sua non campagna. Ma in effetti avere inquadrato una persona nel “ritratto accademico” e dunque nello stereotipo delle interazioni “neutrali” in aula, può spingere qualcuno a cercare un altro, meno conosciuto, lato personale per valutare una storia e le sue conseguenze (giacché ancora non ci hanno tolto il diritto di votare).
I più sono informati. Qualcuno è anche impegnato nella stessa campagna elettorale (un giovane pugliese, che ricordo benissimo ad una precedente edizione del master, estroverso e simpatico a tutti, è nel team della campagna di Romano La Russa ed è appartenente ad AN, ora parte del PDL). Altri hanno tendenze moderate, forse anche in un caso ciellina. I più non lasciano intendere. Alcuni sono visibilmente orientati a sinistra. Insomma come in aula, in cui la “comunicazione politica” è parte della didattica. Ho cercato di spiegare le ragioni di una scelta partecipativa (sia in relazione a valutazioni negative sull’andamento della qualità democratica delle istituzioni, sia in relazione al “diritto di parola” sulla materia solo attraverso una candidatura che obbliga a prendere posizione e ad esprimersi). Da qui l’analisi del posizionamento critico e degli oggetti delle mie comunicazioni nel corso della campagna (la parte in lizza e la parte “in panchina”). Dubito che qualcuno venga da condivisione della posizione dei radicali. Ma alla fine del resoconto questa posizione – chiarite certe verità in ombra – appare per tutti interessante e dignitosa, con un affaccio sulle potenzialità di voto per il carattere chiaro nello schieramento ma anche autonomo e originale rispetto ai maggiori contendenti.
Certo la benevolenza ad accogliere gli argomenti c’è. Ma di essa non bisogna approfittare per rifilare una omelia propagandistica. Anzi lo sforzo è anche quello di tenere in evidenza le ragioni altrui, ma non perdendo mai di vista i punti di rappresentazione di una disagio civile (scomparsa del ruolo di controllo nelle assemblee democratiche, rischio di scomparsa dell’autonomia dirigenziale nel rapporto con la politica nella maggior parte delle istituzioni) che si è voluto assumere con una candidatura nettamente critica.
Sul tavolo del salotto alcuni libri e in evidenza un famoso scritto di Henry David Thoreau, Civil Disobedience, pubblicato in America nel 1848. Che si presta a una casuale citazione: La massa degli uomini serve lo Stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bensì come macchine, con i propri corpi. Essi formano l’esercito permanente, e la milizia, i secondini, i poliziotti, i posse comitatus, ecc. Nella maggior parte dei casi non v’è alcun libero esercizio della facoltà di giudizio o del senso morale; invece si mettono allo stesso livello del legno e della terra e delle pietre; e forse si possono fabbricare uomini di legno che serviranno altrettanto bene allo scopo. Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani. Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cittadini. Altri, come la maggior parte dei legislatori, dei politici, degli avvocati, dei ministri del culto, e dei funzionari statali, servono lo Stato principalmente con le proprie teste; e, dato che raramente fanno delle distinzioni morali, sono pronti a servire nello stesso tempo il diavolo, pur senza volerlo, e Dio”. Altra storia, altro contesto e un tratto anarchico pur non violento nell’autore che è cosa diversa dalla mia formazione.
Ma quando il caso fornisce spunti così, non è un caso.