Michele Masneri sul Riformista tratteggia Elserino Piol
Il Riformista
22 novembre 2009
L’INGEGNERE DELL’INGEGNERE
FENOMENOLOGIA DI ELSERINO PIOL, UNO E TRINO
Michele Masneri
Chi si rivede. Dietro la prossima quotazione di Yoox, che interrompe due anni di silenzio alla Borsa di Milano, ecco rispuntare il nome mitico di Elserino Piol, finanziatore del gruppo dell’e-commerce con il suo fondo di venture capital Kiwi. “Il vero padre di Internet d’Italia”, “il guru dell’hi-tech italiano”, “il fondatore del venture capital in Italia”. Sono solo alcune delle definizioni di Elserino Piol.
Elserino Mario Piol, da Limana, Belluno, titolo di studio perito industriale aeronautico e poi ingegnere (poi arriveranno le lauree honoris causa, tra cui quella dell’Alma Mater Studiorum di Bologna), è semplicemente l’uomo che sta dietro le più grandi innovazioni tecnologiche applicate al business italiano. A partire dalla telefonia mobile. Elserino Mario entra ad Ivrea a 21 anni, nel 1952, come programmatore, a stretto contatto con Roberto, il figlio del mitico Adriano Olivetti.
Olivetti è in quell’epoca una stranissima creatura nel panorama italiano: un’impresa-feticcio, il suo marchio evoca cultura, politica, responsabilità sociale dell’impresa, design, made in Italy, Lettera 22 e Valentina, due macchine per scrivere che saranno poi esposte al MoMa di New York, il rivoluzionario P101, il primo pc nell’Italia degli anni Sessanta, e l’M24, il “mammozzone” che per vendite supererà in Europa i colleghi di Ibm. Il giovane Elserino fa rapidamente carriera: diventa direttore marketing, poi negli anni Settanta passa un lungo periodo negli Usa come numero uno dell’azienda. Quindi, con l’ingresso dell’Ingegnere, torna a Ivrea come assistente personale di De Benedetti e poi come responsabile dello Sviluppo. Alla fine degli anni Ottanta comincia a capire che il futuro sta nelle tlc. E si inventa Omnitel, ovvero il numero due della telefonia mobile in Italia.
Tutto nasce nel 1988. Hotel Carlyle, New York. A colazione sono seduti Piol, De Benedetti, George Blumenthal, patron della Cellular Communication International, e Peter Cohen, banchiere Lehman. Blumenthal racconta del suo esperimento: ha appena acquistato la licenza per la telefonia mobile a Porto Rico, “perché lì la gente si telefona molto di più che non a New York”. A De Benedetti e soprattutto Piol si illumina una lampadina, e i due capiscono che la telefonia mobile può essere il modo di salvare l’azienda. E così sarà. Il 19 giugno 1990 viene formalmente costituita Omnitel Sistemi Radiocellulari Italiani (OSR). Nel 1991 c’è l’asta per le frequenze, nel 1993 inizia la campagna di lancio, che sarà affidata a un giovane manager come Francesco Caio. Nel 1994 le prepagate Omnitel si vendono al ritmo di 25 mila al giorno, e alla fine dell’avventura, con la vendita a Vodafone, la creatura di De Benedetti-Piol crea un colosso da 25 miliardi di valore.
Uno dei «piolieri» più celebri, Pier Luigi Celli, che all’epoca era capo del personale di Olivetti e poi diventerà il prototipo perfetto del manager-intellettuale olivettiano, lo ricorda come «un grande. Un grande maestro. Un grande innovatore, un tecnico con una cultura sconfinata, cui si deve non solo l’idea di Omnitel ma anche di Infostrada» sottolinea il direttore generale della Luiss.
Chi lo conosce bene, Piol, parla di genio e ruvidità, oltre all’immancabile sigaro toscano tra le labbra e le bretelle rosse che sono i suoi marchi di fabbrica. «Quando arrivai in Olivetti nel 1995 era vicepresidente» ci racconta Stefano Rolando, che veniva da Palazzo Chigi dove era direttore generale e Capo Dipartimento dell’informazione e dell’editoria. «De Benedetti mi disse: con i politici ci parli lei, che è meglio» e il riferimento era al sigaro perennemente masticato tra le labbra oltre che alla scarsa diplomazia di Piol. «E’ un tipico genio italiano – continua Rolando – con una cultura da inventore, un inventore operaio, che viene proprio dal mondo della fabbrica». Anche Franco Debenedetti è d’accordo: «un uomo di grandi strategie e straordinarie intuizioni sul fronte dello sviluppo, ma anche molto pragmatico. Una conversazione con Piol comincia sempre così: c’è questo problema e ci sono tre, quattro,cinque soluzioni, contando sulle dita di una mano, ma poi non ha dita sufficienti perché glie ne manca qualcuna, persa credo in fabbrica». Altro aneddoto: quando Francesco Caio prese in mano la divisione cellulari (1993), Piol non si accorse che gli uscieri stavano portando via i mobili e per qualche istante rimase seduto alla sua sedia, assorto in qualche riflessione mentre la sua scrivania da vicepresidente veniva portata via.
E poi la storia dei due Cdb. «Sa quanti Ingegneri ci sono, mi disse il primo giorno che entrai a Ivrea invitandomi a cena» ricorda Rolando. «Ce ne sono due. Uno è un imprenditore freddo che pensa solo al profitto. L’altro è un uomo sensibile che si appassiona alle persone. Ma stia attento perché i due si odiano. E vanno sempre alle riunioni insieme». Piol ha però sempre mantenuto ottimi rapporti con l’Ingegnere e soprattutto con tutti i manager con cui ha lavorato, o meglio che «ha allevato». Se si torna indietro alla stagione Olivetti-Onitel-Infostrada, infatti, si vede che Ivrea è stata un’incredibile fucina di talenti: dallo stesso Pierluigi Celli a Carlo Buora, da Francesco Caio a Vittorio Colao, da Tommaso Pompei a Vincenzo Novari a Marco De Benedetti a Silvio Scaglia a Renato Soru a Riccardo Ruggiero fino al più completo di questo gruppo, Corrado Passera. Una nidiata che a Piol deve molto. «Quando Piol propose Ruggiero a Cdb come ad di Infostrada – ricorda ancora Celli – Ruggiero aveva solo 36 anni e De Benedetti non voleva, era molto dubbioso. Allora Piol venne da me che ero capo del personale e mi disse: convincilo tu. E’ bravissimo». Il fatto è che Piol è anche un gran trascinatore di persone. «La gente si sarebbe buttata nel fuoco per lui» continua Celli, che ricorda anche le famose riunioni delle tre di notte in cui Piol rientrava da qualche suo frequente viaggio di esplorazione in America o Giappone «con la giacca cosparsa di cenere di sigaro» e convocava immediatamente un meeting dopodiché, verso l’alba, diceva ai presenti: «bene, e adesso mettetevi a lavorare».
Ma non c’è solo il periodo Olivetti. Ci sono «tre Piol» sostiene Franco Debenedetti: «uno pre, uno durante e uno post De Benedetti». Se nel pre il compito di Piol è quello di grande ambasciatore di Olivetti negli Usa, nel durante Piol oltre ad essere il padre dell’esperimento nella telefonia mobile è anche lo scout che va in giro per il mondo a cercare partnership tecnologiche, per portare a Ivrea un po’ di Silicon Valley». E così va ricordata anche la partnership con Apple: pochi si ricordano che Olivetti aprì una sede a Cupertino nel 1972, quando Jobs era ancora un fricchettone impiegato in Atari.
Ma è anche nel durante che Elserino apre a quella che è la terza fase della sua vita: il venture capital, ovvero l’investimento di capitale di rischio in imprese altamente innovative. «Anche qui, individua e riempie un vuoto tutto italiano» sottolinea Stefano Rolando. «Mi ricordo che quando tornai ad Ivrea dopo un viaggio molto lungo in America, era un argomento talmente innovativo che l’Olivetti nell’83 dovette fece un seminario a Venezia per spiegare in Italia di cosa si trattasse» ha ricordato lo stesso Piol in un’intervista. Ma negli anni Novanta, lasciata Olivetti, il venture capital diventa la sua nuova frontiera. Prima come advisor di società come 4C Ventures e poi dal 1998 come fondatore e chairman di Pino Venture Partners, a sua volta partner dei fondi Kiwi e Kiwi II. Tra le sue avventure di finanziatore spericolato e accorto, quelle di Vitaminic, Click.it, Elitel, Blixer, Cubecom. Ma soprattutto quella di Tiscali. Società che nel 1998 era sconosciuta ai più, ma non a Piol, che decide di investirci l’equivalente di 2 milioni di euro. Che diventeranno 500 al momento di vendere, nel 2001. Momento giusto, naturalmente. «Se fossimo negli Usa, Piol sarebbe una via di mezzo tra Warren Buffett e Steve Jobs» riflette Pier Luigi Celli. Se fossimo negli Usa, l’arrivo di Piol in Borsa forse sarebbe considerato il segnale che è ora di ricominciare a puntare sui listini