Massimo Gargiulo (26 ottobre 2013)

In seconda liceo (al Carducci, a Milano) avevamo tra i sedici e i diciassette anni. Io ero per il Milan, Massimo era per l’Inter. Ci occupavamo tutti e due di associazioni studentesche e quindi – a nostro modo – un po’ di politica. Scommettemmo sul derby. E il Milan perse 5 a 2. Una batosta. In palio c’era una sorta di umiliazione. Chi perdeva doveva partire dal Carducci (piazzale Loreto) in mutandine e arrivare a piazza del Duomo sventolando la bandiera della squadra vincente. Gli altri dietro a sbeffeggiare.
Così feci. E dietro lui a godersi il successo. Senza villanie, senza parolacce, senza arroganza. Finì a cocacola, insieme.
Lui era un meridionale attaccato a Milano, io un milanese attaccato al sud. Io andai verso i mestieri della comunicazione e presto fui fuori da Milano, approdando a Roma. Lui a Milano si orientò per le professioni delle pr e si fece strada in una grande e reputata agenzia. Lui – tra i ’70 e gli ’80 – scelse la DC. Io, negli stessi anni, i socialisti. Non volò mai uno screzio. Sapevamo dove si generavano le passioni, rispetto a tanti piccoli avventurieri o più noti furbetti.
Ma davvero ci siamo solo ritrovati pochi mesi fa, insieme nella campagna per Umberto Ambrosoli, alla quale Massimo ha portato (operando per la comunicazione del Centro Democratico Popolare, staccatosi dall’UDC per sostenere il centrosinistra) la sua sdrammatizzata professionalità. Dove altri avevano bisogno di “tempestosi” chiarimenti, a noi bastava ricordarci che venivamo dalla stessa classe di un grande liceo.
Ciao Massimo, la prossima volta vinceremo. E  a nostro modo sventoleremo insieme i nostri colori di una riscossa civile nella nostra piazza del Duomo.