L’Opinione (Pullia) 5gennaio2010
L’Opinione
5 gennaio 2010
Pannella: quando la storia si fa esempio e ri-conoscenza
Francesco Pullia
“Credendo nella democrazia si percepisce quanto la nozione del ”nemico“ sia un ingombro enorme. Fornisce un substrato ideologico ai nostri istinti di inadeguatezza”. Si può partire da questa constatazione di Marco Pannella, mai così profetica e, purtroppo, attuale come in questi giorni, per avvicinarci al bel libro “Le nostre storie sono i nostri orti, ma anche i nostri ghetti” (Bompiani, € 15,00) originato da sette ore di conversazione tra il leader radicale e il saggista Stefano Rolando.
Proprio una riflessione come quella da noi riportata dà il senso della profondità e della differenza dei radicali nel panorama politico non soltanto nazionale. Differenza derivata non da sottrazioni, negazioni o contrapposizioni sterili e preconcette e neanche dall’accettazione passiva di un sistema asfittico e soffocante ma, al contrario, da aggiunte e inseminazioni feconde, da visioni anticipatrici, preveggenze, prefigurazioni. Non è un caso che Pannella si sia sempre sentito attratto da le raisonnable dérèglement des sens di rimbaudiana memoria, a tal punto da essere la dimostrazione vivente di come si possa riuscire ad incarnare un verso. E’ un po’ come accade agli sciamani cui basta scorgere un segnale nel cielo o percepire una traccia olfattiva trascinata da chissà quale zefiro per essere invasi e pervasi dall’illimitato. E, si badi bene, più lo sciamano s’inoltra nello sregolamento dei sensi, più aumenta in lui, sedimentandosi, la saggezza. In diverse culture millenarie si narra di leggendari vaticinatori, di saggi che si sono tanto sospinti oltre la mera visibilità da librarsi felicemente tra le altitudini celesti per consegnare alla terra orizzonti allargati. Ecco, così è per Pannella. Più avanza negli anni più, più s’innalza, aggiungendo ancora obiettivi ad altri obiettivi nella costruzione di una società possibile, quindi realizzabile.
Nel libro, perfettamente orchestrato da Rolando, tutto questo trapela e davvero queste pagine riescono a sottrarci al nefasto squallore cui vorrebbero relegarci sessant’anni di partitocrazia.
Vi si ritrovano passione e impegno, poesia e laica religiosità, conoscenza e ri-conoscenza (“a noi la storia importa molto. Nella storia incontri tutti, mentre ne l presente incontri solo chi ti pare e se sei al potere solo chi ti fa comodo”). C’è soprattutto l’entusiasmo che giunge dalla consapevolezza di doversi continuamente misurarsi con limiti interni ed esterni per oltrepassarli con sempre più crescente determinazione:“penso che si debba andare al cuore della politica come conoscenza critica dei problemi”. E più avanti: “Superare le parzialità nel nuovo. Non una diversa spartizione del vecchio. Non raschiare il fondo della botte consumata del ‘vecchio possibile’ – per dirla con Max Weber – per creare il ‘nuovo possibile’ ”.
Come lucidamente constata Rolando, la storia disseminata da Pannella è storia di esempi, non di poteri. Per questo, proprio per questo, è rappresentazione di un sogno, del sogno di libertà in un paese che ha avuto continuamente controriforme senza mai conoscere la Riforma, che troppo ha sperimentato, a proprie spese, le conseguenze dell’intolleranza, della sopraffazione, dell’assolutismo e in cui, ahinoi, i partiti, all’indomani della caduta del regime fascista, hanno fatto a gara per ereditarne il pervicace occultamento della legalità.