Lombardia civica. Per ora non patti ma coordinamento (Linkiesta 6 settembre 2013)

Stefano Rolando
 
Questione del civismo che si fa soggetto politico, questione del civismo in Lombardia che – a sinistra come a destra – “fa la differenza”, questione del rapporto del civismo con il centro-sinistra. Torno su questi argomenti per correttezza e per aggiornamento.
La correttezza è dovuta al fatto che avevo illustrato in primavera il progetto di avviamento di un modello (sperimentale e nuovo in Italia) di un patto stabile tra PD, liste civiche locali, nuovo gruppo civico in Regione, amministratori locali e associazionismo per un soggetto di secondo livello capace di tenere uniti obiettivi e strategie almeno nel medio periodo. Ebbene quel patto – pesando un quadro pre-congressuale molto incidente e pesando una condizione stagnante più generale – per ora non è stato riavviato (aveva avuto vita in campagna elettorale), se non per intese frammentate ma non organiche e per naturali rapporti sinergici che i due gruppi consiliari di opposizione (a parte M5S) mantengono sul fronte parlamentare regionale. Su un segmento di quel progetto – quello elaborativo – si avvia tuttavia una sperimentazione, a cui farò poi cenno.
L’aggiornamento riguarda invece l’annuncio (con assemblea in Consiglio regionale il 5 settembre)  
di una forma di coordinamento delle liste civiche locali (sono centinaia) in Lombardia che entro il 5 ottobre prende consistenza generando un soggetto ma aprendo, naturalmente, una discussione sulla sua natura.
Procedo per punti, raccogliendo qui alcune osservazioni svolte nel corso di incontri preparatori di questo evento.
 
  1. La costituzione della Federazione delle liste civiche della Lombardia – quelle tendenzialmente collocate nell’area del centro-sinistra che hanno dato un contributo attivo alla campagna elettorale del 2013 con leader Umberto Ambrosoli – entra in una fase esecutiva, che si concluderà a Lecco il 5 ottobre con una assemblea costitutiva. Ma è collocata anche in una fase di grave incertezza del quadro politico nazionale e nell’imminenza di un anno (il 2014) molto caratterizzato elettoralmente in cui vanno al voto i due terzi dei comuni della Lombardia (1.044, con tre capoluoghi, Bergamo, Cremona e Pavia) e in cui si vota per le europee. Il carattere politico del governo nazionale come si sa è anomalo, corrisponde a un punto di equilibrio presentato come indispensabile per far fronte a esigenze (nazionali e internazionali), discende da una oggettiva impossibilità di creare coalizione omogenea (come ha dimostrato l’elezione del Presidente della Repubblica), consente però – ovvero consentirebbe – ai soggetti della vita politica di compiere le necessarie previste transizioni. Ma queste transizioni costano prezzi e chiedono creatività, decisionalità, coraggio. Alcune riforme che potrebbero ridare qualità al quadro istituzionale. Punti fermi sulla natura costituzionale dei “partiti” e chiarezza estrema sul loro finanziamento. Il vero ritorno al cittadino sovrano in materia elettorale. Se il sistema vuole, ha la “finestra” (che si sta accorciando) per compiere questi passi. Se non vuole, continuerà ad usare questa “finestra” per galleggiare. Facendo galleggiare così tutto: leggi che non si fanno, paese che non decolla, società che non si emancipa. L’impasse ora è politico (che strada prendere, che obiettivi considerare irrinunciabili) ma è anche morale (far finta di vivere per lucrare il “mestiere di far politica”?).

     
  2. Per alcuni versi i due partiti della coalizione di governo possono uscire distrutti da questa esperienza. Con conseguenze pesantissime per il paese, nel senso di un passaggio demolitorio (verrebbe da dire “autodemolitorio”) che riporta però le condizioni della politica a un vuoto assoluto e al rischio di infinite derive, tra cui quelle non democratiche potrebbero avere un peso. Oppure – uno o l’altro o entrambi – questi due così diversi partiti trovano la via di un indirizzo “europeo”, a destra come a sinistra, con le connotazioni (sempre da adattare ai contesti e alle alleanze con forze minori che è costante europea) e in questo quadro la funzione di dialogo, di tallonamento, di discussione sulle priorità di un assestato movimento civico avrebbe un ruolo allo stato concesso solo virtualmente, cioè sui numeri elettorali, ma poco riconosciuto politicamente.

     
  3. Il contesto della Lombardia è forse politicamente più chiaro di quello nazionale, ma più penoso nella realtà quotidiana. Lo guida una forza in declino nazionale e regionale, la Lega, in scomposizione per irrisolte conflittualità interne, in un tentativo di recuperare identità attraverso l’etichetta del civismo che ha avuto caratteristiche reali nel quadro elettorale ma che finora non ha espresso indirizzo politico perché la logica della coalizione di governo lo sottopone a continui vincoli di disciplina. Le alleanze della Lega sono nel segno della rissa permanente. Che trova composizione solo rieditando vecchi giochi di sottogoverno, con intendimenti spartitori. Nessuna qualità nel profilare classe dirigente e programmi, nessun rispetto degli interessi reali e superiori dell’istituzione. La vicenda – piccola ma emblematica – degli assetti del Corecom della Lombardia ne è stato un esempio. I due partiti della maggioranza sono diventati forzosamente quattro; e il modo di imporre le scelte ha punito ogni attenzione a contenuti, competenze, interessi istituzionali. Per il resto la politica che esce dalla maggioranza è “ristampa”. Lo stesso clima di galleggiamento che c’è a livello nazionale – per disomogeneità della coalizione di governo – c’è in Lombardia dove guida il partito che si oppone al quadro nazionale ma che qui non può nemmeno prendere forza da questa sua posizione perché deve convivere con un partner essenziale di quel quadro di governo e con lo sfaldamento strutturale dei partiti tradizionali e del loro elettorato.

     
  4. Il movimento civico lombardo viene dal localismo e viene dalla crisi dei partiti. Si fa identità partendo da due “limiti”? E’ una domanda che esiste tra coloro che – con speranza civile ma spesso senza ricette generali – aderiscono,  nello spirito di “fare qualcosa” per il proprio territorio, per i luoghi di vita e lavoro che hanno bisogno di amministrazione corretta e dedita all’ascolto sociale. E in cui – largamente – i partiti della “seconda Repubblica” hanno fallito, spesso con compromissioni scandalose e con esiti che hanno creato un distacco abissale dell’opinione pubblica dalle istituzioni e dalla politica. Un deficit di politica e di democrazia che si è tradotto in appesantimento della crisi economica. La Lombardia ha una opinione pubblica che, per la prima volta, non si fida più dell’istituzione regionale (Eurobarometro UE 2012) e la Lombardia è (UE 2013) per la prima volta fuori dai primi cento soggetti territoriali nella classifica della competitività. Questa analisi è condivisa. Ma è reattiva. Parte da sdegno, inaccettabilità, rifiuto dell’omertà. Ma non ha ancora trovato identità, visione di insieme dei fenomeni che – in una cultura economica e sociale glocalistica – interagiscono sulle cause e sulla gestione degli effetti, valutazione della propria forza in rapporto al quadro generale (che per la Lombardia è un obbligo al tempo stesso di responsabilità e di autodifesa).

     
  5. Il pensiero di creare nessi forti tra le singole liste che presidiano il territorio locale sarebbe dunque ora una risposta per dare metodo e contenuto a questa transizione. Una risposta che si traduce in tre indirizzi: uno sforzo di mantenere vivo e originale lo spirito di interpretazione dell’evoluzione politica, economica, sociale e culturale che contorna e influenza la territorialità; uno sforzo di verificare il costante principio di qualità e di etica pubblica nella proposta di classe dirigente per contribuire alla vita istituzionale (agendo e non solo contemplando i casi di cedimento); una proposta di posizionamento e di alleanze da intendersi come atti chiari e condivisi con l’elettorato per assumere le responsabilità pubbliche che è vocazione prioritaria rispetto alla tendenza di movimenti che lucrano sulla protesta per scantonare queste responsabilità.

     
  6. Servirebbero però una teoria, un gruppo dirigente, una visione strategica. Si dirà che dichiarare questi propositi configura la formazione di un vero e proprio partito. Un partito che ha una lettura della storia e dell’attualità, che ha un modo per forgiare la propria organizzazione, che ha il tempo e le condizioni per studiare (la parola non è detta a caso) i contenuti e il metodo del buon governo. Si dirà che il “civismo” è aggregazione “emotiva” di sentimenti civili che segnalano la parte buona e socialmente generosa dell’opinione pubblica messa a difesa di territori politicamente saccheggiati. La risposta è che questa condizione di “sdegno generico” fa insorgenza ma non fa governo. Per cui avrebbe senso nel quadro di campagne demolitorie e di chiarificazione. Ma ha già meno senso nel presentare “liste elettorali”. E perde – qualcuno dice vista la vicenda grillina – il suo senso nell’occupare (a spese del contribuente) parti dell’agorà democratica che per propria natura chiede cultura di governo. Come si è visto l’opinione circola. E la risposta non può essere solo limitata a constatare l’esistenza – ormai ventennale – di liste civiche per trovare in questa “esistenza” la condizione del loro futuro.

     
  7. Ecco dunque il significato – per certi versi temperante e per altri versi di ricerca e sperimentazione – per cui si avvia un coordinamento. Innanzi tutto “politico”, perché i caratteri organizzativi devono essere espressione della linea che si assumerà, non il contrario. Un significato che deve essere spiegato all’elettorato, in generale, del centrosinistra, in cui è dominante (ma non sufficiente) l’elettorato del PD. Per cui tra i punti da sviluppare e approfondire vi è certamente quello di indicare gli obbiettivi che si considerano irrinunciabili nel processo di dibattito e transizione che il PD sta affrontando. Un significato poi che deve essere chiaro all’area elettorale in astensione perché insieme a rifiuto pregiudiziale lì c’è una parte di rammarico civile che deve avere una proposta partecipativa alla politica. In questo confronto la dinamica dei rapporti con il PD può subire variazioni. Il PD di Bersani era cosciente del deficit elettorale al nord e della necessità di promuovere un’alleanza per stimolare astensione e voto critico nei confronti di partiti per limitare la prevista affermazione del M5S. Infatti i “grillini” in Lombardia hanno preso il 10% meno della media nazionale, finito in parte all’offerta del civismo targato Ambrosoli e in parte (minore) anche al civismo targato Maroni (area di riserva in caso di crisi di rapporti tra lo stesso Maroni e il suo partito, la Lega). Il PD – dice Fabrizio Barca – deve rigenerarsi come “partito” e il civismo che vuole far politica, dice, o si fa partito o non c’è. E lo dice con un’appendice dedicata alla Costituzione per segnalare che la Carta indica nei partiti il modo di “far politica”. Il PD – dicono i renziani – se cambia con noi punta al recupero pieno della società civile. Quindi il civismo conta perché segnala malessere ma con noi non ha ragione di essere. I civici pensano invece che quando c’è crisi strutturale dei partiti è dovere della società civile riprendersi una delega e mostrare all’elettorato sconcertato che c’è un’offerta di classe dirigente e che è doveroso impostare linea e programmi con adeguato bagaglio interpretativo.

     
  8. Insomma il civismo che si sta per organizzare su base coordinata non ha ancora valutato appieno questo territorio ormai vulcanico.  I due ambiti accennati (elettorato PD e astensione) diventano così terreno di alleanza o terreno di scontro. Non è prefigurabile ancora una netta posizione. E’ necessario mettere in agenda una seria discussione. E, appunto, la crescita di discussione interna ha il compito di delineare questa “strategia”. E gli appuntamenti elettorali del 2014 sono un percorso di sperimentazione dell’indirizzo generale. La formula fin qui adottata è stata quella che il PD senza la quota civica (accreditata attorno al 10%) non vince. E che la quota civica senza il PD non ha un baricentro di organizzazione del confronto elettorale e politico che rende possibile governare. La formula va sottoposta ad analisi e a discussione. E gli stessi assetti della costituenda Federazione dovranno tenere in seria considerazione l’andamento di questa discussione.

     
  9. Un punto qualificante del civismo lombardo nel 2014 è costituito dall’appuntamento elettorale europeo. Vi è una larga tradizione federalista e autonomista nella cultura dell’integrazione europea. Vi è un sogno europeo che è stato nutrito da una infinità di qualità locali. Vi è oggi un’Europa ambigua e vi sarà un nuovo Parlamento europeo in cui l’euroscetticismo potrebbe diventare – unendo parti della destra e della sinistra – il primo partito (o tra i primi partiti). Da qui il tema delle elezioni europee in agenda della discussione della Federazione delle liste civiche con un adeguato seminario di analisi e con la consapevolezza che quelle elezioni non devono servire per “contarsi all’interno” trascurando totalmente il contenuto oggettivo e la portata, in questo momento storico, del riassetto politico dell’Europa.

     
  10. Si è detto all’inizio che un segmento di quel progetto di “Patto Civico” prende però l’avvio, con alle spalle la determinazione dei gruppi consiliari in Lombardia del PD e dei Civici. Si costituisce (metà settembre) ASPEL-Associazione di studi per la Lombardia che raccoglie per ora la rete di oltre quaranta docenti universitari radicati negli atenei lombardi che hanno già dato vita al “Programma di governo” nel corso delle elezioni e che ritengono di mantenere un rapporto organizzato per costruire elaborazione adeguata al progetto politico di medio termine concependo la Lombardia come un territorio anche di grandi opportunità soprattutto se lette nel quadro nazionale, europeo e globale. Competenze economiche, sociologiche, urbanistiche, ambientali, storico-sociali sono in relazione – sul modello nazionale di Astrid – e hanno già operato sui temi nodali della programmazione regionale creando condizioni di replica puntuale alle proposte della maggioranza. Presidente designato il prof. Valerio Onida.
LINKIESTA / SR / 6 settembre 2013