Letteratura e spazi cittadini (Milano verso Expo) – Università IULM 29 ottobre 2014

Letteratura per la Scuola. Competenze in gioco.
Milano verso Expo
 
Panel su “Letteratura a spazi cittadini
Mercoledi 29 ottobre 2014 – Università Iulm Milano
 
Intervento del prof. Stefano Rolando
Docente di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica all’Università Iulm
Presidente del Comitato Brand Milano, istituito dall’Amministrazione Civica della città
 
L’eredità di una piccola ma discreta biblioteca materna sulla letteratura italiana del ‘900, cinque anni non da primo della classe al liceo classico e qualche velleità di scrittura letteraria (la meglio ancora da venire) non mi danno titolo sufficiente per parlare di Letteratura insieme a colleghi esperti.
Connoterò quindi questo breve intervento sull’altro fronte della tematica, quello degli “spazi cittadini” :
Ø      sia perché insegnando qui “Comunicazione pubblica” sostegno e argomento da tempo che le superfici urbane (tutte, da quelle proprie a quelle improprie) sono vettori di narrazione che legano molto la reputazione e i destini immaginari di una città ai suoi fruitori;
Ø      sia perché, avvicinandosi Expo, il Sindaco di questa città mi ha chiesto di presidiare un capitale invisibile e spesso anche trascurato – pur nella sua riconosciuta importanza – che è lo scrigno del patrimonio simbolico collettivo di una città, ovvero il suo brand.
 
Dal 2012 lavoriamo – un Comitato composto da una dozzina di “rappresentanti” di soggetti sociali significativi nel conflitto di interessi che si esprime attorno all’evoluzione di un brand – attorno a tre questioni:
         la ricapitolazione del processo identitario della comunità che trasporta nel tempo pallide reliquie e coloratissimi oggetti viventi;
         la mutazione della comunicazione narrativa connessa alle fase più recente, individuando e selezionando gli ambiti tematici meritevoli di “nuova narrazione”
         le questioni metodo nell’approccio al tema comprensive di un po’ di igiene civica (che serve sempre nella nostra stagione politico-istituzionale) per ricordare al palazzo che un brand non è proprietà del potere ma del popolo;  e che tuttavia comporta doveri nelle istituzioni (promuovere dibattito pubblico e garantire che il racconto finale non produca squilibri non tanto in ordine alla verità, perché esso passa attraversa una sommatoria di percorsi faziosi; quanto nel rischio che si racconti una parte per il tutto rinunciando – per Milano sarebbe gravissimo – alla complessità, al pluralismo e al nesso tra locale e globale) e anche doveri nella società (perché essa deve trovare parole nuove per esprimere sentimenti collettivi, pena condannare la città alla dipendenza dalle parole legate più alle regole che ai diritti, più ai vincoli che alle opportunità, più alla propaganda che alla testimonianza).
 
Le parole della società sono molte.
Originano innanzi tutto dalla lingua, anzi dalle lingue. Giacché a Milano il dialetto (che ai tempi di mio padre si insegnava alle scuole elementari con tanto di dizionario obbligatorio tra i libri di testo) è malandato ma non è morto;  e si mescola con altre forme linguistiche e dialettali frutto della trasformazione multiregionale e multietnica della città.
Ma anche nelle forme creative (letteratura, teatro, musica, arti plastiche), testimonianze alte che si collocano con forza nel patrimonio simbolico. Perché quelle narrazioni creano condivisione emozionale, costruiscono narrazioni traslate, assegnano semplificazioni suggestive ad epoche, periodi della storia, complessità dell’evoluzione sociale da trasferire nella familiarità di format accoglibili.
Per questo la formazione del “sentimento civico” è profondamente legata alle tante e compresenti la sequenze:  quelle del cinema su Milano; quelle della letteratura (poesia e romanzi) ambientata vistosamente nella città; quella delle arti plastiche capaci di cogliere dettagli estetici assurti a paradigmi (senza Balla, Boccioni, De Pero, Melotti, Fontana, eccetera – si capisce poco il ‘900 milanese) ; quelle della musica (che collega le forme classiche dell’interpretazione e della rappresentazione alle forme popolari di una espressività che oggi – solo per fare un piccole esempio – si traduce con il rap in “orgoglio di quartiere”; e infine quelle della narrativa stereotipata collettiva che scorre – tra i bar degli happy hours alle maniglie dei filobus, dalle gradinate dello stadio ai miserere delle messe vespertine, dalla vociante alterazione emotiva dei grandi magazzini ai flussi di parole di tutto ciò scorre e si concentra: gli strusci e i luoghi (dal corso al palazzo di giustizia, dai giardinetti agli asili nido alle aule universitarie) in cui si compone la più vasta opera di letteratura pop che è quella scritta a Milano ogni giorno da un milione e mezzo di residenti e da 700 mila city-users e pendolari.
Partendo da questo lenzuolo emotivo diedi il titolo a una raccoltina di scritti su Milano prodotti appena tornato (verso la fine degli anni ’90) registrando i cambiamenti. Nella guerra tra “capitale morale” e “capitale immorale” scelsi il titolo di “capitale umorale” [1].
 
In questa ridondante cornice la letteratura ha un ruolo strategico perché raccorda storia ed emozioni in una forma perdurante. E in particolare la poesia riesce a creare una condizione (rara ma esistente) di sacralità e di rarefazione concettuale.
Ho avuto da Paolo Giovannetti – in occasione di questo convegno – il regalo (davvero un regalo) di un suo libro dedicato a poesia e letteratura su Milano e gli esempi di questo ruolo sono in ogni pagina. Fatemi estrarre i versi più brevi – scritti da un non milanese come Umberto Saba – per avvicinarmi allo spirito di quel che accennavo.
 
Fra le tue pietre e le tue nebbie faccio / villeggiatura. / Mi riposo in Piazza / del Duomo. Invece di stelle / ogni sera si accendono parole. / Nulla riposa della vita come / la vita.[2]
 
E sempre grazie a Paolo ho avuto un secondo regalo, una ricerca di alta precisione scritta da Mauro Novelli attorno all’opera poetica di Carlo Porta nel contesto tra i più straordinari dei cambiamenti di Milano – quello che lega il lascito dell’illuminismo con le insorgenze risorgimentali – un saggio molto importante per l’indagine storica sullo specifico della milanesità (oggi di difficile decifrazione)[3] che mi ha ristimolato al rapporto espressivo che, nelle nostre famiglie autoctone,  aveva il dialetto per raccontare storie e per raccontare la storia.
Mia nonna – per esempio – che parlava in milanese e traduceva ogni frase in italiano (Oh Signur te me fa’ stremì Ossignore mi hai fatto proprio spaventare!) raccontava così la parentesi napoleonica tra le due occupazioni asburgiche (dove prevaleva – come sempre – fino al nostro cabaret novecentesco) il punto di vista paradossale.
 
Citazione a memoria
 
Potrei continuare così a lungo, legando a varie forme espressive non l’astratto pensiero di uno studioso che non sono e di una teoria che non ho. Ma le emozioni di un milanese radicato – che ha trascorso più della metà della sua vita via da Milano e che, tornando, ha avuto la fortuna di un piccole compito da gestire con spirito civile che gli fa ritrovare storie legate a sentimenti e sentimenti da sottoporre al vaglio delle storie.
Per fare un solo esempio: non si può parlare del cambiamento della comunicazione narrativa di Milano nel ‘900 senza cogliere le almeno dieci fasi di radicale mutazione dei contenuti e delle ragioni di quella mutazione. Non ho il tempo di elencarle tutte ma metto al centro – non solo perché “baricentro” ma anche per la sua centralità etica – il decennio della ricostruzione.
Come potrei dire in breve ai miei studenti il perché di appassionarsi a quel racconto? 
Fatto di orgoglio e di lotta contro il tempo, di fabbriche prima di case, di onestà cristallina nella gestione dei fondi, di regole antimafiose convenute nel sistema Milano per ottenere pluralità di apporti ed esclusione della malavita, senza citare un racconto che – nella sua durezza, nella sua parzialità, nella sua libertà – è garanzia che quella storia è stata scritta associando davvero i milanesi quasi tutti gli italiani?  Parlo di “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti.
Ebbene – per dare senso al cenno fatto attorno alle emozioni – non posso non dire che nelle sequenze delle case popolari di viale Argonne io fui comparsa (a dieci anni di età) di quelle sequenze per l’immensa ricompensa allora di mille lire al giorno e ora di quel ricordo.
 
Devo concludere il mio intervento che ha un tempo assegnato.
Le cose da dire su “spazi cittadini” (evidentemente spazi fisici e spazi sociali, spazi urbani e spazi immateriali) e letteratura sono tante. Solo volessimo affrontare il tema della toponomastica (e l’incidenza di nomi e cenni biografici sul simbolico vagante della città, solo volessimo decifrare linguaggi e storie dalle mille lapidi disseminate a ricordo sui muri della città, apriremmo un capitolo antico e nuovo sul rapporto tra narrazione e “spazi cittadini”.
Io limito la conclusione alle attese nei confronti delle nuove narrazioni.
L’auspicio è che la creatività (alle Muse citate si aggiungono nell’orchestra narrativa di Milano anche altre Muse, la pubblicità, il design, la moda, il web,  l’architettura, l’arredo urbano, le meta-aziende o i meta-contesti generati dallo sport, dalla scienza, dalla ricerca, dalla rete universitaria, eccetera), che la creatività – dicevo – colga alcuni nodi del cambiamento strutturale per fare emergere pensiero collettivo [4].
·        Milano da borgo storico a città metropolitana.
·        Milano da città industriale a industriosa.
·        Milano da locale e globale senza nessi a glocal.
·        Milano città dell’innovazione non solo per il lusso ma per la qualità della vita.
·        Milano portale dell’Italia nel mondo, filiera della possibilità di farcela, che torna in sintonia con la nazione perché gestisce gli arnesi per superare i limiti ormai angusti dell’essere nazione.
In queste sfide – come si capirà bene – Expo è solo un frammento, per quanto importantissimo.
E nella nostra immaginazione alle nuove narrative è – se ha senso dirlo – già anche alle nostre spalle.
 


[1] Stefano Rolando, La capitale umorale – Scritti su Milano e la Lombardia , MilanoMetropoli, 1998.
[3] Mauro Novelli , Divora il tuo cuore, Milano – Carlo Porta e l’eredità ambrosiana , Il Saggiatore, Milano, 2013.
[4] La materia è trattata in : Stefano Rolando, Citytelling – Raccontare le identità urbane. Il caso Milano, Egea, Milano 2014 (dicembre).