Lettera aperta di Alberto Abruzzese (25 marzo)

Un lettera aperta di Alberto Abruzzese
 
Roma, 25 marzo 2010
 
Andiamo a votare contro la politica
Cari amici,
ci siamo. Ciascuno di noi sta per dare un voto. Solo qualche giorno ancora e bisogna mettere un “segno” sulla scheda elettorale per le regioni. Penso che sia molto difficile decidere in questa fase della nostra storia di perenne scontento nei confronti delle istituzioni, dei partiti e della politica. E’ difficile anche soltanto decidere di andare a votare. In passato, proprio per non disertare le urne, più di una volta mi è accaduto di votare per i radicali. Alcune loro battaglie civili sono state e continuano ad essere straordinariamente importanti in un sistema sociale senza teste pensanti e senza senso di responsabilità come il nostro. Dunque votare per loro ha la concretezza di una scelta non soltanto simbolica ma pratica, “di vita”.
Questa volta, per me la novità è che sono nelle liste presentate dai radicali in Lombardia e nel Lazio. Nessuno mi aveva mai chiesto di “presentarmi” (neppure durante i tantissimi anni della mia più o meno ufficiale appartenenza alle sinistre storiche). Ringrazio della fiducia e del mandato.
Sono un professionista della comunicazione, credo di potere essere utile in questa fase di clamorose trasformazioni della vita quotidiana e delle tecnologie dei media: per avere un senso davvero innovativo, il passaggio dei vissuti personali della gente verso la dimensione multimediale e interattiva delle reti digitali ha urgente bisogno di contenuti e soggetti radicalmente nuovi. Credo che il modo giusto di rivolgersi agli elettori per convincerli a votare il “proprio” partito non sia tanto quello di spiegare i motivi per cui si è sicuri di avere ragione, di essere nel giusto, quanto piuttosto quello di mostrarsi disponibili ad essere buoni professionisti, buoni amministratori, responsabili dell’interesse generale. Rivendicare questo dovere istituzionale sembra retorico e scontato, ma purtroppo non lo è in una civiltà dei partiti, delle classi dirigenti, delle pubbliche relazioni e del giornalismo in cui le divisioni di parte tra chi governa e chi è all’opposizione vivono un perenne regime elettorale. Una selvaggia lotta per il consenso sta distruggendo il significato stesso di una democrazia parlamentare (andrebbe anche bene, la democrazia non funziona più, il problema è che la cosa è in mano a un branco di pre-democratici).Nel campo delle teorie dei media – spettacolo, televisione, informazione, reti, eventi – sono definito un eretico. Ragiono in modo scandaloso per le culture di destra, sinistra e centro. Ritengo che siano scaduti tutti i valori su cui la politica continua a insistere ancora adesso, ora che abitiamo un tempo ormai clamorosamente distante dalle ideologie moderne (ideologie che hanno abbandonato alla fame, alla violenza, al dolore e alla morte la più parte del pianeta). Penso che l’esperienza laica debba oggi abbandonare ogni superstizione religiosa comprese le proprie. Credo che debba spietatamente criticare anche i suoi valori più indiscussi. Ecco queste sono le ragioni per cui ho la presunzione di servire a qualche cosa.