Leo Solari

(Milano 1916-Roma 2009)

 
Un link casuale in rete mi fa imbattere (oggi 10 luglio) nella notizia della scomparsa di Leo Solari, avvenuta a Roma il 3 luglio. Ho conosciuto Solari nei primi anni settanta. Nel periodo in cui la “crisi energetica” stava trasformando i segnali di pochissimi ambienti cultuali e scientifici in preoccupazione planetaria, ma ancora al tempo considerata secondaria – in qualche caso anche con fastidio – da quasi tutte le maggiori forze politiche.

Ero nel consiglio direttivo del WWF italiano e Leo Solari presiedeva una associazione di cultura imprenditoriale. Avevo curato le prime ricerche sul rapporto tra questione ecologica e sistema educativo. Leo guardava al fronte logicamente confinante, quello dei mass media. Il tavolo di riflessione cercò di guardare in modo diverso – per certi versi capovolto – a settori che avevano trattato in modo culturalmente anti-ecologico il sistema natura-ambiente. A me – che cominciavo a lavorare nel campo della comunicazione di impresa – Solari affidò il trattamento del campo pubblicitario. Cosa che feci insieme ad un amico sociologo, allievo di Franco Ferrarotti, Enzo Scotto Lavina, che con scientificità impostò la selezione di moltissimi annunci che poi cominciammo ad analizzare con nuovi parametri di analisi.

Inserzionisti che non avevano alcune percezione dei “limiti della natura e dell’ambiente”, come da poco predicava il Club di Roma e che esaltavano lo sfruttamento illimitato. Uscì credo nel 1974, con Franco Angeli, il volume Mass media e razionalizzazione del sistema a cura di Leo Solari n cui apparve anche il nostro saggio. Tra i primi della mia esperienza di scrittura. 
E così feci amicizia con un signore colto, civile, appassionato, di cui scoprii l’appartenenza socialista, la condivisione dell’idea europeista, l’impegno a favore di Eugenio Colorni che grazie a lui ebbe per me un contorno di conoscenze prima limitate pressoché al nome. Il libro che poi lo stesso Solari pubblicò con Marsilio su Colorni – nella stressa collana e quasi insieme ad un mio libro di analisi del dibattito nella base socialista nei grandi cambiamenti interni tra il 1976 e il 1978 – mi fece entrare nel mondo delle idee e della forza politica e morale di questo grande europeista, confinato a Ventotene, che progettava scienza con Geymonat e federalismo con Spinelli, ucciso a Roma (perché anche ebreo) dalla banda nazista Koch nel ’44. Divenni, anni dopo ancora,  amico della figlia Renata Colorni. Di Leo Solari mi colpì naturalmente che era nato a Milano nello stesso anno di nascita di mio padre (conobbi Solari poco dopo la morte di mio padre) e mi colpì anche la gratuità e la linearità con la quale si occupava di politica e di interessi collettivi.
Così che nel ’77 quando ebbe l’incarico di presiedere la Sacis (azienda del gruppo Rai che si occupava di pubblicità) lo misi a parte di un progetto che,  pressoché da solo, coltivavo da due anni, con una preliminare sperimentazione nel 1975 a Teheran. Portare in mostra l’arte e la creatività italiana che aveva accompagnato un secolo di storia industriale. In Iran avevo potuto farlo solo con il cinema, ora in Brasile – approdando a due grandi musei d’arte a Rio e a San Paolo – il ciclo di racconto era completo e riguardava letteratura, pittura, scultura, musica e audiovisivi. La Rai (in subbuglio per solite stoie di nomine) non poteva seguire il programma, almeno la Sacis avrebbe potuto. E la Sacis partecipò, anzi lo stesso Solari venne in Brasile tra i rappresentanti di impresa e fu lui a Rio de Janeiro che, a nome dell’impresa italiana, prese la parola davanti al presidente del Museo d’Arte della città, uno dei più grandi architetti mondiali del novecento Oscar Niemayer. L’approfondimento del rapporto portò all’offerta di lasciare il mio posto di lavoro (una pur rinomata azienda italiana di relazioni di impresa) e entrare in Sacis, con una dirigenza spuntata poco meno dei trent’anni. Gli dissi di sì, ma da lì a brevissimo arrivò la proposta di Paolo Grassi divenuto presidente della Rai e amico di famiglia, che aveva un carattere impetuoso come era l’uomo e senza ascoltare i “si,ma” che nei passaggi di lavoro scappano sempre. In verità il mio “si,ma” era ben piccolo e di cortesia nei confronti di quell’elegante e amichevole offerta maturata nella conoscenza di esperienze di lavoro. Poi si aggiunse alla Rai anche l’incarico di Claudio Martelli di seguire la politica televisiva nel quadro delle sue competenze sulla cultura e l’informazione e si aprì per me una stagione ancora più impetuosa del previsto. Il giorno in cui ebbi l’incarico di “stupire un po’ il sistema” cioè di predisporre tre inserti dell’Avanti! con cento firme di socialisti impegnati in tutti i campi della comunicazione e dello spettacolo mi feci un punto d’onore di avere tra quelle firme anche quella di Leo Solari (che cominciava a essere un po’ trascurato dai nuovi vertici del partito)  e – quindici anni prima l’era internet – andai da lui di persona per raccogliere il suo contributo. Poi negli anni, andato in pensione,  ha coltivato impegno politico (Solari negli anni cinquanta era stato protagonista del primo embrione del Partito Socialista Europeo, la Gauche Europeenne insieme a François Mitterand, Mario Zagari, Paul Henri Spaak, Henri Gironella e Guy Mollet), civile ed editoriale. Ha rilanciato Sinistra Europea – la rivista che era stata di Mario Zagari – e ha affiancato il movimento radicale in molteplici battaglie per questioni di bioetica. L’ultima lunga intervista che ha dato, a 87 anni, nel 2002 a Mondoperaio è dedicata tutta a questi temi e si ritrova anche in rete
Il 3 luglio su di lui un’affettuosa dichiarazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con commozione la notizia della scomparsa di Leo Solari, in un messaggio ha espresso ai famigliari e a quanti ne hanno condiviso l’impegno, i sentimenti di profondo cordoglio: ”Solo poche settimane fa avevo ascoltato il suo impegnato intervento in occasione della commemorazione del centenario della nascita di Eugenio Colorni, di cui era stato collaboratore, amico e biografo. Socialista fin dalla gioventù, protagonista della Resistenza, maturò presto l’idea che la costruzione dell’Europa unita sarebbe stata non solo il traguardo necessario per la pace e il progresso dei popoli europei, ma anche l’orizzonte politico essenziale per la sinistra democratica. Ne ricordo – ha detto Napolitano – l’intensa attività pubblicistica, l’attiva partecipazione al dibattito della sinistra e la battagliera presenza sui temi dei diritti civili e della libertà coscienza e di ricerca”‘.
Nello scrivere io queste parole di congedo, penso – in Solari – ai tanti, tantissimi socialisti , non solo per bene e, come era un tempo, da portare ad esempio, ma anche costretti a perdere la loro casa politica, il luogo delle relazioni, dello scambio costruttivo (che è quello generato da appartenenze sempre tese a dare, a fare, a cambiare, eccetera), della memoria condivisa. Un esempio tra i tanti che da oltre quindici anni si sono sforzati di ritrovare sentieri di cammino, spesso mantenendo amicizie e corrispondenze ma in una ingiustificata sostanziale solitudine a cui ora il lavoro delle Fondazioni che si richiamano a quella storia dovrebbero cercare di portare rimedio.