L’attuazione dei refendum ambientali a Milano (Finanza&Mercati – 9 dicembre 2011)

Per F&M
Milano, la potenzialità di un piano per la green economy
Stefano Rolando
Un punto cruciale per recuperare il deficit di democrazia è  comprendere che esso dipende (in paesi evoluti e liberi) non solo dal peso di pur esistenti poteri liberticidi, ma molto da regole arrugginite della democrazia e da una modesta base sociale delle decisioni. Agire contro i fantasmi senza debellare disfunzioni e senza recuperare civismo è la vecchia ricetta del massimalismo parolaio. Per questo le esperienze concrete di democrazia partecipativa aiutano a salvare i nostri modelli costituzionali. Esse non sono frequenti, perché la politica ha scelto ciecamente la via della delega e, dal punto di vista comunicativo, la via del teatrino. Si vedrà dopo la “cura Monti” se l’ulteriore pur necessario stress di delega (che neutralizzerà per un po’ anche le regole della democrazia rappresentativa) porterà a rigenerare la fertilità politica della società organizzata, schiudendo porte a nuovi contesti dopo quello della autoreferenzialità e della tecnocrazia.
Oggi a Roma c’è un’esperienza tecnocratica –  che, per propria natura, non può essere fondata sull’ascolto (cosa diversa dalle “convocazioni”) e sulla co-decisione – a cui sono assegnate misure di emergenza. Ma il territorio resta democraticamente vivo e a Milano – città significativa dei cambiamenti economici – c’è un governo della città eletto, presidiato da vivacità sociale e attraversato da una certa tensione al cambiamento. A Milano così arriva la discussione su come dare attuazione ai quesiti referendari ambientali che il 13 giugno, dopo il successo elettorale di Giuliano Pisapia, hanno dato esito plebiscitario alla volontà di costruire un disegno complessivo per un futuro sostenibile in una città piena di guai ecologici. Si è trattato solo di emotività elettorale? O di una indicazione di volontà popolare che – pur nell’austerità, tra investimenti limitati, insieme ad altre priorità – trova ora un percorso di attuazioni responsabili e un metodo di partecipazione nuovo?
Esemplare la giornata di serie discussioni promosse dal Comitato referendario Milanosimuove a Palazzo Reale il 3 dicembre [1] che ha affrontato un pacchetto di temi diseguali. Alcuni con attuazioni avviate (misure in materia di congestion charge); altre con sinergie importanti con il sistema di impresa e le culture dei consumi (il risparmio energetico); altre con misure regolabili solo nel quadro dei ripensamenti sul PGT e in una raddrizzata progettazione riguardante Expo 2015; altre ancora con progetti di carattere tendenziale che permettano a breve di risolvere situazioni di degrado (la Darsena) e più a lungo di ripensare alla visione della città nella sua storia (la questione della riapertura dei Navigli). Ma, nell’insieme, l’occasione è quella di consentire una visione complessiva della città sostenibile e di mantenere in tensione la consultazione dei cittadini perché senza un processo di responsabilizzazione collettiva (vita, lavoro, mobilità, consumi) non si disegna nessuna green economy, non si modificano infrastrutture e stili di vita.
L’opportunità è esemplare e si colloca in un fronte di esperienza di grandi città nel mondo che su questa materia hanno cambiato politica e classe dirigente. L’agenda ambientale obbliga i sindaci a proporre indirizzi non solo amministrativi ma culturali e comportamentali. Obbliga i tecnici a trovare soluzioni che ribaltino il costo degli interventi in nuove economie e nuove opportunità di lavoro. Obbliga il sistema associativo (aspettando che i partiti ritrovino la strada della mediazione sociale) a una mobilitazione intelligente e non con il frequente integralismo. Obbliga le famiglie a ragionare sul rapporto tra costi e benefici nella gestione del piano di consumi.  La presenza a Palazzo Reale di una volontà dialogante dell’Amministrazione comunale (sulla scia della revoca del PGT e in un quadro di decisioni possibili) – depurata magari da un po’ di ansia di trincea permanente – è un buon segnale per un territorio che parlando di nuova economia pubblica non sceglie solo la strada delle decisioni a porte chiuse. In attesa che anche i media dimostrino che questo percorso non lo si fa solo con le notizie allarmanti ma anche con l’ampliamento della conoscenza.
stefano.rolando@iulm.it