Italia Oggi (de Nolac) 2 gen 2010

Italia Oggi
2 gennaio 2010
Pannella, quando la politica fa 80
 di Pierre de Nolac
 
Nel 2010 che è appena iniziato festeggerà il compleanno numero ottanta: ma Marco Pannella, indomabile leader radicale, non ha alcuna intenzione di andare in pensione. Anzi.Organizza manifestazioni di piazza anche a Capodanno, nella romana piazza della Repubblica (che lui a piace ancora chiamare con la vecchia denominazione di Esedra), con gli immigrati, e calendarizza visite diuturne nei penitenziari, ricordando ogni giorno che solo il passato può dare – a chi vive oggi in Italia – una speranza nel futuro: «Dal partito Radicale, dalla sua storia centenaria, con i Gobetti e gli Einaudi, i Salvemini e i Rosselli, i Silone e gli Sturzo, gli Altiero Spinelli e gli Ernesto Rossi, i Calamandrei e i Pannunzio, dovrà affermarsi una più che credibile, viva alternativa di regime: quella con la forza della sola storica, vivente alterità italiana; radicale».
Un termine, regime, carissimo a Pannella: infatti la rassegna quotidiana dei giornali, seguitissima, in onda dalle sette e mezza del mattino (ma spesso la puntualità non viene rispettata), condotta quasi sempre dal direttore Massimo Bordin, è intitolata «Stampa e regime». C’è chi ancora ricorda le epiche trasmissioni di Lino Jannuzzi, condite da commenti al vetriolo, e poi quelle di Massimo Teodori. E anche, in tempi più recenti, di Daniele Capezzone, che stimava con esattezza i numeri delle battute delle articolesse domenicali firmate dal fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari. Pannella, che cerca il consenso popolare per le sue battaglie, è in realtà un’anima solitaria. Parlare delle sue campagne a favore del divorzio e dell’aborto significa limitare, nel tempo e nello spazio, la sua capacità di orientare l’opinione pubblica e, contemporaneamente, disorientare l’establishment. Fin da piccolo ha avuto una formazione internazionale, anche grazie alla madre Andrée Estachon, alla quale somiglia tantissimo. Istrionico, in grado di indossare l’uniforme di babbo Natale a piazza Navona per poi distribuire nello stesso luogo, a distanza di qualche tempo, quegli stupefacenti che gli sono costati la perdita del diritto dell’elettorato passivo, con l’esclusione dalla corsa per i consigli comunali, provinciali e regionali. Proprio lui, Pannella, che nel corso della sua vita è stato eletto in un ente locale come il comune di Catania, e a Roma ha guidato la municipalità di Ostia, dove ancora ricordano la sua guida sicura (ma troppo breve) di amministratore. In parlamento ha portato di tutto: da Ilona Staller, meglio nota come Cicciolina, a Toni Negri. Ma anche Leonardo Sciascia, scrittore (e non solo) che ha portato nelle aule e nelle commissioni una ventata pulita di intelligenza. Una pattuglia radicale che ha visto protagonista Pannella e deuteragonista Emma Bonino, con le indimenticabili presenze delle scomparse Adele Faccio e Adelaide Aglietta. La morte, se naturale, non ha mai impressionato Pannella: ma altre, come quelle violente di Giorgiana Masi e del generale Enrico Mino (ma pure il suicidio del colonnello Renzo Rocca), lo hanno colpito. Qualche sorpresa forse la regalerà, su Mino: ogni tanto alla radio si fa sfuggire mezze frasi, ma ancora non ha deciso se e quando terminarle. E’ un politico contrario a ogni formalismo, consapevole che ogni rigidità (ovvero ottusità) burocratica uccide la democrazia e annulla di fatto la libertà dell’uomo: tanto che accetterebbe l’elezione alla presidenza della Repubblica, ma solo per dimettersi subito dopo la nomina. Sembra incarnare una bellissima frase di padre David Maria Turoldo: «Soltanto l’incoscienza può permetterci di vivere tranquillamente». L’età avanzata non fa certo paura, né a Pannella né ai suoi amici di lungo corso: prendiamo il caso di Sergio Stanzani, classe 1923, già alto funzionario dell’Iri, capace ancora oggi di prendere parte agli scioperi della fame. Un bolognese doc, mai stanco, che nei suoi discorsi è in grado di inserire almeno un centinaio di «va bene», l’intercalare preferito. Nel 1994 venne eletto al Senato, nel collegio di Verona, nelle file berlusconiane: ha lasciato ancora un segno, nella città, dove tutti ne parlano ancora come di una «brava persona, onesta, il tipo che non si mette in tasca nemmeno un centesimo, un idealista». In quello stesso anno, della pattuglia radicale da portare in parlamento grazie al Cavaliere si fece notare nelle liste anche Elio Vito, in quel di Bollate, e Paolo Vigevano a Saronno.
Già, l’onestà. A Pannella si possono muovere critiche infinite, ma chi è in grado di accusarlo dei classici reati di Tangentopoli? Nessuno. E la popolarità che non smette di mai di conoscere una sosta è la migliore testimonianza di questa trasparenza: appena esce da casa, a due passi da Fontana di Trevi, magari mentre aspetta l’arrivo di un taxi (il suo mezzo di locomozione), c’è sempre chi lo saluta, chiede un autografo, gli stringe lo mano e lo abbraccia. E sulle auto bianche parla di tutto, ricordando benissimo chi lo ha trasportato, anche dopo anni: al Pantheon, tempo fa, ha offerto un caffè a un taxista con il quale fece anni prima una scommessa, parlando di Francesco Rutelli. Popolare: infatti in tv attira tantissimi spettatori, ma chi la dirige lo teme. Troppo libero per poter essere costretto a recitare la parte del figurante, come accade in tanti salotti televisivi, dove si invitano solo i politici che rispettano il copione imposto dal conduttore. Ha trovato posto nella trasmissione di Fabio Fazio solo perché con Stefano Rolando ha pubblicato il libro «Le nostre storie sono i nostri orti, ma anche i nostri ghetti», e grazie ai buoni uffici della Bompiani ha potuto dire la sua sulla rete ora guidata da Antonio Di Bella (e sfoderando pure un nuovo look tricologico). E pensare che mezza Roma trascorreva la notte guardando Teleroma56, quando conduceva le «maratone oratorie», rispondendo a tutti coloro che telefonavano all’emittente. Senza filtri, come ha sempre voluto. La sua voce viene diffusa grazie a un potentissimo strumento mediatico, Radio Radicale, diretta da Massimo Bordin. Le conversazioni della domenica pomeriggio tra Pannella e il giornalista sono diventate un cult: coloro che non amano le partite di calcio (e ce ne sono, in Italia) e le trasmissioni di approfondimento pallonaro trascorrono due ore lietissime ascoltando, oltre ai ragionamenti politici mai scontati, anche i colpi di tosse di entrambi, il rumore (soft) di sigarette aspirate con voluttà, i trilli improvvisi di telefonini pannelliani che il suo utilizzatore finale non riesce quasi mai a spegnere. Quell’emittente che è stata anche “radio parolaccia”, dove migliaia di italiani hanno scatenato i loro istinti vocali peggiori, ma che rappresenta nel migliore dei modi il concetto di libertà caro a Pannella. Uno che prima della politica ha abbracciato il giornalismo scrivendo per Il Giorno, da Parigi, perché l’Italia è sempre stata troppo stretta, per lui. Lo dimostrerà anche nei prossimi ottant’anni di vita.