Intervento alla presentazione del Bilancio sociale di CGIL Lombardia (21nov2011)
Presentazione del
Primo bilancio sociale di CGIL Lombardia
Milano, Circolo della Stampa – Lunedì 21 novembre 2011

Elementi dell’intervento alla tavola rotonda di
Stefano Rolando
Professore di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica
all’Università IULM di Milano
Nel quadro di un momento storico in cui far ripartire la rappresentazione sociale della “verità”
La proposta di un bilancio sociale da parte di CGIL Lombardia è un atto identitario, comunicativo e civile di rilievo. Esso va letto in un percorso di ripensamento strategico che impegna il maggior sindacato italiano in particolare dopo il suo centesimo compleanno, ma va anche letto in relazione al quadro che si va delineando nel paese che potrebbe presentare nei prossimi mesi – pur con il presidio di un governo “competente” – caratteri recessivi e quindi una speciale stagione di “responsabilità sociale” e di nuove forme di dibattito pubblico.
Va detto che in questo documento si colgono ancora molte istanze di “posizionamento” e quindi si delinea un bisogno di sviluppare di più le componenti di “visione” e di “proposta” che lo strumento consente.
Ma è certo un inizio promettente e interessante.
Proprio pensando al tema della fragilità del dibattito pubblico in Italia colgo una prima questione di proiezione nel territorio della responsabilità sociale da parte dei soggetti della rappresentanza.
Pur confermando il carattere primario per definire la condizione di libertà che riguarda il sistema mediatico e dell’informazione, dobbiamo anche guardare con realismo alle censure del mercato dell’informazione per via del naturale ormai trattamento della notizia che esso – e non certo solo in Italia – riserva a processi che non presentano il fatidico tratto del “fare notizia”, per come la intendono appunto i media.
La “responsabilità sociale” corre largamente il rischio di finire nei cestini delle redazioni perché per lo più esula da questo parametro. Ecco allora che imprese, soggetti associativi e sindacali, le stesse istituzioni debbono far rinascere tavoli di dibattito pubblico organizzato secondo lo schema della democrazia partecipativa e creare – nella rete delle relazioni possibili – scambi di qualità attorno alle conoscenze da confrontare (quindi anche conflittualmente, se serve) ma alla fine da condividere, in processi decisionali che richiedono sistemi più bottom up e quindi, appunto, più partecipativi. Pena mantenere le politiche di fronteggiamento della crisi in una pericolosa sospensione tra gli addetti ai lavori. Il territorio è oggi luogo “credibile” per questa rappresentazione perché non si è del tutto consumata la crisi di fiducia nelle istituzioni e perché la riconduzione dei problemi a temi in senso lato di “sostenibilità” rende concreto, visibile, valutabile da parte dei cittadini la creazione di un tavolo di scambio della conoscenza, fondato sulla qualità statistica .Penso per esempio che il rapporto tra prelievo fiscale e priorità della spesa, in una fase storica in cui le forze politiche non hanno quasi voce sulla materia (ed è una necessità storica che la ritrovino), sia un tema centralissimo per dare forza alle istituzioni ma al contempo per obbligarle alla trasparenza attorno alle priorità degli investimenti.
Così come penso che proprio il tema della sostenibilità richieda non politiche di annuncio calate dall’alto ma negoziati tra produttori e consumatori regolati da istituzioni progettuali e accompagnati da programmi di pedagogia sociale (media e scuole) pena l’impossibilità di modificare alcunché nello schema attuali di consumi che erodono ovviamente l’ambiente. Vi è poi un confronto necessario tra percorsi identitari. Ogni soggetto deve oggi valorizzare il suo brand e quindi il suo patrimonio simbolico perché ciò è parte dello scenario di credibilità che assume importanza quando si cerca di creare il teatro del dibattito pubblico. CGIL ha le carte in regola – al di là di varie delegittimazioni che si sono esercitate e al di là di posizioni che talvolta hanno fatto assumere posizioni di contrasto politicamente pregiudiziali – e il Bilancio sociale 2010 lo dimostra ampiamente. Anche qui si tratta di valorizzare un diverso approccio alla comunicazione, non tanto quella di puro prodotto e di puri messaggi per rendersi visibili (politica e impresa spesso non sanno uscire da questa sindrome) ma quella di concorso alla “pubblica utilità” che per tutti – imprese, associazioni, istituzioni – vuol dire agire in forma non sovraordinata ma coordinata al servizio della società e del nesso inscindibile tra solidarietà e sviluppo.
Documentazione dell’evento e intervista video al link
www.bilanciocgil.it