Intervento a conferenza diaspora burundese (Roma,7 maggio 2016)

Conferenza promossa dalla diaspora burundese in Europa e in Canada sulla violenza di Stato in Burundi
Roma, Hotel Pineta Palace, sabato 7 maggio 2016
 
Intervento del prof. Stefano Rolando
Presidente della Associazione Amici di Maison Shalom
 
 
Buongiorno a tutti, saluto e ringrazio chi ha raggiunto Roma da varie parti del mondo in questa occasione che testimonia una evidenza storica di tutte le realtà in cui la perdita della libertà e l’instaurarsi della violenza producono un effetto dirompente: masse di espatriati e di rifugiati che cercano di salvare la vita e, nel vostro caso coraggioso, anche di poter esprimere il diritto alla parola.
Sento qui la responsabilità di essere il solo di parte italiana ad intervenire e cercherò di esprimere un sentimento che – pur nelle difficoltà informative sulla situazione del vostro paese – comincio a sentire diffuso, almeno tra chi segue la realtà internazionale, chi opera nei media, chi ha responsabilità istituzionali in materia di diritti umani.
Vi parlo in rappresentanza di una piccola associazione di volontariato solidale (qui con me c’è anche Georgia Cadenazzi) che da oltre dieci anni cerca, a Milano, di sostenere il grande progetto di Maggy Barankitse legato prima a salvare la vita a migliaia di bambini, poi a costruire educazione, presidio della salute e inserimento al lavoro per tantissimi giovani che hanno subito le violenze della guerra civile in uno straordinario spirito che non è mai stato animato dall’odio ma dal tenace proposito della riconciliazione.
Vi parlo come professore universitario che ha cercato e cerca di interpretare i processi globali legati alle crisi politiche e di violenza prodotta dalle istituzioni, con una impressionante mappa che riguarda tutto il mondo e che ha modificato seriamente la dinamica dei flussi demografici.
Ma vi parlo anche con la coscienza di essere stato per molti anni direttore generale dell’informazione alla presidenza del consiglio dei ministri del governo italiano, esperienza per la quale dico all’ex-portavoce della presidenza della Repubblica del Burundi Leonidas Hatungimana, che ha rotto i rapporti con lo stesso presidente Nkurinziza denunciandone la “rivoluzione criminale”, che credo di sapere cosa significa il suo riferimento, che ha appena fatto, alla difficoltà e all’importanza di svolgere certi ruoli mantenendo coscienza della propria indipendenza morale e di giudizio.
Ecco, non lo rammento mai, ma ci sono occasioni in cui si ha il dovere di farlo, credo di parlarvi soprattutto in nome di un’alta decorazione della Repubblica italiana (quella di cavaliere di Gran Croce, ricevuta dal presidente Ciampi nel 1993) che in certi momenti obbliga a testimoniare i principi dei diritti costituzionali di riferimento, tra cui quelli di riconoscere e denunciare ogni perdita di quegli stessi diritti.
 
Penso innanzi tutto che nessuna parte del mondo sia troppo “lontana” (lontana da dove?) per modificare un giudizio di gravità riguardo a certe drammatiche evidenze. Le conseguenze sul resto del mondo di queste evidenze fanno ormai parte dell’effetto domino noto in età di globalizzazione. L’assassinio, nel settembre del 2009, delle tre anziane religiose italiane (Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian)  che erano in Burundi in una missione di pace e di cristianità da moltissimi anni, solo perché avevano “visto cose che non dovevano vedere”, ha anche aperto una breccia in Italia circa i nessi diretti della situazione. Ma da quei fatti a oggi la situazione si è enormemente aggravata.
E si è anche enormemente aggravata rispetto agli anni della ricostruzione , febbrile e gioiosa, dell’Ospedale Rema connesso al programma di Maison Shalom, un gioiello di efficienza e di modernità, a cui hanno concorso molto gli italiani (penso per esempio al nostro Ospedale Buzzi di Milano, a chi – come la Banca di Treviglio – ha aiutato la formazione di medici e infermieri, in generale al sostegno dato dalla Regione Lombardia). Oggi – mentre Maggy (solo per avere espresso dissenso contro la violenza) è espatriata in Rwanda dovendo abbandonare tutto – quell’ospedale è saccheggiato dalla milizia mercenaria, che vende a pezzi le tecnologie e gli arredi.
Dunque il sogno di cambiamento basato sulla riconciliazione e sui principi della comunità solidale è stato interrotto da un progetto alternativo: quello di una involuzione di una “cricca” che per mantenersi al potere incostituzionalmente (cioè dopo il secondo e ultimo mandato previsto dalla Costituzione) ha costruito una milizia parallela, usando tra l’altro le risorse internazionali (anche europee) che il paese riceve per pagare i soldati burundesi inviati per il peace-keaping in Somalia, che spara a vista su qualunque dissenso.
I dati di questo cambiamento li abbiamo sentiti oggi, nell’intervento dei ricercatori della Scuola Europea di Firenze e nelle testimonianze dei burundesi profughi: 700 persone assassinate accertate, 6000 persone incarcerate, 262.000 rifugiati all’estero.
Il dossier fotografico che qui è stato presentato è di una eloquenza che non lascia dubbi.
La conferenza di denuncia che è stata organizzata dall’on. Castaldo presso il Parlamento europeo nei giorni scorsi (alla quale Maggy è intervenuta e a cui io stesso ho potuto segnalare l’agenda in Italia di eventi importanti per la sensibilità delle istituzioni italiane che ora hanno attuazione) ha chiarito che è proprio in sede europea che vanno trovate soluzioni rapidamente.
La controstoria di quel paese – che non ha finito di scontare la crisi gravissima della guerra civile degli anni ’90 che si è accompagnata a quella del vicino Rwanda, ma in cui ora la questione etnica (tra tutsi e hutu) è assolutamente secondaria rispetto al nodo di brutalità e di potere che si è manifestato – è dunque in atto.
Essa arriva oggi nella Roma, capitale di un paese fondatore della UE, che si regge su una costituzione democratica, in cui ha sede il cuore della cristianità (con un Papa che ha dimostrato altissima sensibilità per queste cause).
Non svelo segreti se vi dico che ieri Maggy (appena reduce da aver ricevuto il Prix Aurora per i diritti umani, grande evento internazionale promosso dalla comunità armena in Armenia) è stata ricevuta in forma diplomaticamente impegnativa – cioè per oltre un’ora – dal viceministro degli Esteri Mario Giro, che ha dimostrato una conoscenza dettagliatissima della situazione e il proposito di trovare appunto in sede europea una via di intervento praticabile per fermare la strada che ora pare inevitabile verso nuove forme di guerra civile.
La Commissione Diritti Umani del Senato della Repubblica italiana si riunisce martedì 10 maggio per volontà del suo presidente il sen. Luigi Manconi, presente anche la presidente del Comitato dei Diritti Umani operante nell’ambito della Commissione Esteri della Camera on. Pia Locatelli, allo scopo di acquisire le informazioni necessarie al sostegno parlamentare per una azione di concerto europeo che l’Italia volesse intraprendere.
 
Quale pare sia il nodo che si presenta circa tali azioni di interdizione o di contrasto internazionale?
Che l’Unione Africana – organizzazione internazionale, comprendente tutti gli stati del continente, salvo il Marocco, che ha sede ad Addis Abeba, e che naturalmente l’Europa riconosce – ha espresso una dottrina di non interferenza estera circa la politica interna degli Stati membri. Ora, pare evidente a tutti che qui non è più questione di “interferenza sugli orientamenti della politica” ma sulle conseguenze di una infrazione documentata ai requisiti rispondenti ai codici sui diritti umani.
Maggy sostiene che basterebbe interrompere il finanziamento ai costi per la missione somala dell’armata burundese per togliere la fonte finanziaria della paga delle milizie mercenarie e obbligare al negoziato.
Non so quale sia la via possibile e praticabile. So che si è avviato qualcosa che punta a non limitarsi alle parole. E’ noto il tema dell’interferenza legittima e illegittima. E vi sono grandi esperti che sanno tracciare qui i confini della praticabilità.
 
Vorrei concludere con un pensiero che risale agli apprendimenti pratici per imparare a guidare.
Quando sei in curva lunga e stretta, mi insegnarono, non mettere gli occhi davanti al naso. Guarda il più lontano possibile e vedrai così che l’automobile sterza correttamente.
Ebbene vorrei provare, con tutti voi, a guardare il più lontano possibile in questa “curva stretta” che stiamo attraversando e vedere qualcosa che appare come un grande messaggio per l’Africa, per l’Europa e per il mondo intero.
Maggy Barankitse, la “maman” nazionale dei burundesi, nuovo presidente della Repubblica.