Il sentimento nazionale di una grande Regione. Il giorno del voto (Europaquotidiano, 24 febbraio 2
Europaquotidiano
Il sentimento nazionale di una grande Regione
24 febbraio 2013
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L’ultimo giorno della campagna elettorale in Lombardia è con neve, ghiaccio e temperatura rigida.
La tournée è in corso – da Milano a Brescia, dal Garda a Bergamo – e va affrontata in queste condizioni.
Ma il pensiero, a un passo dal voto, va anche all’imminente primavera. Quella reale che marzo farà a poco a poco spuntare; e quella simbolica che potrebbe segnalarsi fin da martedì 26 febbraio.
Se Ambrosoli vince in Lombardia si apre, infatti, il più interessante cantiere di trasformazione della politica oggi immaginabile in Italia, partendo da un contesto che ha dimensioni di Stato, rilievo europeo, economia avanzata e alta potenzialità reattiva alla crisi.
Il quadro politico nazionale, pure in evoluzione, appare ancora con elementi irrisolti. La campagna elettorale lascia aperte questioni sui modelli di partito e di coalizione e soprattutto non si è proceduto a riforme significative (partiti, finanziamento, parlamento, elezioni, eccetera) che possano chiarire che il quadro istituzionale in cui si collocherà la vicenda politico-parlamentare nazionale può chiamarsi, a partire dal 26 febbraio, “terza Repubblica”.
Non è solo un problema di formule. E’ anche in gioco il quadro delle regole della transizione e della scelta – altamente simbolica di quel tema che sul “Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia torna a definire come il “sentimento della Nazione” – che investirà per un nuovo settennato la figura del Capo dello Stato.
In Lombardia si profilano alcuni elementi interessanti:
· Il premio di maggioranza assicura comunque stabilità alla coalizione vincente;
· Il successo del centrosinistra, ove confermato, esprimerebbe un “patto civico” che avrebbe forte carattere di integrazione tra professionismo e valorialità della politica;
· Il regolamento di conti con il centro-destra italiano e “all’italiana” (berlusconiano e leghista, dunque, non liberale all’europea) si completa (ovvero si completerebbe con il successo di Ambrosoli) in modo irreversibile, perché il Cavaliere finirebbe sconfitto in casa sua per la seconda volta (dopo Pisapia) e alla Lega mancherebbe letteralmente la terra sotto ai piedi;
· il gruppo dirigente che uscirebbe dai risultati elettorali sarebbe la risposta della rivoluzione generazionale che il Paese non è ancora in grado di promuovere nettamente;
· la proiezione progettuale della Lombardia verrebbe caratterizzata da nuovo europeismo, capace di rilanciare il rapporto con le autonomie e capace di mettere le condizioni dello sviluppo nel rapporto tra fondi comunitari, sistema di impresa e rete della ricerca e dell’innovazione;
· la coesione – che la coalizione del centrosinistra impersona – tra istanze politiche, civili, sindacali e di impresa (questa è stata la cifra di una campagna senza risse e fratture) pone basi per tavoli di orientamento del superamento delle crisi del mercato del lavoro che, pur con sofferenze e irrisolti, chiedono risposte senza demagogia e con unità di intenti;
· la riconciliazione tra centrosinistra e ceti produttivi del nord potrebbe concretamente avviarsi, perché la costruzione del consenso intorno alla candidatura di Ambrosoli è passata attraverso una disponibilità all’ascolto delle istanze di migliaia di piccoli e medi imprenditori, artigiani, commercianti, partite Iva, ossia di quel mondo variegato e dinamico ma in difficoltà che in passato aveva costituito l’inscalfibile base elettorale del centrodestra, e che ha scoperto un centrosinistra attento, concreto, capace di saldare i propri tradizionali traguardi legati al lavoro con un obiettivo immediato e pragmatico: dare una mano a quel tessuto produttivo;
· il fronte regionale italiano riceverebbe, con dimostrazione di dedizione e di spirito di servizio ai cittadini e alle imprese, una forte stimolazione a recuperare quella reputazione perduta che sta minando la stessa tenuta del rapporto istituzioni-società lasciando ormai sempre più soli i Comuni e schiacciando le Regioni sulla crisi delle istituzioni centrali;
· il PD, primo partito dell’Assemblea regionale, si troverebbe nella condizione di dimostrare che, superando sconfittismo ed errori e appoggiando senza arroganza la ricomposizione di una politica riformatrice al plurale, è in condizione di offrire affidabilità alla Lombardia operosa, disposta al cambiamento a condizione di vedere – nella filiera amministrativa che i 1540 Comuni della Lombardia mettono in evidenza – la responsabilità pragmatica di mettere la comunità prima degli interessi di partito (cosa che Bersani dice ma che, da qualche parte, va dimostrata esemplarmente).
L’elenco delle condizioni di possibile novità potrebbe continuare. E potrebbe misurarsi con l’elenco – fatto altre volte – delle cose incompiute, lasciate a metà, magari anche non tentate, di uno schieramento politico che negli ultimi venti anni ha vissuto in modo tormentato il suo approccio alla cultura di governo. Se Umberto Ambrosoli sarà designato dalle urne della Lombardia vorrà dire che quella società ha spostato su di lui la quota necessaria di consensi che non c’è stata per 18 anni, dimostrando che il cambiamento è necessario non solo alla politica. Un’alta responsabilità. Una responsabilità da leggere come il sentimento nazionale di una grande regione.