Il Nobel per la pace a Internet? – Un’opinione per Technology Review

Per Technology Review
Il Nobel della Pace a Internet e Negroponte?
 
 

 
Alessandro Ovi e Gian Piero Jacobelli hanno avanzato, sulla rivista Technology Review che dirigono, una proposta di Nobel per la pace a Internet e al suo “profeta” Nicholas Negroponte, sollecitando alcune opinioni al riguardo.
 
La proposta è senza dubbio affascinate sotto il profilo della provocazione e in qualche senso mutua la celebre copertina del Time sul personaggio dell’anno 2007 che riproduceva un iMac con schermo a specchio che rifletteva il volto del lettore e la scritta “TU”. Dunque vorrei assecondare ciò che, attraverso la circolazione e il dibattito, questa sollecitazione può produrre  in termini di nuovo perimetro culturale e percettivo di internet che credo stia maturando quindici anni dopo la mondializzazione del suo essere disponibile ad utenti civili.
Ricordo proprio in quegli anni di avere presentato a Milano, insieme a Piero Bassetti, Negroponte e il suo libro in cui si affermava che Messico e Germania avrebbero avuto sorti rovesciate a quelle a cui l’economia “materiale” attualmente li vincola. Da questo punto di vista la proposta che discutiamo ha profilo analogo alla determinazione che nel 2006 ha portato il Nobel per la pace a Muhammad Yunus, “il banchiere dei poveri”. Quindi fari accesi sul “salto di qualità” che ancora serve per accelerare i processi di penetrazione, fruizione e alfabetizzazione perché le ragioni dei più deboli siano comprese nei linguaggi innovativi della comunicazione.
Detto ciò sia consentita anche qualche valutazione a mente fredda. Internet come “strumento per la pace” ha un profilo comprensibile, quello accennato. Ma ha anche elementi che una “giuria competente” non potrebbe non prendere in considerazione. Innanzitutto internet è una superficie comunicativa e relazionale (noi lo definiamo ambiente), che replica per via digitale dinamiche sociali, a volte generandone di nuove, influendo in questo modo sui comportamenti e sulle azioni reali o virtuali delle persone.  E questo a prescindere dal fatto che esse siano pro e contro la pace.
In secondo luogo il “Nobel per la pace” presenta caratteri che dovrebbero rientrare in quella categoria di azioni uniche e irripetibili che si contraddistinguono per la rilevanza e l’importanza dell’azione, ma anche per la concreta efficacia sui processi di pace. Questa, tra l’altro, è stata una delle critiche più energiche alla decisione di assegnare il Nobel per la pace al Presidente Barack Obama a pochi mesi dall’insediamento alla Casa Bianca e a capo delle forze armate di un paese in stato di guerra.
In terzo luogo si dovrebbe ragionare a fondo sulla natura stessa del concetto di pace: che tra le tante definizioni va intesa soprattutto come conquista sociale, politica e culturale da presidiare e mantenere viva attraverso azioni educative, civiche ed etiche proattive e dirette, sui popoli e le persone del pianeta. Qui la proposta meriterebbe un corredo specifico di argomentazioni.
Da ultimo approfitto della “candidatura virtuale” (virtuale perché, come è noto, non si può “candidare” niente e nessuno al Nobel per la pace, perché la Commissione di Oslo è irricevibile altro che per le risposte alle sue stesse attivazioni di indagini) per segnalare che Fondazione Università IULM ha da tre anni il “suo” candidato al Nobel per la Pace (mettiamoci d’accordo, insomma, sulle priorità!!) avendo accolto il progetto di comunicazione sociale in Italia di una straordinaria donna che vive in un piccolo villaggio del Burundi dove ha salvato diecimila bambini da morte sicura portando avanti giorno dopo giorno la battaglia di rientro di questi bambini nella società assicurando a quella comunità un ospedale moderno che lotta contro ogni insidia per non fare morire partorienti e curare la comunità.  Con la propria testimonianza questa donna sta, lentamente e con enormi difficoltà, modificando le radici culturali del proprio paese affinché i figli dei bambini che ha salvato possano vivere in una realtà più sicura e pacifica. Questa donna si chiama Marguerite “Maggy” Barankitse. E anche lei è presente su internet al sito è www.maisonshalom.net e su internet passa una parte importantissima della solidarietà internazionale di cui ha bisogno.
 
Stefano Rolando
Segretario generale di Fondazione Università IULM, Milano