Il mio viaggio nel secolo cattivo

Duecento risposte a Stefano Rolando

di Maria Luigia Nitti Baldini detta Pimpa
(figlia di Nullo Baldini e nuora di Francesco Saverio Nitti)

Bompiani

AUTORE: Maria Luigi Nitti Baldini con  Stefano Rolando
EDITORE: BOMPIANI
COLLANA: TASCABILI SAGGI
PAGINE: 144
PREZZO: 10,50 Euro
ANNO DI PRIMA EDIZIONE: 2008
ISBN: 45262029

IL LIBRO
Ho una certa curiosità riguardo alla vita degli altri. Ognuno vede la vita di un altro in modo così differente, che raccontare una storia a tutti è come raccontarla a ciascuno, assecondando ogni specifica e distinta interpretazione. Consegno così queste, in fondo poche, considerazioni della memoria, con il sentimento di mantenere il mio dialogo con le persone che mi sono state a lungo vicine. E con cui magari non sono riuscita ad andare così a fondo su varie vicende. Magari un dialogo un po’ pirandelliano. Ma così è fatta la nostra cultura.“
Maria Luigia Nitti Baldini, detta “Pimpa”, voce nitida di una memoria storica che riguarda da vicino l’identità italiana. Esule antifascista a Parigi, negli anni Cinquanta e Sessanta è stata tra le animatrici dell’Unione Donne Italiane e ha partecipato attivamente alla vita civile del paese. Una vita arricchita e motivata dalle sue frequentazioni famigliari: Nullo Baldini, il padre, deputato socialista e fondatore della cooperazione italiana; Francesco Saverio Nitti, il suocero, presidente del Consiglio dei ministri nel 1919 ed eminente figura della storia italiana tra i due secoli; Giuseppe Nitti, il marito, deputato liberale alla Costituente; oltre ai protagonisti dell’antifascismo italiano in Francia come Treves, Modigliani, Sturzo, la famiglia Nenni e molti altri. Si è formata nella cultura del socialismo riformista della cooperazione romagnola e resta ancora dell’idea che “solo attraverso il riformismo e non con la violenza si possa migliorare il mondo”. Oggi, a novantasette anni, vivacissima, informata, con una memoria dettagliata, ripercorre in conversazione con Stefano Rolando l’intero secolo, ricostruendo storie di famiglia tra dolori e speranze della generazione che ha più contribuito a creare in Italia le condizioni della libertà e dei diritti costituzionali. Un libro che dà voce alla memoria pubblica e privata e costituisce lo spaccato intimo di una complessa famiglia liberaldemocratica – la famiglia Nitti – tra l’esilio, il ritorno in Italia, Roma e la natia terra lucana.

Maria Luigia Nitti Baldini, nata a Ravenna nel 1911, si laurea in Giurisprudenza all’Università di Bologna. Per sfuggire al regime fascista si trasferisce a Parigi, dove si laurea in Lettere frequentando poi la prestigiosa Ecole des Chartes della Sorbona. Nel dopoguerra è animatrice nelle file socialiste dell’UDI e consigliere comunale a Ravenna come indipendente di sinistra. Conosciuta come “Pimpa”, da più di cinquant’anni vive tra Roma e Godo nel ravennate.
Stefano Rolando, nato a Milano nel 1948, è professore di ruolo alla Università Iulm di Milano. Vive da molti anni tra Milano e Roma. Ha avuto responsabilità in istituzioni e grandi aziende. Alcune ancora perduranti.Tra gli altri attuali impegni è presidente del comitato scientifico della costituenda Fondazione “Francesco Saverio Nitti”. Ha scritto nel 2008, sempre per Bompiani, Quarantotto. Argomenti per un bilancio generazionale.

Commenti
 
La Gazzetta di Parma, 17 dicembre 2008
Lo scaffale
 
Maria Luigia Nitti Baldini con Stefano Rolando - Il mio viaggio nel secolo cattivo – Bompiani, pagine 133, 10,50€.
 
Il ‘900 e i suo ricco sottosuolo. Pimpa, animatrice dell’Udi, esule antifascista, riformista e orgogliosamente romagnola, racconta il secolo breve e cattivo appena finito. In modo brillante, in un dialogo per niente ingessato in inutili formalismi. Racconta l’altra parte della politica italiana, quella che gli storici cominciano a intravedere quando i fatti sono lontani e immobili. Una testimonianza molto diretta e simpatica per la sincerità alla quale si affida Pimpa, come pochi possono permettere a sé stessi.

 

ANSA – MARIA LUIGIA BALDINI NITTI, DOMANI 98 ANNI E LIBRO MEMORIE
 
(ANSA) – ROMA, 9 MAR – Compie domani 98 anni Maria Luigia Baldini Nitti, figlia di Nullo Baldini, fondatore della cooperazione riformista italiana, e nuora di Francesco Saverio Nitti, tuttora presidente onorario della Fondazione Nitti e nota nel sindacato e nella cooperazione italiana come ‘la Pimpa’. Nata a Ravenna il 10 marzo 1911, due lauree tra Italia e Francia e diplomata all’Ecole des Chartes a Parigi, fu esule per venti anni in Francia al tempo del fascismo, partecipando poi attivamente alla politica italiana dal dopoguerra e al movimento delle pari opportunità come dirigente nazionale dell’Udi. Memoria lucida e ironica del nostro Novecento Maria Luigia Nitti Baldini vive a Roma e ha pubblicato di recente Il mio viaggio nel secolo cattivo, rispondendo a duecento domande di Stefano Rolando (edito nei tascabili Bompiani).
Quando ero giovane lessi le parole che Andrea Costa (che aveva formato politicamente mio padre) aveva scritto di fronte al nuovo secolo che arrivava, appunto il Novecento – si legge a conclusione del volume – si augurava alla fine un mondo davvero migliore. Io, un secolo dopo, credo che quel mondo migliore non ci sia stato. Non è vero che la società è cattiva e rende cattivi gli uomini. Sono gli uomini ad avere una natura fondamentalmente invidiosi che li rende alla fine cattivi“.
(ANSA).

Recensione di Luigi Mascilli Migliorini
Il Sole 24 ore – supplemento culturale – domenica 29 marzo 2009

La “Pimpa” ha scritto di suo pugno una bella dedica alla Basilicata che ha reso nota al momento in cui si è costituita la Fondazione “Francesco Saverio Nitti” e che ha chiesto di rendere pubblica per spiegare meglio il significato di alcune pagine del libvro “Il mio viaggio nel secolo cattivo“.
 


Una dedica alla Basilicata
Maria Luigia Baldini Nitti
 
A fine 2009 quando l’assemblea dei Soci istituzionali ha unanimemente indicato in Maria Luigia Baldini Nitti la presidente onoraria della Fondazione Nitti, appresa la notizia la nuora di Francesco Saverio Nitti (e figlia di Nullo Baldini), classe 1911, ha scritto di suo pugno questo testo.
 
Vi ringrazio per avermi attribuito la presidenza onoraria. Replico con un pensiero e una dedica. Ne avevo fatto cenno a Melfi, quando venni al Centro culturale Nitti per presentare le mie risposte alle intelligenti domande del professor Stefano Rolando, raccolte in un piccolo libro.
La dedica è alla Basilicata. Essa fu nella mia infanzia una terra mitica, di sogno. Questo perché a scuola, nelle elementari, mentre mi insegnavano i nomi delle regioni d’Italia, mi fu detto che questa regione si chiamava così per essere stata governata da re, quindi da Basilei. E io che ero una bambina solitaria, ricca di fantasia, su questo strano nome fantasticai a lungo. Rivestivo quei re non con il solito mantello rosso bordato di ermellino, così come erano di solito raffigurati i re nelle immagini di libri di favole, mio cibo quotidiano, ma di lunghe tuniche simili alla tunica indossata dall’imperatore Giustiniano nei mosaici della mia città natale, ma ancora più fastose della sua tunica pur fastosa, poiché la ricoprivo di pietre preziose e in testa ponevo loro delle mitrie ugualmente tempestate di gemme; mentre dalle orecchie facevo pendere grappoli di perle a similitudine dei grappoli di perle che scendevano sulle spalle dell’imperatrice Teodora.
Venni nella Basilicata convinta di andare nel regno delle pietre.
Lucania pietrosa come la pietrosa Itaca di Ulisse. Fui accolta dal verde cupo delle querce sui monti alti più di mille metri, verde che andava digradando fino a divenire un tenero verde che terminava in un mare azzurro come io non avevo mai visto. Per me che sono nata “sulla marina dove il Po discende” il mare era il “libero, verde, amaro, triste Adriatico”  del verso di D’Annunzio. E il mio Adriatico, messo a confronto con quell’incredibile mare blu, ci faceva una ben triste figura. Questa natura selvaggia e dolce mi conquistò all’istante. Ma più mi conquistò la gente tra cui mi trovai a vivere. Vi era in tutti loro una istintiva cortesia, una innata nobiltà.. Erano persone umili, ma in realtà erano tanti gentiluomini e tante gentildonne.
A testimonianza di queste mie parole, un ricordo. In barca, remando, con mio marito andammo da Acquafredda a Palinuro. Arenata la barca, davanti a noi si apriva un’enorme grotta trasformata in osteria. Accaldati, la prospettiva di una bevanda fresca ci allettò. Ed entrammo. La grotta-osteria era gremita di soli uomini, nel mio ricordo tutti vestiti di nero. Seduta su una panca, davanti al tavolo di legno nudo, non provavo nessun piacere per la bevanda fresca, tanto mi sentivo a disagio di essere la sola donna in quel mondo tutto maschile. Ed ecco da quel mondo uscì un vecchio, piccolo e reso ancor più piccolo dalla schiena curva per l’età, cotto dal sole, prosciugato dalla salsedine. Venne verso di me, che preoccupata temevo una villania, e in silenzio mi porse un fiore per ritornare subito a confondersi in quella macchia nera. Voleva dirmi che ero benvenuta tra loro? Io l’intesi così e quel fiore offertomi in silenzio è uno dei bei ricordi della mia vita.
I giorni che trascorsi in Basilicata furono i giorni dei mio Sangri-là. Ore serene passate a leggere sotto i fichi d’India di cui ero tanto golosa, lunghe nottate in quell’incredibile mare azzurro, ore e ore trascorse in canoa a remare tra le grotticelle di quella magnifica scogliera che conoscevo palmo per palmo. Ore di luce in una vita che ha sovente conosciuto le ore buie della tempesta.
Di queste ore serene, che mi hai dato, ti ringrazio cara Basilicata, antica terra dei mitici re.

La giornata di Natale del 2009 è trascorsa a casa di Maria Luigia Baldini Nitti, in ripresa di salute dopo un recente ricovero, ed è stata occasione per conversazioni che si sono trasformate in una sorta di capitolo aggiuntivo del libro. Ecco la nota.

 

Pagina di diario. Natale con la Pimpa (e con i padri della Patria)
Venerdì 25 dicembre 2009
 
Due anni, nella tarda età, possono fare una grande differenza. Nel caso della Pimpa – al secolo Maria Luigia Baldini Nitti, classe 1911, figlia di Nullo Baldini e nuora di Francesco Saverio Nitti – questi due ultimi anni hanno naturalmente un po’ inciso sulle condizioni generali ma, sostanzialmente più sulla deambulazione che sul resto. Certamente né sulla lucidità né sulla memoria. Così che, rispetto al periodo del nostro colloquio divenuto libro (Il mio viaggio nel secolo cattivo, Bompiani 2008), questo Natale offre delle occasioni di dialogo come è sempre stato in questi anni. Un cenno su un argomento, il suo andare rapido nei ripostigli dei ricordi e raccontare –  sempre con una morale, quasi sempre allusiva rispetto al presente – storie legate alla grande politica vista da vicino, personalità nei loro risvolti umani, messi a prova negli anni difficili. E, di solito, finalino mordace, con battute che si sciolgono in una grande risata.
Eccoci dunque nella sua cucina, un quadratino di modernariato, caldo e vaporoso (la sua cameretta, che una volta era quella di servizio, a lato) cioè a forno spesso acceso per tenere al caldo il suo angolo di casa in cui vive, al di là di salotti, studi e camere da letto ormai poco utilizzate, attorno al tavolo di marmo di un metro quadro, condividendo un cappone ripieno di castagne che ha impegnato Patrizia per qualche ora, a cui io ho aggiunto – cercato apposta per la Pimpa – un Sangiovese toscaneggiante mentre Edouard ha aggiunto un Montblanc di panna freschissima.
 
 
 
Opto per un regalino semplice ma a lei certamente gradito. Il fascicolo monografico di Mondoperaio interamente dedicato a Pietro Nenni – fondatore della rivista – in occasione del trentennale della morte. Lo riceve con un sorriso di antica complicità e al mio farle notare alcune foto inedite mi rimanda al cassetto dello scrittoio in salotto – che fu di Francesco Saverio Nitti – in cui sono riposte alcune foto che non erano emerse nella realizzazione del libro. A quella con Nenni lei voleva riferirsi e, insieme, recupero anche le due con Giuseppe Saragat al Quirinale, con il dispiacere di non averle incluse nel selezionato materiale fotografico che interseca il nostro dialogo nel libro edito da Bompiani. Mentre frugo e faccio emergere dall’ordine appena appena polveroso del cassetto questi materiali, la Pimpa è già con gli occhi a cinque centimetri dal testo. E non mi rivolge la parola fino a che non ha finito di leggere la rievocazione romagnolesca del rapporto tra Nenni e Mussolini mirabilmente scritta in quelle pagine da Sergio Zavoli.
E’ la ragione – dice l’antifascista ravennate messa in carcere dai mussoliniani e poi liberata dallo stesso Mussolini – per la quale ho grandissima simpatia per Alessandra Mussolini, che mi ricorda la foga di sua nonna Rachele quando si trovò di fronte la Petacci agghindata di tutto punto e strappandole di dosso alcune vesti le urlò: “Non mi fanno impressione gli stracci di una puttana”.
Riemerge della lettura e dai ricordi e prende in mano la fotografia con Nenni.
 
Trovo ancora oggi bella la sua espressione – dice - siamo agli inizi del centro-sinistra, lui era vice-presidente del Consiglio, io poco più che cinquantenne, gli sto dicendo qualcosa fittamente, che ora non ricordo ma che lui dimostra di rimandare a una memoria gradita.
E poi chiedendo di lasciarla un po’ leggere ancora: Non potevi farmi regalo più gradito. Nel libro ho ricordato di Nenni varie cose, dell’esilio, delle storie di carceri. Ma non ti ho detto di un viaggio in Sicilia fatto insieme per la campagna elettorale del PSI, in cui – a me che gli rappresentavo la memoria degli anni di Parigi e della vicenda di sua figlia Vittoria che non tornò più dai campi di concentramento nazisti - mi disse ancora in modo disperato: “Non mi toglierò mai il cruccio di sentirmi colpevole di essere stato alla fine il carnefice di mia figlia. Perché quando i tedeschi portarono via Vittoria in cuor mio sapevo, anzi ero sicuro, che se avessi fatto sapere la cosa a Mussolini, lui si sarebbe adoperato per farla liberare. Qualche amico mi pressò per questo. Ma la storia era andata in tale modo che ogni passo in questo senso era intollerabile per il mio orgoglio”.
 
E’ il turno sul tavolo della foto con Saragat, allora presidente della Repubblica che la ritrae al Quirinale insieme al presidente allora della provincia di Ravenna Giuseppe Gambi.
 
 
Sarà stato il 1965, forse il ’66, Saragat era al Quirinale dal ’64, gli portammo un libro scritto su mio padre, con più autori, e lui ebbe parole affettuose per la memoria di Nullo Baldini. Con noi una folta delegazione ravennate con a capo il presidente della provincia il socialista Giuseppe Gambi. Un socialista per bene, rispettato, che era stato maestro elementare.
 
 
Ora tra Saragat e Baldini forse c’erano nell’esilio rapporti più stretti che con Nenni perché mio padre non gli perdonava l’accordo con i comunisti, ritenendo che Livorno fosse stato il peggiore errore. Era sempre equanime nei giudizi ma non riguardo ai comunisti dove era acerrimo. In Francia mio padre era stato mandato dall’Umanitaria di Milano a salvare le sorti di una grande cooperativa di lavoro nelle infrastrutture ferroviarie che era in condizioni fallimentari. Mio padre la riportò in utile e a un certo punto fece nominare Saragat in una banca connessa che però perse i suoi soldi in un investimento sbagliato in una impresa di aviazione. Saragat non avvertì mio padre della situazione e ciò causò un danno forte per la cooperativa. Che tuttavia alla fine distribuì a tutti i lavoratori quote di utile. Onesto e testardo, era mio padre, come la sottoscritta. Se non era d’accordo, né Dio né il Diavolo potevano convincerlo.  
 
Sull’onda degli italiani emigrati in Francia tra le due guerre la conversazione riguarda alcuni pregiudizi nei rapporti transalpini. Per molti e per anni anche riguardanti il vino e i formaggi. La Pimpa riprende le storie dei cooperatori. 
 
Per lavorare sulle strade ferrate francesi mio padre aveva messo insieme una carovana di una settantina di lavoratori italiani che giravano con roulottes e ogni strumento di autosufficienza. Ma arrivavano nei villaggi francesi in epoca in cui per gli italiani non c’era grande considerazione. Anzi diciamo pure che c’era razzismo. Un giorno uno di loro – un veneto – in un piccolo paese si presenta al bistrot in piazza e ordina, come era costume in Francia, “un blanc”. Gli viene servito un bicchiere e il veneto si ribella. Non ho detto un bicchiere, ne voglio un litro. E lo scola tutto di un fiato. Divenne l’eroe del villaggio, che rese lì popolari e simpatici gli italiani.
 
Eccola, insomma, la Pimpa che si avvia ai suoi 99 anni. Nel pomeriggio la lettura della rivista su Nenni cede il passo a un testo più corposo, stampato a corpo piccolo, che contiene – in francese – diari e pensieri (Memoires) di una vita di Georges Simenon. E’ già a metà percorso, lettura avida e divertita.
 
 
 
Trovo nelle carte anche due foto di Nitti. Una finalmente decente, lui che non essendo propriamente statuario, in epoca non di grande mediatizzazione della politica, è rappresentato spesso in modo tale da rendere più comprensibili le furie ingiuriose di D’Annunzio nei suoi confronti. Questa è accettabile e la utilizzeremo nel lavoro della Fondazione.
 
 
Sono foto che mi vengono da Giuseppe – osserva –  che per la verità non aveva tante cose di suo padre. Anche questa, dove Nitti è con i figli Giuseppe e, più piccolo, il papà di Pouki e Patrizia, Federico. E dall’altra parte il suo storico segretario particolare il commendator Giuseppe Magno.
 
Le cose nei due cassetti dello scrittoio sono ben custodite. Una scelta di carte e ricordi che ruotano attorno alla famiglia dell’antifascismo italiano emigrato a Parigi tra le due guerre ma anche attorno all’eroica stagione della cooperazione italiana. Saranno oggetto di una rivisitazione.
 
Accanto allo scrittoio una delle biblioteche di casa più selezionata, quella dei testi d’epoca. Ma sopra, impilati in vista nella loro irregolarità, alcuni libri che suonano come sintesi di una vita e delle sue stesse memorie. Nullo Baldini Memorie e altri scritti, poi Nullo Baldini nella storia della cooperazione, ancora i rapporti tra Baldini e Andrea Costa, il Nitti del Barbagallo, due libri sull’epica degli scariolanti romagnoli nella bonifica di Ostia antica gestita da Baldini (uno di Liliana Madeo e l’altro Pane e lavoro edito da Marsilio), un libro su Gaetano Zirardini, i Sonetti romagnoli di Guerrini, la Romagna e Garibaldi e infine il Sei condanne e due evasioni di Sandro Pertini con la seguente dedica: