Il libro con la Pimpa. Un tassellino in più, tre anni dopo.
Una visita breve e un tassellino del libro-colloquio con la Pimpa che prosegue anche se fuori dalle pagine a stampa.
Roma, 19 luglio 2011
Montegrimano
Con la Pimpa ogni incontro costituisce un tassello in più al libro-colloquio di tre anni fa.
Ogni volta con l’entusiasmo (mio e forse anche suo) per la lucidità, la chiarezza, la testualità dei suoi ricordi. Ma anche con il piccolo dispiacere che il tassello sia stato scordato nella lunga registrazione che ha prodotto il libro.
Dimostrando tuttavia che quel libro vive nel tempo, perché è sempre alimentato.
Sentite questa.
Breve passaggio da Roma per una riunione al pomeriggio al Formez e così, rientrando in centro da Montesacro dove il Formez si è integralmente trasferito, mi trovo Villa Torlonia a sinistra scorrendo la Nomentana e, con una piccola infrazione, giro verso via di Villa Ricotti per rendere una visitina.
Più minuta, un poco più fragile, ma uguale a se stessa. Vigile, curata, seduta al tavolo di marmo della cucina, con due tomi di Simenon davanti, uno in lettura, l’altro in attesa.
Vorrei raccontarle della performance musicale al Conservatorio a Milano in suo omaggio. Dirle dell’applauso affettuoso del pubblico. Dirle la parola “patriota” per la quale il maestro Gualtieri ha fatto intonare l’inno di Mameli ai ragazzi del coro del Conservatorio alla fine della breve recita.
E lei dice: “Questa parola l’ho riscoperta io stessa, per me stessa, anche di recente. Ti dirò, l’ultima occasione è stata quella di un sentimento di sdegno irrefrenabile il giorno che il presidente del consiglio del mio paese si è abbassato a baciare la mano di Gheddafi, capo di uno staterello africano non democratico. Un disgusto”.
Certo, Pimpa, che tu sei indomita…
Carattere. Ti ho mai raccontato della vacanza a Montegrimano, vicino a San Marino, nell’estate del 1915, quando avevo quattro anni? Beh, ci andammo con mio papà e mia mamma, non con mia sorella Italia, più grande, che era in vacanza da parenti. Accolti dal sindaco del paese Domenico Montanari, con sua moglie Irene. Gentili, piccoli e grassottelli tutti e due. Papà era deputato socialista e il sindaco era socialista. Era stato prenotato un alloggio per noi. Ma arrivando lì la stanza non era pronta. Così che il Montanari si sentì in dovere di cederci la propria stanza da letto, in casa, per sistemarci almeno per la prima notte. Non do dove andarono a dormire loro. Un grande letto e accanto un letto per me. Ma non il piccolo lettino a cui ero abituata. Ma un lettone grande, quasi matrimoniale. Piantai un capriccio incredibile. Strillavo e mi rotolavo per terra. Come facevo quando volevo far capire il mio disaccordo. Di fronte ai miei argomenti, alla fine, mio papà si spazientì e partì una sculacciata.
Hai aumentato strilli e capricci, immagino…
Neanche per sogno. Ho smesso subito di gridare. Mi sono alzata in piedi su quel letto, ho puntato un dito contro mio padre e gli ho detto: “Tu non sei un vero socialista. Perché la zia mi ha detto che un socialista è uno che vuole che i ricchi non siano cattivi con i poveri e che i forti non siano cattivi con i deboli. E tu, che sei grande e grosso, te la prendi con una bambina di quattro anni!”…
Accidenti…
Già. Rimase molto colpito. E mi disse: “Hai ragione tu, bambina mia. Ti prego di scusarmi e di accettare un mio bacio. Poi dormirai nel letto con noi”. Il giorno dopo la stanza prenotata era pronta e ci si doveva trasferire lì. Ripiantai un altro capriccio con i fiocchi, gridando e rotolandomi per terra. Ero così contenta dell’accomodamento dai Montanari che non volevo andare via. E lì mio padre, per farmi ragionare, disse: “Questa bambina ha un carattere che va compreso, perché una cosa è certa, non accetta e non accetterà imposizioni da nessuno”. E così, serenamente, ci trasferimmo nell’alloggio affittato.
Le prende una piccola tosse convulsiva. Le offro un bicchiere d’acqua.
No, non è tosse vera. Che ho da sempre, tanto che mi prendevano pere tisica. E’ per questo che leggo Simenon, che racconta sempre i suoi guai. Così ho scoperto che anche lui aveva, come me, un ernia iatale, che produce questa strana tosse. Passa. Ma l’acqua non serve.
PS – Per l’ernia iatale sono dovuto andare su Google: L’ ernia iatale è causata dal passaggio di una porzione dello stomaco dall’addome al torace attraverso un foro del diaframma. Questo foro è chiamato iato diaframmatico esofageo, proprio perché in condizioni normali consente il passaggio dell’esofago attraverso il diaframma. In caso di ernia iatale una parte più o meno consistente dello stomaco risale attraverso questa apertura causando i sintomi tipici della malattia. L’ernia iatale è una patologia piuttosto diffusa dato che colpisce in media circa il 15% degli italiani.