Guglielmo Trillo (9 gennaio 2011)

Devo riandare all’inizio degli anni ’70, alla decisione di trasferirmi – ancora studente universitario – da Milano a Roma e di cercare lavoro per sostenermi. Giorgio Pacifici, allora alla direzione RP della IBM, mi indirizzò ad un suo amico, che dirigeva le relazioni esterne di uno dei più forti comparti dell’industria pubblica italiana, la Finsider del gruppo IRI. Quella direzione occupava il piano terra di un palazzone a Castro Pretorio, stanza dopo stanza ci stavano tanti che poi divennero amici e colleghi, come Luigi Ceccarelli o  Carletto Siciliani,  mentre  Dario Faggioni, Giovanbattista Ansaldo o Luciano Rebuffo frequentavano gli uffici proveniendo da Milano o da Genova. Nell’ultima stanza, Guglielmo. Pacato, signore, ironico, incuriosito.

Mi affidò due articoli per Rivista Finsider, allora molto ben pagati. Grazie al primo fui spedito a Parigi, all’inaugurazione del Museo Beaubourg, tutto acciaio, per un’intervista a Renzo Piano, che si rivelò la prima data ad un italiano su quella spettacolare e provocatoria costruzione, una sorta di nuova Tour Eiffel nello scenario del più tradizionale quartiere di Parigi. Per contro il secondo articolo comportava un ben più mesto impegno: parlare del centro delle pre-lavorazioni siderurgiche del gruppo a Paderno Dugnano. Trattai gli obiettivi con pari entusiasmo e mi conquistai un estimatore. Anzi un amico, che tale fu poi per tutta la vita. Con dentro la vita e il lavoro, gli affetti e le speranze, i sentimenti civili ascendenti e quelli infangati, una certa idea dell’Italia e degli anni ‘70 e ’80. Socialista, sampdoriano, fumatore, onesto, generoso, pigro, diplomatico, coerente. Trovò alla fine in Margherita una roccia affettiva, un contesto di concretezze e di stabilità. A poco a poco il figlio Dido, trovando il suo spazio nel mondo della regia cinematografica e televisiva, divenne non più una preoccupazione ma un fattore di fiducia.
Fece la professione delle PR e della comunicazione di impresa – negli anni in cui era possibile sviluppare esperienze maiuscole – attraversando tutte le esperienze possibili nel settore pubblico: Italsider, Finsider, Eni, Sme, Ministero delle Partecipazioni Statali, affiancato da Gianni Patriarca. Fu sempre fedele a Gianni De Michelis, condividendone la buona e la cattiva sorte. Capendone le debolezze e ammirandone l’intelligenza e anche i coraggi. Ha presieduto a lungo e con eleganza la FERPI, la Federazione italiana delle relazioni pubbliche.  E’ stato l’esempio dei tantissimi socialisti per bene a cui è stata sottratta una casa, una storia, per molti anni anche una legittimità. Negli ultimi dieci anni – nutrendo per me l’affetto di un fratello – prese parte allo sforzo, a volte all’ostinazione, con cui con Rivista italiana di comunicazione pubblica e con Civicom, ho cercato di fare emergere una visione non angusta e non burocratica di una disciplina e di una professione. Da presidente di Civicom è stato prezioso per la sua prudente e realistica valutazione delle cose in una dedizione assoluta sempre anteposta ai suoi interessi personali.
Ha sdrammatizzato cose dure e amare. Ha mantenuto fiducia nei valori e nei pensieri di una vita leale. Ha combattuto con coraggio – e soprattutto fidandosi della forza con cui Margherita ha retto questa insieme ad altre prove – l’insieme dei mali che lo hanno afflitto negli ultimi tempi. Dopo la prima operazione chirurgica alle Molinette anche con rinnovata speranza. Non ha retto, questa notte,  alla seconda, che forse nascondeva un futuro di gravi precarietà.
Ti ho voluto bene, Guglielmo, come tutti i tuoi veri amici. A cui manchi e mancherai sempre.