Governare, arte o scienza? (Facebook, 11 febbraio 2013)
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Buona e mala politica / Diario di trincea 18
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Arte o scienza?
Sabino Cassese, giudice della Corte Costituzionale e insigne amministrativista, pronuncia questa mattina un discorso in Parlamento, davanti al Capo dello Stato, sul nuovo modo di governare. Ne pubblica un estratto il quotidiano La Stampa in anteprima. Nelle conclusioni dice:”Finora governare e’ stata un’ arte. Deve diventare una scienza“.
Si capisce bene che lo scenario di riferimento sta, nel pensiero del prof. Cassese, nella razionalità della connessione tra diritto, economia e scienze sociali. Sta nel vissuto costituzionale. Sta in una idea non manipolatoria della storia. Ma, oggi in piena battaglia elettorale contro le destre in Lombardia, un pensiero viene su come proprio le destre hanno cercato di fare del governo una scienza.
Non deve abbagliare il modello di Berlusconi che piu’ che nell’arte ha messo la politica nel cilindro della commedia. Estraendone conigli e conigliette per nascondere in una barzelletta la sua somma e scientifica determinazione di evitare i problemi concreti e di aggirare scientificamente con lo spettacolo l’obiettivo di non dare soluzioni alle questioni che impongono scelte impopolari.
La malapolitica ha una sua scientificità . Ce l’ha quando e’ governata dalla malavita (regole ferree). Ce l’ ha quando e’ governata dal voto di scambio (i conti devono tornare). Ce l’ ha quando e’ governata da “potenze straniere” , cioè da interessi apparentemente invisibili ma scientificamente costruiti per contenere decisioni utili a rapine.
Con il rispetto dovuto al prof. Cassese e al legittimo e importante richiamo alla razionalità, oggi – tra arte e scienza – la buona conduzione delle politiche pubbliche dovrebbe scegliere una terza ispirazione. Quella del “servizio”, forse un passaggio piu’ modesto, forse un metodo per la transizione.
Ma tornare – ora, subito – a far coincidere poteri e bisogni, cioè’ rigenerare la sintonia tra istituzioni e società’. Anche nei linguaggi (rispetto a quelli algidi di Monti e a quelli populisti delle destre).