Giorgio Soavi

Comunicazione di impresa. Come non ne esiste più
Giorgio SoaviE’ morto Giorgio Soavi, nato a Broni, nel pavese, nel 1923.  

Non lo vedevo da oltre dieci anni. L’ultima volta nella sua bella casa dietro San Babila. Orfano della vecchia Olivetti – quella di Adriano – per un po’ salvaguardato da Renzo Zorzi e, entro certi margini, dallo stesso Carlo De Benedetti, quando arrivai alla direzione delle relazioni esterne dell’Olivetti era davvero l’ultima stagione di una lunga storia. Ma ancora si editava la straordinaria agenda, elegante e cartonata, con il richiamo iconografico all’opera letteraria, dono di Natale.

Una serie perfetta, scelte senza provincialismi, letture essenziali per plasmare il senso della vita.

Ancora, nel suo deposito, qualche rimasuglio di grafiche e di pezzi d’arte che l’azienda aveva raccolto grazie a quella meta-azienda culturale che Adriano Olivetti aveva immaginato per costruire un brand e una reputazione al di fuori dello “specifico”.

Trattengo ancora in casa una bella traccia rossa su fondo scuro di Carlo Mattioli, regalo del Natale ’95 di Giorgio Soavi per ricordare l’artista morto l’anno precedente.

Ma Giorgio non aveva più realmente interlocutori a Ivrea. Meno che mai a Milano, dove la sede commerciale e della comunicazione di via Camperio era rifluita nei torrazzi del Lorenteggio e priva di tracce – salvo la collezione editoriale  di Comunità, rivista e collana,  provocatoria sfilata di titoli intelligenti, lì tra le nebbie della periferia, a far memoria  di un’epoca appena  archiviata.

Giorgio quindi scelse me come approdo. Per salvaguardare le due ultime creature. E mi comprò con poco, un rimasuglio di una sculturina intelligente, il monumento al punto di domanda, fermacarte pieno di allegorie, di cui mi fornì esemplari sufficienti per sdebitarmi con le personalità che tra il ‘95 e il ‘96 invitavamo – io con Pier Luigi Celli –  ad Ivrea per parlare di politica, società, economia con il gruppo dirigente. Tutti ancora lieti di venire a dir la loro tra le pareti del Palazzo Uffici progettato nel 1962 da Bernasconi,  Fiocchi e  Nizzoli. E tutti con un sorriso che strappava loro quel monumento al punto di domanda che proveniva dalla creatività di Giorgio Soavi.

Per quell’anno – tra tagli e ridimensionamenti – salvai la sua “continuità”. Poi fu l’epilogo. A cui Giorgio sopravvisse con eleganza, con la sua scrittura (ancora cadenzata sul Giornale in cui aveva seguito Indro Montanelli) e, ottuagenario, ancora sulla breccia dell’ispirazione amorosa.  Lettere d’amore sulla bellezza, romanzo epistolare scritto con Vittorio Gassman era proprio del 1995, mentre Goccioline contiene racconti erotici pubblicati a quasi 80 anni a cui è seguito il romanzo sugli stessi temi Nella tua carnagione, del 2005 con al centro la modella che ispirò un celebre quadro al pittore Hans Baldung Grien nel 1500.

Aiutò gli italiani a conoscere l’opera di Giacometti. E aiutò me a capire meglio il mito olivettiano a cui approdai fuori tempo.