Finanza&Mercati (6 marzo 2012) – Mutuata in Italia la legge francese sul “débat public”
Finanza&Mercati (in uscita 6 marzo 2012)
Il governo sta preparando l’articolato che ricalca una legge francese in vigore dal 1995
Anche l’Italia va verso la regolamentazione del dibattito pubblico sulle grandi opere
Stefano Rolando
Non va considerato come un provvedimento tecnico, ma come una vera svolta nel processo decisionale pubblico italiano la notizia – maturata attorno allo scontro prolungato che in Val di Susa oppone il movimento No-TAV al progetto di tunnel per l’alta velocità ferroviaria sulla Torino-Lione – che anche in Italia sarà adottata una legge che obbliga al “dibattito pubblico” su scelte che comportano grandi opere di evidente impatto ambientale. Una legge mutuata dalla legge francese a firma Michel Barnier (allora ministro dell’Ambiente) del 2 febbraio 1995 che istituisce una commissione nazionale per regolare il “dibattito pubblico” ovvero che impegna le amministrazioni competenti a convocare e ascoltare per sei mesi tutti i soggetti con i requisiti previsti dalla legge e in condizione di presentare argomentati dossier che, rendendo trasparenti dati e interpretazioni, creano condizioni di pariteticità tra coloro che sostengono o si oppongono a realizzazioni infrastrutturali. Impegnando altresì gli uffici statistici nazionali a validare o smentire dati eventualmente dirimenti per l’argomentazione sostenuta (come si sa nello scontro in val di Susa gli oppositori parlano di ricadute economiche onerose quattro volte superiori a quelle dichiarate dai sostenitori). I tempi previsti dalla legge comportano dibattito certo e conclusione certa. I media hanno accesso alle sedute e possono operare sulle argomentazioni in evidenza. La decisione resta a carico dell’istituzione competente ma la condivisione pubblica del contenuto istruttorio ne fa un caso di maturazione complessiva del coinvolgimento e della crescita di conoscenza da parte dell’opinione pubblica. Per questo alcuni dicono che questa procedura rientri nella tipologia della co–decisione. Più propriamente essa rientra negli ambiti propedeutici della democrazia partecipativa che possono generare ulteriore coinvolgimento dell’opinione pubblica, in forma di consultazione diffusa o di tipo referendario. Con il valore aggiunto di diminuire la condizione puramente emotiva di interlocuzione grazie allo sviluppo di interventi trasparenti in una modalità che impegna l’amministrazione a fornire più elementi di conoscenza nel quadro di modalità controllate da un soggetto terzo, cioè appunto una commissione di garanzia. Il dibattito e la letteratura in Francia su ciò che ha funzionato e ciò che non ha funzionato di questa legge sono utilmente consultabili.
Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera ha avviato i passi per adottare un provvedimento che da 17 anni regola in Francia i confronti in materia di controversie di valutazioni (da parte di altre amministrazioni, di soggetti rappresentativi di interessi economici e di soggetti a presidio di valori e diritti). L’incontro a Palazzo Chigi del 2 marzo concluso con l’opzione a favore del progetto infrastrutturale in Val di Susa, che il presidente Monti ha pubblicamente motivato, ha tuttavia avviato anche l’iter di adozione di questo modello di “dibattito” facendo sapere che è prossima la stesura dell’articolato e che potrebbe quindi diventare legge in tempi ragionevoli.
Che questa modalità sia una svolta che penalizza finalmente l’eccesso di potere di “opposti estremismi” – quello della prolungata azione di piazza spettacolare e quello della sostanziale azione lobbistica oscura – è evidente in un paese che solo pochi anni fa ha ritenuto di poter avviare di nascosto la creazione del sito per il deposito unico nazionale delle scorie nucleari, obbligatorio per deliberazioni europee, per analogia con paesi che hanno avuto esperienza di produzione nucleare e per ragioni di evidente buon senso in ordine alla sicurezza dei cittadini. Il deposito che era previsto a Scanzano Jonico (decreto legge n.314 del 14 novembre 2003) è stato ritenuto materia di inquietudine pubblica sottraendo il paese da un adeguata informazione e da un connesso coerente dibattito. E adottato il giorno dell’assassinio dei soldati italiani a Nassiriya venendo così mediaticamente emarginato. Anziché confrontare argomenti (tra cui il perché del luogo e le compensazioni di sviluppo per il territorio) in forma regolamentata, le proteste degli abitanti di Scanzano e poi della Basilicata – immaginando che il deposito avrebbe messo a rischio coltivazioni di fragole e gli affitti turistici – con l’occupazione della ferrovia e dell’autostrada hanno risolto la difficile decisione. Un successivo decreto ha ribadito la necessità di fare quel deposito omettendo però la scelta del luogo e rinviandone l’individuazione. Come si sa sono passati più di otto anni e nulla di ciò è successo. Così che le nostre scorie restano distribuite in piscine sparse per l’Italia a rischio che un‘alluvione più robusta porti le radiazioni nei corsi d’acqua che, secondo le previsioni di sicurezza, hanno come conseguenza semplicemente l’esodo delle popolazioni dai territori (intere regioni) investiti dall’emergenza. Ecco perché la proposta di legge che obbliga al “débat public” è una svolta politica, civile e culturale.
stefano.rolando@iulm.it