Discussione di lettura al Circolo di cultura politica di Via Monreale a Milano (18 gennaio 2012)
Nota della mattina dopo (19 gennaio 2011).
Colpisce vedere arrivare, uno ad uno, i soci di un circolo di cultura politica di area democratica (il “Pio La Torre” di via Monreale), che si sono dati l’abitudine di leggere, tutti, un libro al mese e di incontrarsi per discuterne,. Vederli arrivare, cioè, con in mano proprio il tuo libro, visibilmente letto (come ti accorgi con gli studenti quando le sottolineature sono originarie non derivate da acquisto di seconda mano). E disporsi, con civile allegria, nel cerchio delle seggiole, con il segnalibro che spunta da parti diverse del testo a preannunciare domande e osservazioni.
La serata è gelida, un po’ nebbiosa. La sperimentazione dell’Area C è l’argomento di “riscaldamento”. C’è una “base” nella partecipazione politica milanese che continua a tifare per il suo sindaco. Sente alcuni aspetti contradditori e magari irrisolti nei provvedimenti, ma percepisce la tensione di una amministrazione per bene che non decide per oscuri interessi, che di solito erano i “propri”, nel senso di persone e cricche, ma in ordine a un interesse generale che inevitabilmente scalfisce un poco gli interessi particolari, anche il tuo, ma con risultati già visibili. “Il centro oggi era completamente decongestionato, la velocità commerciale della città raddoppiata”.
Italo Geminiani spiega brevemente perché la scelta del mese di gennaio è caduta su “Due arcobaleni nel cielo di Milano”. Alle pareti del circolo ci sono ancora le tracce della campagna elettorale e giganteggia il ritratto di Giuliano Pisapia e il ricordo della “forza gentile”.
Giorgio Cavalca ha la cortesia di introdurmi e di chiarire che dirò mie osservazioni personali, in libera critica così come libera è stata la conversazione con il sindaco. Non sono lì “in rappresentanza” ma per comprendere insieme quanto di politico ma anche di personale c’è in un così forte cambiamento a Milano che ha generato una slavina nazionale (e probabilmente genererà anche una slavina regionale). Per due e ore e mezza si sviluppa un dialogo che si sforza di guardare lontano, al destino della città. Queste alcune delle questioni poste:
– Pisapia parla nel libro di una identità europea smarrita negli italiani. Non c’è un danno in questo per il ruolo europeo di Milano?
– Ci sono richiami, nella sinistra “plurale” che esce dall’esperienza elettorale a Milano, per una tradizione riformista e cenni alla cultura liberal-socialista che parevano fuori scena. Cosa c’è di sostanziale?
– In che rapporto si collocano oggi la sperimentazione democratica a Milano e il governo di emergenza a Roma?
– Si sta fronteggiando un vero e proprio deficit di democrazia in Italia?
– Perché Pisapia indica tempi brevi e chiede di andare presto alle elezioni con un sistema politico che non sta facendo cambiamenti significativi? Non ci sono rischi?
– Venendo all’azione amministrativa, non è chiaro qual è il disegno di prospettiva della città. Per esempio come viene in concreto affrontato il problema della città metropolitana?
– E che progetto c’è per la rete museale della città?
– Pisapia nel libro appare come pragmatico, orientato al “fare”. Ma la sinistra (in Italia e molto a Milano) si è dissanguata in battaglie ideologiche. Come si conciliano queste cose?
– Si parlava una volta di Milano riferimento obbligato di una nuova politica mediterranea. E’ rimasta viva questa prospettiva?
– Si dice nel libro che a Milano si è fatto un patto tra partiti e società. Dunque i partiti non decidono più integralmente. Ma questa cosa ha prodotto nel ripensamento di ruolo del Partito Democratico, che ha avuto successo elettorale ma ha vissuto molte tensioni?
Qualche osservazione l’ho fatta. Ma le vere risposte le darà lo stesso Giuliano Pisapia la sera di lunedì 30 gennaio a Spazio Teatro 89.