Dialogo di un venditore di curricula e di un passeggere (5 luglio 2012)

 

 

 

 

Questo “dialogo”, scritto nel 1832, ribadisce la visione materialistica del Leopardi e, insieme, il suo lucido rifiuto di ogni falsa consolazione. Nelle battute rapide ed essenziali tra il passeggere e il venditore di curricula è riconfermata l’assoluta vanità di ogni speranza di cambiamento. Un passante si sofferma a parlare con un popolano, intento a vendere sulla via i curricula per il nuovo governo. Il passante è un uomo colto e pensoso, esperto delle sorti della vita, che si accosta nel dialogo ai ragionamenti e alla mentalità del venditore e con lui discorre piacevolmente dell’anno nuovo e del desiderio che avrebbe ognuno di ritornare indietro cogli anni; a patto, però, di poter trascorrere una nuova esistenza, ignota ancora del tutto e non già quella vissuta. Il pensiero del Leopardi è dunque quello doloroso e pessimistico che già conosciamo: nessuno vorrebbe trascorrere di nuovo i propri anni e questo è segno che la somma dei mali è stata per tutti nel passato superiore a quella dei beni. Quanto ai curricula il passante ne acquisterà uno, per non scontentare il venditore ma per riporlo nella silenziosa teca delle sue cianfrusaglie.

 

Vend. Curricula, curricula nuovi; Bisognano, signore, curricula?

Pass. Curricula per l’anno nuovo?

Vend. Sì signore.

Pass. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

Vend. O illustrissimo, sì, certo.

Pass. Come quest’anno passato?

Vend. Più più assai.

Pass. Come quello di là?

Vend. Più più, illustrissimo.

Pass. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

Vend. Signor no, non mi piacerebbe.

Paas. Quanti anni nuovi sono passati dacchè voi vendete curricula?

Vend. Saranno vent’anni, illustrissimo.

Pass. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?

Vend. Io? Non saprei.

Pass. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?

Vend. No in verità, illustrissimo.

Pass. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?

Vend. Cotesto si sa.

Pass. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?

Vend. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.

Pass. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta nè più nè meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?

Vend. Cotesto non vorrei.

Pass. Oh che altra vita vorreste rifare? La vita c’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?

Vend. Lo credo cotesto.

Pass. Nè anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?

Vend. Signor no davvero, non tornerei.

Pass. Oh che vita vorreste voi dunque?

Vend. Vorrei una vita così come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

Pass. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?

Vend. Appunto.

Pass. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascono è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato che il bene; se a patto di riavere la vita di prima con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Vend. Speriamo.

Pass. Dunque mostratemi il curriculum più bello che avete.

Vend. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.

Pass. Ecco trenta soldi.

Vend. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Curricula, curricula nuovi; lunari…..