Contro gli sparlanti (Facebook, 25 gennaio 2013)

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Elezioni regionali
Contro gli sparlanti
25 gennaio 2013
 
Ormai in pista da una settantina di giorni nella campagna elettorale di Umberto Ambrosoli, una idea di come funziona l’emotività della seconda fascia del centrosinistra locale nel quadro della battaglia di tutte le battaglie me la vado facendo. Quale è la seconda fascia? E’ quella che non mette la faccia ma vuol dire la sua su tutto. Ha motivi per farlo. E’ rete, è opinione, è ambito partecipativo, è mediazione del consenso. E c’è anche “entourage”, quello meno mansionato nell’organizzazione della campagna ma partecipativo. Nelle battaglie elettorali la seconda fascia conta. Può assumere ruolo di grande tifoseria, può essere prudente e reticente, può essere malmostosa e antipatizzante. La terza fascia è poi quella dei volontari attivi che – paghi del dare una mano gratuita ad un cambiamento possibile – esprimono quasi sempre sereno consenso, comprendono i difetti, mitigano le debolezze, ampliano le speranze.
Umberto Ambrosoli aveva avuto esitazioni. Aveva detto che c’era troppo poco tempo per preparare un progetto adeguato ad una impresa di cambiamento e di discontinuità dopo 17 anni di blocco di potere. E aveva provato a mettere una posta alta: via la regia dei partiti (quella che aveva organizzato quattro sconfitte elettorali successive) e costruzione di “un patto civico” con al centro gli amministratori locali e l’ associazionismo civile e sociale. Vinta la battaglia politica e di metodo, ha messo il suo impegno assoluto nella competizione. Rendendo un grande servizio a tutto il centrosinistra. Quello dei partiti, quello del civismo e quello delle tifoserie vaganti che da tempo immemore partecipano a progetti di sconfitte annunciate. Con poche risorse e guardato con estrema prudenza dalla saccenteria di molti “esperti” di politica, Ambrosoli ha visto giorno per giorno il festival delle letterine della diffidenza. Non ce la farà a raccogliere le firme. E ne ha raccolte il doppio dei suoi competitor. Non chiamerà più di 80 mila votanti alle primarie. Ne ha mobilitati più di 150 mila. Non spunterà più di un terzo di consensi a Milano. Ne ha spuntati più del doppio dei competitor (il triplo in giro per la Lombardia). Resterà prigioniero del PD. Ha allargato a sinistra e a destra la coalizione. Il suo civismo finirà per riciclare vecchia politica di serie B. Li ha scrutinati uno per uno validando una squadra inedita in Lombardia, mettendo rappresentanze di decine e decine di realtà nel territorio che si affacciano per la prima volta all’ impegno politico-istituzionale che risponde ad una domanda del 25% di elettori, metà dei quali in astensione.
Ora è partita la sua campagna. Non riempirà i teatri. La coda al Dal Verme è stata di oltre un chilometro. Non sa parlare alla gente. La gente l’ha sentito il suo racconto di motivazioni e di posizionamento giudicandolo nell’81 % dei presenti “molto credibile” e ancora nel 17% “credibile”. Non e’ abbastanza politico, sarà costretto a inseguire. Ipsos (diffusione 14 gennaio) mette ordine nei sondaggi e dopo Maroni che ha messo un milione di euro in sole affissioni, dopo che Formigoni ha tradito Albertini ritornando a cuccia con Maroni d Berlusconi, dopo che Santoro ha regalato al Cavaliere una bella scossa adrenalinica, Ipsos ci mostra il centrosinistra in testa di due punti. Scrivo oggi mentre mancano 40 giorni. Vedo una grande quantità di volontari che mettono la loro carica di serenità in una partita che loro vivono come una riscossa. Leggo messaggi da tutta Italia allineati allo spirito con cui l’Italia civile ha seguito la lunga campagna di Giuliano Pisapia.
Ma la nostra “fascia due” – che, va detto, contiene pure tanta gente con lo sguardo tranquillo e con pensieri positivi – ci fa anche sentire tutti i giorni le sue smorfie. Ci fa credere che il suo pessimismo sia frutto della ragione non del maldipancia. Assume una certa sua centralità nel passaparola spiegando che Ambrosoli non ha i muscoli di Landini, non ha fatto le letture di Giuliano Amato, non ha la scaltrezza di D’Alema, non ragiona come Martinazzoli, non conosce la storia come Cacciari, eccetera. Si sente tutti i giorni questa sottovalutazione di un progetto di ricostruzione e rigenerazione che proprio partendo da alcuni fattori di estraneità cerca invece di intercettare la fiducia di un elettorato deluso, smarrito, poco combattente, riportando il fattore di credibilità in una corsa a cui deve corrispondere anche la risalita della sua notorietà (raddoppiata nel solo giro delle primarie e che crescendo ulteriormente non potrà che far migliorare le intenzioni d voto).
Limito a queste poche considerazioni il mio taccuino. Ci deve essere gratitudine per chi usa parole e pensieri con quella parsimonia che la situazione di grande gravità richiede. Ma va detto anche che certe persone dovrebbero mettersi la mano sulla coscienza rispetto al loro modo di unirsi volentieri ai luoghi comuni della saccenteria e dovrebbero trarre esempio piuttosto da come alcune personalità (tra queste il sindaco di Milano) che – comprendendo a fondo le difficoltà dell’unico progetto di riscossa possibile del centrosinistra, validato con ampio margine dalle primarie – si mettono a disposizione con prudenza di giudizi e generosità di dispendio personale. Il taccuino degli squittii – per l’abitudine all’ osservazione e per l’impegno che da tempo mi sono assunto nel raccontare con articoli e libri la transizione – assicuro che viene tenuto. Poi a cose fatte vedremo quale è la storia da raccontare di queste giornate – rispetto a cui vi è coscienza che molti fattori portano a indicatori di successo e alcuni altri fattori potrebbero portare a rischio di un testa a testa non garantito – in cui protagonisti e volontari dimostrano di operare per il coraggio del cambiamento. Alcuni tra coloro che potrebbero essere efficaci mediatori di un consenso civile svolgono in questi giorni il loro compito di “eroi borghesi”: quando serve ci sono. Altri finiscono per essere solo dei voyeurs rimpiccioliti dalla propria miopia.