Con la crisi cambia anche la “notizia” (Finanza&Mercati, 1 febbraio 2012)

Buona politica e informazione.
Cambio di prospettiva sul paradigma di “cosa fa notizia”
 
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Stefano Rolando
 
Il ritorno della buonapolitica nel campo dell’informazione a qualcuno fa sorridere. Ma, nesso indispensabile al paese, esso comporta (oltre alla riforma Rai accennata in una precedente nota) anche una sostanziale discontinuità rispetto al fatto che il nostro sistema mediatico (grandi quotidiani e dibattito politico in tv) si è consegnato alla cultura del gossip più che promuovere cultura dell’interpretazione per accrescere partecipazione responsabile al nostro rilancio civile.
A Milano, nell’ipotesi di cantiere della transizione in corso, questo dibattito ha episodi recenti. Don Davide Milani, portavoce  dalla Arcidiocesi, ha organizzato il 28 gennaio 2012 – con ironia logistica, presso l’Istituto dei ciechi – una conversazione tra il cardinale Angelo Scola e il direttore del più laico (in senso  tecnico) dei  giornali italiani, Il Sole 24 ore, Roberto Napoletano, sui temi dell’informazione. Sala  piena, operatori professionali, esperti, studiosi, tra i quali chi scrive si è trovato a porre un tema di discussione sul paradigma di cosa fa notizia secondo il moderno costume del giornalismo. Questa l’osservazione di base: delle 5000 notizie quotidianamente a disposizione, le redazioni  ne propongono ai lettori, quotidianamente, il 10%. Il giorno dopo il grosso del flottante diventa inutile. Si tratta dunque di omicidio in redazione, prima che i lettori siano in grado di giudicare, del 90% di ciò che è stato considerato legittimo contenuto dell’informazione. Mestiere difficile quello del giornalista, più selettivo della politica, più inquietante della magistratura, più definitivo della chirurgia.
Siccome politica, impresa, cultura e religione interagiscono coi media sulla regola dirimente di cosa fa notizia, anche se i giornalisti sono gelosi di questo codice del mestiere, sarebbe bene discuterne a fronte di una dilagante idea che notizia sia unicamente la connessione alle patologie. Dibattito non nuovo ma reso interessante dal contesto di emergenza che lo rigenera. Come ha già detto qualcuno e come intitola, proprio nel giorno di questo incontro, il quotidiano cattolico Avvenire: “La crisi economica e l’assetto del nuovo governo hanno radicalmente trasformato il modo di fare politica e informazione. Basta gossip, è ora di idee”.
Ecco le due interessanti risposte. Il cardinale Angelo Scola dice: difficile formulare una teoria, meglio mettere al centro un paradigma culturale. L’io e’ irrilevante, conta solo se messo in relazione, “perché la vita non e’ autogenerabile“. Nel  rispetto di questo approccio, si ricava anche una regola generale e primaria dell’informazione. Roberto Napoletano dice: prevalente con i lettori è il diritto/dovere di interpretare. Questo approccio disegna un corpo centrale del prodotto informativo – perché l’interpretazione comporta un progetto di responsabilizzazione in sé buono – in cui la “buona notizia” deve avere un posto, ma nel rispetto dell’atteggiamento critico dei fatti e quindi della notizia (facendo qui intendere l’adesione, pur intelligente, alla regola generale secondo cui la “notizia” è cattiva notizia).
Il dialogo è riferito in sintesi.  Ma sta in una cornice importante dei problemi italiani oggi. Dopo anni di dominante del teatrino in cui nel ring di battute della politica (finte aggressività, finti sdegni, soprattutto apodittiche dichiarazioni) la realtà si è poi rivelata sgovernata  e la crisi ha raggiunto limiti di guardia. La dedizione dei media alla patologia ha favorito il contesto delle risse. Ora torna – come quel titolo auspica – competenza, contenuto riflessivo, maggiore verifica dentro dibattiti, talk show, interviste. Una sorta di riduzione del danno, come per la droga, per rimettere al centro il tema degli orizzonti probabili, ovvero della sommessa sulle sfide in corso.
Siamo ancora lontani dal giornalismo che tiene in perfetto equilibrio seria indagine e rigorosa alimentazione di progetti e inventari per costruire le prospettive. Ma certo si è aperto un cantiere correttivo dell’informazione che potrebbe aiutare il buon giornalismo a prendere posizione. Un dibattito sul “cosa fa notizia” viene così annunciato. Sarebbe ora che si manifestasse appieno.
 
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