Comunicazione ed Europa ai tempi della crisi. Opening Statement al Club of Venice 15 novembre 2012

CLUB OF VENICE
 
PLENARY MEETING
 
VENICE, ITALY, 15-16 NOVEMBER 2012
Libreria Sansoviniana, Piazzetta San Marco, 13/a
Monumental Rooms of the Marciana National Library
 
Opening statement
Stefano Rolando
 
 
 
 
Signor Sindaco  di Venezia, Autorità, Amici e Colleghi,
grazie a tutti per essere qui, alla sessione autunnale del Club di Venezia, nel 26° anno di vita, di consolidamento e di ruolo di un sodalizio, informale nelle procedure ma prezioso per l’avvicinamento culturale e professionale che esso ha svolto in questi anni nel campo della comunicazione istituzionale in Europa.
·         Un campo che presentava differenze enormi, che negli anni si sono ridotte.
·         Un campo che presentava una forte gelosia degli Stati-Nazione,  che si è confrontata e misurata con il dialogo interno ai diversi sistemi nazionali e con le istituzioni comunitarie.
·         Un campo che nasceva nelle storie conflittuali del ‘900 come ambito di influenza del principio della propaganda,  e che ha cominciato a percepire che la democrazia vive quando i cittadini si fidano delle parole delle istituzioni al di là delle promesse elettorali.
Fino a nutrire – con una buona comunicazione – quella democrazia partecipativa che l’Europa tenta di sperimentare. E che nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti, ringraziando per la sua elezione, ha collocato nelle cose importanti, se si vuole mantenere dignità e qualità della politica. Ha detto Barack Obama : “Il ruolo del cittadino nella nostra democrazia non si conclude con il vostro voto”.
I padri dell’Europa – mi piace dirlo quando da poco l’Unione Europea ha ricevuto il Premio Nobel per la pace per avere garantito queste bene nel più lungo periodo storico dai tempi dell’impero romano – dicevano, magari con parole diverse,  la stessa idea partecipativa. “Non ci interessa coalizzare degli Stati, ci interessa unire i cittadini” diceva Jean Monnet.
 
Ho partecipato – come alcuni di Voi – al terzo appuntamento annuale di Europcom a Bruxelles.
Laurent Thieuele – che vi ha molto lavorato, con il contributo,  tra i presenti,  di Reijo Kemppinen, di Hans Brunmayr, di Niels Thoegersen, di Ylva Tiveus e di tanti altri – svolgerà qui un adeguato debrifing di questa sessione.
·         Importante perché ha attirato quasi mille operatori e soprattutto moltissimi giovani, che stanno avviandosi o specializzandosi a questa professione.
·         Importante perché è partito da dati concreti sul crinale difficile della reputazione dell’Europa e di tutte le istituzioni territoriali e nazionali, così come Eurobarometro spiega da cinquanta anni e che dovrebbe offrire più materia di riflessione ai media e alla stessa comunicazione pubblica.
·         Importante perché si sono poste domande sulla difficoltà di comunicare Europa all’interno del prolungamento della crisi economica che non tocca tutti i nostri paesi ma che alla fine genera più paure e meno speranze in tutti.
Curiosamente la risposta più netta – sui punti cruciali di ciò che deve essere la figura oggi di un comunicatore pubblico all’altezza di queste sfide, per le quali è stata usata la parola “dilemma” – sono venute nella seduta conclusiva di Europcom da un grande professionista americano, il presidente di social@ogilvy, John Bell, che ha detto: “un responsabile moderno della comunicazione pubblica si deve considerare un “organizzatore sociale”; deve attivare un digital acceleration team; deve fare entrare la trasparenza nella creazione di valore per istituzioni, cittadini e imprese. In breve, deve riorganizzare la relazione in senso orizzontale”.
E’ stato applaudito. Ma noi dobbiamo dirci che le pratiche del grosso delle nostre istituzioni, soprattutto governative, sono ancora trattenute dal “dilemma”.
Quella tensione a fare dei comunicatori pubblici degli “organizzatori sociali” – che significherebbe mettere molta gente, che operano nelle istituzioni,  al servizio di un accompagnamento della società, delle imprese, del sistema educativo, dei giovani, dei movimenti migratori, eccetera, nelle concrete dinamiche di reggere la crisi e cercare di uscirne – è visibile oggi in qualche realtà territoriale, è visibile in ambiti settoriali. Ma non è il principale modello di riferimento di moltissime istituzioni centrali e dello stesso patto che impegna stati e istituzioni comunitarie ad un abbassamento di toni, ad una riduzione del potenziale comunicativo, ad una gestione più silenziosa dei processi in corso. Lasciando uno spazio eccessivo ai media, lasciando in sospeso la domanda di qualità della politica e la domanda di reale democrazia partecipativa che, prendo a prestito il forte discorso di ringraziamento del presidente Obama, ci giunge ora da oltre Oceano come una vera e propria provocazione morale e civile.
 
Molti di voi potranno pensare che il Club di Venezia dovrebbe riflettere questa condizione di crisi perché esso è composto da rappresentanti di quelle istituzioni centrali che stanno vivendo per lo più il basso profilo comunicativo.
Per dieci anni ho avuto la responsabilità di uno dei servizi di informazione di un paese fondatore dell’Unione Europea e comprendo molto bene questo vincolo.
Ma consentitemi di introdurre anche un principio di svincolamento che riguarda, da sempre, l’agenda dei nostri lavori.
Non è solo per la mia libertà individuale – oggi professore universitario sia pure ancora impegnato in varie istituzioni – che mi permetto di fare cenno alla questione essenziale della nuova necessaria definizione dell’etica e della deontologia professionale del comunicatore pubblico.
E’ anche per la libertà dei nostri incontri che, non dovendo deliberare ma conoscere, ci mette nelle condizioni di vedere forze e debolezze di un sistema – quello della cerniera comunicativa tra istituzioni e cittadini – rispetto a cui non si può essere indifferenti. E rispetto a cui non si può accreditare l’idea (che ci farebbe tornare tutti indietro di decenni) che questo sistema si governa con la vecchia regola delle amministrazioni di un tempo: il silenzio e il segreto.
 
Anche perché l’età digitale ha creato un sistema di relazioni assai meno verticale tra istituzioni e cittadini.
Possiamo non alimentare queste piste, ma non far finta che non esistano.
Possiamo alimentarle con contenuti senza importanza. Ma la società riprende fiducia nei confronti di chi governa solo se oggi riconosce nei poteri di governo spirito di servizio e competenza sociale.
Insegniamo questo nelle università e non possiamo poi dimenticarlo nei nostri uffici.
 
A questo tema vorrei dunque dedicare l’apertura della nostra sessione autunnale 2012. Invitando i colleghi a parlare di cose concrete – così come l’agenda ci indica – misurandoci con le scadenze che sono in evidenza (tra cui quella delle elezioni per il parlamento europeo nel 2014), ma non scordandoci la domanda dei mille giovani convenuti in quel Parlamento europeo a Europcom che hanno applaudito chi ha fatto emergere sviluppi professionali di contenuto, chi ha indicato un posizionamento della comunicazione come diaframma e come gestione di un patto di lealtà non solo verso le istituzioni ma anche verso i cittadini.
 
La crisi che viviamo non è solo economica e finanziaria. E’ anche morale, politica e di qualità delle nostre democrazie. Non assistiamo a questo spettacolo. Siamo lo spettacolo.
Ed è per questo che – in particolare quest’anno – percependo i fattori di crisi grave che investono molti dei nostri paesi, ritengo corretto dare qualche segnale in questa direzione. Non per “politicizzare” la burocrazia.
Ma per riconsegnare il profilo professionale del comunicatore alla sua istanza di servitore civile.
 
Aprendo questi lavori è necessario e gradito ringraziare tutti coloro che, con tradizionale spirito volontario, si sono adoperati per il buon esito dell’evento.
Innanzi tutto il nostro appassionato e infaticabile segretario generale, Vincenzo le Voci. Poi le colleghe italiane Anna Maria Villa e Tiziana Antonelli, che assicurano, con altrettanto impegno, la realizzazione dell’evento. Ringrazio tutto lo steering commitee che contribuisce alla formazione dell’agenda dei lavori.
Ringrazio il direttore generale Rijio Kemppinen che ci fornirà un interessante resoconto dell’incontro, che proprio ieri si è svolto qui in questa sala in concomitanza di questa nostra sessione, dei portavoce della rete governativa e delle istituzioni comunitarie, prezioso tentativo di creare anche nel campo dell’informazione politico-istituzionale una rete di rapporti informali.
Ringrazio vivamente i signori interpeti, che ci aiutano in modo impeccabile.
Ringrazio nuovamente il sindaco di Venezia avv. Giorgio Orsoni per la sua sensibilità e per il contributo che ci da.
E dichiaro aperti i nostri lavori.