Club of Venice (Venezia e Parenzo) 19-21 nov 09 – Interventi di apertura e saluto
Club of Venice
Sessione autunnale 2009
Venezia 19-20 novembre
Porec-Parenzo 21 novembre
Interventi di apertura e di saluto delle sessioni
del prof. Stefano Rolando (presidente h. del CDV)
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CLUB of VENICE
Venice International University
19 novembre 2009
Opening statement
Stefano Rolando
1. Nel dare il benvenuto (anche a nome di Mike Granatt, il nostro coordinatore, che per ragioni di famiglia non può essere presente) a coloro che per la prima volta rappresentano qui strutture di informazione e comunicazione di Stati membri o di istituzioni comunitarie (mi felicito soprattutto per la presenza la prima volta della Banca Europea e dell’Islanda), ringrazio anche i rappresentanti di Comune, Provincia e Regione che qui a Venezia ci aiutano ogni anno a concretizzare questo evento – insieme al Dipartimento per gli Affari Comunitari della Presidenza del Consiglio dei Ministri – e che segnalano anche l’importanza dei soggetti territoriali nella filiera delle responsabilità istituzionali in tutta Europa nel campo della comunicazione istituzionale.
2. Stiamo per arrivare alla cinquantesima sessione del Club di Venezia, dal 1986 a oggi. Sarà la prossima. Comunque sono 24 anni che si mantiene il valore e il significato di questo “tavolo informale” in cui senza poteri, senza decisioni, senza bandiere, senza strutture, si riesce a discutere su argomenti delicati e che sono spesso materia di gelosia nazionale o di conflitto tra l’Europa dei governi e l’Europa comunitaria.
3. E’ evidente che 24 anni sono almeno cinque cicli di cambiamento nel sistema comunicativo. Dunque un percorso che segna differenze anche abissali. A metà degli anni ’80 al centro della comunicazione pubblica vi era il rapporto tra Europa e Stati nazionali. Ora la “geopolitica” presenta un più netto quadrilatero, in cui ha molto peso il territorio e ha molto peso la globalizzazione. A metà degli anni ’80 le “vedettes” professionali della comunicazione erano il giornalismo e la pubblicità. Oggi la dinamica della rete – con la sua rivoluzione di bassi costi, con la sua interattività, con il suo tempo reale – ha cambiato la natura di processi e prodotti. Mentre avanza una cultura di marketing sociale che, pur nel dovere delle istituzioni di parlare a tutti, pone l’esigenza di segmentare (linguaggi, mezzi, messaggi) e apre le porte alla cultura dell’ascolto.
4. In questi anni si segnala una evidente forte evoluzione del perimetro della materia. La comunicazione pubblica nasce come territorio dei messaggi istituzionali ai cittadini. Poi diventa gestione dell’ascolto e – in alcuni paesi – organizzazione del “dibattito pubblico”, cioè di serie procedure della democrazia partecipativa (ho detto “alcuni paesi” perché non sempre ciò è radicato e non sempre ciò è incentivato). Poi la stessa parola “pubblico” assume un carattere nuovo, non più “proprietà” dello Stato o delle istituzioni ma carattere di una “pubblica utilità” in cui hanno diritto di parola soggetti pubblici e privati, istituzioni e imprese, associazioni e anche singoli cittadini. E ancora la ricerca in Europa di nuovi modi di comunicare il patrimonio simbolico del processo di integrazione. La parola “pace” che servì a cementare l’avvio dell’Europa cerca una parola sostitutiva, che non può essere la parola “paura” che da alcuni anni serpeggia molto nell’informazione pubblica comunitaria.
5. Dunque è cambiata la relazione tra comunicazione politica, comunicazione istituzionale, comunicazione sociale, comunicazione di impresa e media e chi ha responsabilità di rappresentazione generale ne deve tener conto.
6. Le nostre tre sessioni a Venezia –a cui seguirà una sessione in Croazia – toccheranno alcuni aspetti di questa evoluzione. Un tema di merito emerge: la comunicazione connessa al crisis management, che spiega la presenza qui come ospite d’onore del Capo della Protezione Civile italiana e Sottosegretario del governo Guido Bertolaso; e che è materia rilevante per l’evoluzione tecnico-professionale della disciplina e per la formazione della nuova classe dirigente.
7. Poi c’è un tema di metodo, che è la prosecuzione dell’analisi dell’incidenza della innovazione tecnologica nella comunicazione istituzionale. Già facevamo fatica a ritrovarci tutti nella problematica di web 2.0 (l’importanza dei social network) quando da un po’ di tempo soprattutto i nostri colleghi inglesi ci spingono a guardare alle seduzioni del web 3.0. (quello che riguarda le fonti nei motori di ricerca).
8. E ancora un tema delle “velocità” del rapporto con l’Europa, che può essere letta come una croce in cui alla vecchia questione nord-sud si aggiunge una questione est-ovest (ne parleremo forse nella sessione in Croazia).
9. Mi resta il dovere e il piacere di presentare ora un amico e un collega, che credo sia oggi un rappresentazione forte delle professionalità di servizio pubblico tra dimensione tecnica e dimensione civile. Guido Bertolaso porterà una testimonianza su come nella gestione di una vicenda complessa, come è quella di una grave calamità, oggi la comunicazione sia una leva strategica da progettare, gestire, governare.
10.Spiegherà lui e poi la sua responsabile della comunicazione Barbara Altomonte il senso di questa riflessione che lo rende qui un testimone pertinente. Ma a due argomenti vorrei rapidamente accennare.
· Il primo riguarda l’evidente questione della assunzione di poteri che richiedono decisioni e velocità nei contesti di crisi e di emergenza e che potrebbero compromettere gli equilibri di una architettura democratica nelle vicende che richiedono governance ma anche partecipazione. La visita di lavoro che ho potuto fare – con un team di ricerca della mia università sui luoghi del terremoto – mi ha permesso di accertare cosa vuol dire garantire risultati dimostrando sensibilità per il pluralismo della governance e per il ruolo del volontariato come espressione della società civile.
· Il secondo riguarda il rapporto con la “verità” dei contesti d’azione. Ho raccontato il “caso Abruzzo” recentemente alla George Washington University (troverete le slide in inglese su Venicenet) per rispondere alla domanda se la comunicazione nel caso è stata un “successo”. Se prendiamo il breve periodo essa è stata un successo ma è stato messo un po’ in ombra il tema dell’importanza del lungo periodo per dare soluzione vera alla ricostruzione non solo fisica ma anche socio-economica. Lo stesso Bertolaso, quando si inauguravano frammenti di città ricostruita, ha detto questa cosa al telegiornale: i tempi veri sono cinque/dieci anni. Un’apertura al terreno di esame non propagandistico della questione comunicazione e terremoto, che qui merita una sottolineatura.
Auguro a tutti un buon lavoro, l’agenda è intensa, i temi importanti. I nostri senior, i vice-presidenti Mike van den Berghe, Niels Th?gersen e Hans Brunmayer, assicureranno il coordinamento delle tre sessioni. A Vincenzo Le Voci, Anna Maria Villa e Tiziana Antonelli un forte ringraziamento per avere assicurato anche quest’anno una perfetta organizzazione.
CLUB of VENICE
Sessione a Porec-Parenzo – Istria (Croazia)
Dinner Valamar Diamant Hotel
20 novembre 2009
Indirizzo di saluto e ringraziamento
Stefano Rolando
Ambasciatore Vladimir Drobnajak, negoziatore ufficiale, con rango di ministro, della Repubblica Croata con l’Unione Europea; Signor Edi Stifanic, Sindaco della città di Porec-Parenzo; cari Amici e Colleghi,
permettetemi un breve indirizzo di saluto e di ringraziamento al termine di questo eccellente ricevimento che anticipa la sessione del Club of Venice che domani mattina si svolgerà nel centro storico della città, mi dicono anzi in una antica Scuola italiana, divenuta ora centro culturale ed espositivo.
Uso la lingua italiana perché qui in Istria essa è diffusa, tanto che con il sindaco ci siamo parlati ampiamente e abbiamo già ipotizzato nuovi gemellaggi della sua città adatti al carattere rivierasco e storico, con una memoria di splendore degli anni ’20 (cosa che mi ha fatto pensare a gemellaggi adatti con città italiane come Viareggio o Riccione). Per gli amici del CDV ringrazio Vincenzo Le Voci che mi traduce live.
Questa città e questa terra hanno un rapporto importante con la mia famiglia. Mio nonno è stato prefetto del Regno d’Italia in Istria e mia madre per tutta la vita ha parlato della dolcezza delle estati a Parenzo. E’ la prima volta che vengo qui (sono stato invece una volta ad Abbazia, la vostra Opatija) e colgo già una certa familiarità dal contesto.
Innanzi tutto vorrei esprimere un sincero rallegramento per le notizie che ci sono state date direttamente dal Negoziatore croato sul superamento di importanti capitoli nel processo di ingresso dalla Croazia in Europa, tanto che si comincia già a profilare un traguardo non lontano. L’insieme dei paesi comunitari hanno espresso posizioni molto favorevoli a questo esito e basta solo riferirci alla storia di questa terra – dall’epoca romana in poi, con vicende che riguardano Venezia, Francia, Austria-Ungheria, per cogliere i coinvolgimenti culturali e identitari con l’Europa di questo paese. L’Istria in particolare. In più ci siamo accorti con piacere di un’altra diplomazia – molto mediterranea – che opera al servizio di questo paese. Non solo quella del negoziato sui parametri comunitari. Ma anche la diplomazia del vino e dell’olio che sono due prodotti di grande qualità che hanno arricchito la nostra tavola.
Dunque grazie per averci voluto qui a completamento di una nostra sessione di lavoro a Venezia. Un “detour” che vale certamente la pena e che ci permetterà domani di approfondire una riflessione che facciamo da tempo sulla comunicazione che accompagna il processo di allargamento.
Alzo il calice e auguro molta fortuna agli amici e colleghi croati.
CLUB of VENICE
Sessione a Porec-Parenzo – Istria (Croazia)
21 novembre 2009
Opening statement
Stefano Rolando
1. Siamo a Porec – per noi italiani una città cara e conosciuta che porta ancora ufficialmente anche il nome di Parenzo – e ci troviamo persino nella Scuola italiana, ora edificio pubblico della cultura, che ci ricorda quanta storia abbia attraversato questa terra. Al punto che ieri sera il sindaco di Porec-Parenzo mi diceva “Ma noi dell’Istria in verità siamo nell’Europa comunitaria da sempre”. Eppure la politica ha frammentato questa storia, le ha fatto prendere cammini distinti, per molti anni anzi conflittuali. Ora, come ci ha ben illustrato il Negoziatore comunitario croato ieri sera, il processo di ingresso della Croazia nella UE sta giungendo alle fasi finali, si sono superati capitoli importanti e ci rallegriamo molto del punto di evoluzione che fa immaginare un ingresso formale della “ventottottesima stella in campo blu” entro il 2012.
2. E’ giusto dunque che, in questo contesto, i colleghi croati abbiano chiesto di svolgere questa sessione nella loro terra per segnalare – a noi e alla opinione pubblica croata – il rilievo del tema comunicativo in un processo negoziale che non può avere una notizia al giorno ma in cui è importante alimentare un dibattito responsabile per tenere la società vicina agli obiettivi. Voglio dunque ringraziare a nome di tutti noi il portavoce del governo croato Zlatko Mehun, il responsabile della comunicazione istituzionale croata a Bruxelles Zvonimir Frka Petesich e la responsabile della comunicazione del Negoziatore comunitario croato Masha Ivanich – che ci sono qui a fianco – per avere organizzato con tanta cordialità questa sessione.
3. Il tema scelto per la sessione è quello della comunicazione dell’allargamento. Uno sguardo all’esperienza e uno sguardo alla prospettiva. Dirà tra poco parole molto competenti il nostro vicepresidente Hans Brunmayr, a lungo direttore generale della comunicazione del Consiglio europeo, con vasta esperienza della vicenda dell’allargamento. Io mi limiterò ad un breve inquadramento del tema.
4. Bisogna partire da una ovvietà. Ma carica di significati. L’Europa esprime una vera complessità culturale, politica e religiosa. Dunque le principali chiavi interpretative della politica e della storia sono distinte. Ma sempre alla ricerca di denominatori comuni. Quello che esprime l’Europa comunitaria è per definizione un denominatore comune piuttosto alto. Quello che esprime l’Europa intergovernativa è per definizione un denominatore comune negoziale.
5. Negli ultimi anni quattro grandi temi si sono presentati per rappresentare una nuova idea di Europa all’opinione pubblica – essendo ormai lontano e forse non più spendibile il formidabile tema che ha costruito i primi passi dell’Europa comunitaria ovvero il tema della pace ed essendo molto speso il tema, pur importante, dell’economia e del mercato unico. Si tratta dei temi riguardanti:
– l’allargamento
– l’euro
– la sicurezza
– la conoscenza.
6. Quest’ultimo tema – la conoscenza – è entrato in difficoltà con la lenta e incompleta attuazione dell’agenda di Lisbona. Sarebbe stato un tema formidabile per catturare l’attenzione dei giovani. L’investimento su di esso è rimandato. La sicurezza è tema in realtà legato alla prospettiva del sistema di difesa unico. Anch’esso nella sostanza comunicativa rimandato. Il tema dell’ euro ha fatto parte del capitolo più delicato delle cosiddette “flessibilità”. La scelta di far prevalere il trattamento degli Stati rispetto al trattamento comunitario ha avuto le sue ragioni ma ha avuto anche le sue conseguenze.
7. Resta così in campo – nell’Europa di questo decennio – il tema dell’allargamento, di cui dovrebbe essere scritto un libro solo dedicato all’approccio comunicativo, cioè alla modalità con cui – tra paesi vecchi membri e paesi new entry – la “rappresentazione” del sistema rischi/opportunità è stata svolta. Conta la comunicazione, ma conta molto anche l’informazione. E i media riflettono, come sempre, coraggi e paure, cercando comunque di fare notizia, anche se la notizia molto spesso coincide con gli allarmi, le resistenze, gli stereotipi, il riaffiorare di conflitti. Il punto di vista dei paesi già membri si è così diviso tra visione delle nuove opportunità di un mercato (idee, prodotti, poteri) più ampio e visione di “invasioni” del mercato del lavoro e soprattutto delle convivenze sociali. Il punto di vista dei paesi candidati si è così diviso tra percezione delle opportunità di una grande casa comune e percezione di un rischio di sottrazione di sovranità (soprattutto per i paesi provenienti dalle lunghe costrizioni del comunismo). Dunque un equilibrio comunicativo complesso.
8. L’Europa culturale poteva essere un tema. La riunificazione attorno ai grandi nomi della creatività europea in cui est e ovest, nord e sud esprimono già – nei libri di storia e nel cuore dei cittadini – una “casa comune” (chi può oggi dire che Kafka, Chopin, Brancusi, Bela Bartok eccetera, non siano parte dello stesso patrimonio generato da Victor Hugo, Verdi, Shakespeare o Cervantes e tanti altri?). Ma come si sa questa chiave – un po’ confinata nel programma delle città capitali della cultura – non è stata la leva essenziale della comunicazione pubblica.
9. Poteva essere allora il tema dell’Europa politica. Ma non è un mistero vedere oggi i leader degli Stati che preferiscono esprimere leader europei che non diano loro ombra e dunque lasciando la “politica” non come la rappresentazione di forza di un sistema federale all’americana, ma come la rappresentazione di una forza che, quando si generano paure nell’opinione pubblica (è la crisi ne ha generate parecchie), può essere additata come “colpevole”. E questa linea è passata nell’opzione comunicativa anche di molti paesi new entry.
10.Forse – una volta compiuto il percorso essenziale oggi riguardante soprattutto il pieno recupero dell’area balcanica – il tema della sicurezza e il tema della conoscenza potranno tornare in auge e ricostituire un teatro della rappresentazione in cui si scelga fortemente di parlare alle nuove generazioni con nuovi linguaggi. Questo resta oggi, per la nostra discussione, un aspetto di cornice. Le aspettative dei croati sono legate al breve termine e al positivo compimento del loro lungo negoziato. Che si completerà con un referendum che, abbiamo capito, non presenta grandi difficoltà. Ma rappresenta certo una opportunità comunicativa. Il nostro lavoro è da 24 anni quello di confrontare esperienze e modelli organizzativi in questo campo importante e ancora molto differenziato in cui è possibile integrarsi di più. Siamo certi che l’ampliamento del nostro tavolo – già in atto per i croati, per i turchi, per i macedoni, per gli islandesi e tra poco anche per gli albanesi – darà positivi risultati.
Vincenzo le Voci (funzionario del Consiglio Euroepo
e coordinatore operativo dei meeting del Club of Venice)
e coordinatore operativo dei meeting del Club of Venice)