Carlo Sartori (13 febbraio 2012)
Ho conosciuto Carlo Sartori quando lui stava nell’editoria e sognava la televisione e io stavo in televisione e sognavo l’editoria. Era a Mondadori, come capo ufficio stampa e mi spiegava cosa vuol dire – al tempo – avere mille libri in uscita all’anno e quindi tre libri da lanciare al giorno domeniche comprese. Poi ha cominciato a lavorare in Rai dove ha fatto tutto il suo percorso cercando di sfruttare la sua conoscenza internazionale a favore della sprovincializzazione dell’azienda e del quadro di relazioni che per un player del livello della Rai è essenziale. Lo ha fatto con eleganza, competenza e capacità interpretativa. Nel ’95 mi fu di prezioso aiuto quando organizzai, per incarico del presidente Dini, la sessione a Roma del Council del Museo della Radio e della Televisione di New York presieduto da Henry Kissinger. Eravamo entrambi outsider rispetto al sistema universitario, cercando entrambi di portare a quel sistema non solo saperi teorici ma anche professionali. Per tale profilo non abbiamo solo ricevuto applausi. Lui ha mantenuto la sua indipendenza continuando a dare un prezioso contributo. Io dal 2001 ho fatto una scelta di ruolo. Ci siamo detti poco tempo fa qualche delusione di “campo”, ma forse derivante da “crisi Italia”, che e’ stata una comune materia di apprensioni e speranze.
Poco fa Luigi Mattucci mi ha telefonato per dirmi che, a seguito di una dura malattia che lo aveva aggredito da tempo, questa notte Carlo ci ha lasciati. Partecipo questa notizia con grande e sincero dispiacere. Aveva ancora molto da dire e da dare.