Boris Biancheri Chiappori (19 luglio 2011)
Roma 19 luglio 2011 – Morto stanotte, nella clinica Villa Margherita di Roma, Boris Biancheri. Aveva 80 anni. Diplomatico e scrittore, è stato per 12 anni, dal 1997 al 2009 presidente dell’Ansa. Dal 1956 nella carriera diplomatica, Biancheri è stato tra l’altro ambasciatore italiano a Tokyo, Londra e Washington. Alla Farnesina ha ricoperto il ruolo di direttore generale del Personale, degli Affari Politici e poi di Segretario Generale dal 1995 al 1997, il suo ultimo incarico al ministero degli Esteri.
Dal 1997 era presidente dell’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Durante la presidenza dell’Ansa, tra il 2004 e il 2008, Biancheri ha guidato anche la Fieg, l’associazione degli Editori. È stato editorialista di politica internazionale per “La Stampa”.
Nel ricordo di una lunga amicizia inziata a metà degli anni ’80 e protrattasi fino ad oggi, con molteplici rapporti professionali e interazioni su cui tornerò, unisco qui i profili che hanno scritto su Repubblica l’amb. Ferdinando Salleo e su Aspenia on line Marta Dassù.
Roma, Palazzo Chigi 1986
ADDIO A BORIS BIANCHERI DIPLOMATICO E SCRITTORE
Ferdinando Salleo
La Repubblica
20 luglio 2011 — pagina 60 sezione: CULTURA
Diplomatico di grande talento, grand commis umano e intellettualmente rigoroso, fine pensatore politico, scrittore elegante e sensibile: una figura non comune nella diplomazia italiana che, accanto ai saggisti ed agli storici che la illustrano, non può vantare Stendhal, Paul Morand o Harold Nicholson. Con Boris Biancheri, scomparso ieri a Roma all’ età di 80 anni, se ne va una delle figure più interessanti, amabili e complete, tra gli uomini che, attraverso venti e maree, hanno rappresentato nel mondo l’ Italia repubblicana. Figlio d’ arte per più d’ un verso, la sua personalità emerge da una combinazione di radici familiari e di contiguità culturali, espressione dell’ Europa del “secolo breve”. Il padre, diplomatico ligure della terra di Ventimiglia, era stato fidato collaboratore di due grandi ministri degli Esteri, Antonino di San Giuliano e Sidney Sonnino: fu lui incaricato di consegnare all’ Ambasciatore austro-ungarico la copia della dichiarazione di guerra nel 1915. La madre, la baronessa baltica Olga Wolff von Stomersee recava con sé la cultura cosmopolita della tradizione pietroburghese, la raffinatezza della Russia zarista e insieme il profumo del mare interno, il Baltico, a cui Biancheri dedicò due belle opere letterarie. All’ azzurro mare ligure ed a quello plumbeo del Nord venne ad aggiungersi il mare siciliano, “colore del vino”: la sorella della madre, Alexandra, aveva sposato uno dei grandi scrittori del secolo scorso, quel Giuseppe Tomasi di Lampedusa al quale Boris fu legato dall’ affetto che traspare da una corrispondenza immaginaria con lo zio. La varietà delle componenti non poteva non fare di Boris Biancheri un diplomatico originale, segnato dalla curiosità per genti e paesi, attento alle oscillazioni della politica interna, affabile quanto riservato. Nella prima esperienza giapponese, all’ esposizione universale di Osaka, aveva forse avvertito la globalizzazione che si annunciava. Ed era tornato quindici anni dopo, Ambasciatore d’ Italia in un Giappone ormai forte ed assertivo. Anche a Londra Biancheri era tornato dopo vent’ anni, Ambasciatore d’ Italia in una Sede che ha amato profondamente apprezzando il rigore insularee la difesa delle libertà, base della società britannica, e tollerandone con affettuosa ironia le eccentricità e la strana miscela di ammirazione e incomprensione con cui gli inglesi guardano al paese che rappresentava. Washington, infine, dopo le dure prove a Roma, come Direttore generale del Personale e più tardi degli Affari Politici, Ambasciatore nell’ America del decennio americano, presso il principale alleato con cui la fine della guerra fredda stava disegnando un diverso rapporto che non doveva però essere meno stretto. Richiamato alla Farnesina come Segretario Generale, il più alto incarico della diplomazia, in rapporto diretto con il governo, in primis con il ministro degli Esteri, Biancheri seppe trovare con tutte le strutture del ministero e con i Direttori generali e i colleghi più giovani una collaborazione fiduciosa e un efficace coordinamento. Altri orizzonti lo attendevano dopo la Farnesina: quelli di presidente dell’ Ansa, la maggiore agenzia giornalistica italiana, e della Federazione degli Editori di Giornali, compiti delicati, se non altro per le inconsuete controversie che si trovò ad affrontare e dirimere. L’ amore per la letteratura convisse con quello per la politica estera: e forse prevalse sulla seconda perché trovò in questo tempo pieno sfogo nei suoi libri più poeticie meditativi; tra questi l’ ultimo, Elogio del silenzio, raccoglie nel protagonista con un delicato senso quasi profetico il profumo di una vita felice e fecondae insieme però gli interrogativi di fondo sulla libertà e la verità che Boris aveva portato con sé nella lunga e profonda esperienza spirituale.
Addio a Boris Biancheri
20/7/2011
Aspenia on line
Boris Biancheri era prima di tutto una persona fine, lieve e gentile. Poi era un letterato e uno scrittore. E infine, o all’inizio, era un grande diplomatico. Non so spiegare perché. Ma metterei in questo ordine incerto le qualità di un uomo intelligente, ironico ed equilibrato, che ha fatto molto per il proprio paese: in Italia e nel mondo. Boris Biancheri era un po’ mediterraneo e un po’ baltico. Sua madre era sorella di Licy Wolff-Stomersee, la moglie lettone di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Passeggiando per le strade di Roma, parlavamo molto più spesso dei libri scritti e da scrivere che non di politica internazionale. Per questo, quando decisi di dedicare un numero di Aspenia ai problemi del Sud, chiesi a Boris di scrivere sul Gattopardo. Il risultato fu l’articolo che riproduciamo in questa pagina. Un articolo in cui Biancheri spiega che per capire la Sicilia e le opportunità che offre bisognerebbe lasciarsi alle spalle proprio l’immagine che il Gattopardo, per la sua potenza letteraria, ha lasciato in eredità: l’immagine di una Sicilia immobile e assonnata, in cui nulla mai cambia, secondo il celebre commento di Tancredi. Questa Sicilia, scrive Biancheri, in realtà non esiste. L’immobilità della Sicilia è solo lo specchio della psicologia di Tomasi di Lampedusa e del suo “doppio” letterario, il Principe di Salina. Quando ricevetti l’articolo telefonai a Boris per dirgli che mi sentivo un po’ in colpa. Il Gattopardo è uno dei miei libri preferiti. Al punto, ammisi, di essere caduta vittima anch’io della trappola di Tomasi di Lampedusa. Mi rispose scherzando e ammonendomi: “Sto scrivendo un romanzo, l’Elogio del Silenzio. Mi raccomando, Marta: leggilo proprio come un romanzo”. Ho provato a leggerlo così, solo come un romanzo o – preferiva dire Boris, sempre minimizzando – come un racconto. Ma è difficile non leggervi anche un’allegoria della vicenda politica. Boris avrebbe voluto scrivere un saggio sul silenzio, ne aveva parlato più volte; sul valore del silenzio, contrapposto allo svilimento, alla vuotezza, delle troppe parole. Ma poi aveva scelto la letteratura. Un po’ come Tomasi di Lampedusa: un uomo – raccontò Boris nel febbraio scorso, presentando il suo libro ultimo all’ISPI – che era stato silenzioso per quasi tutta la vita.