Auguri Massimo!
da Stefano Rolando
Tra il 1980 e il 1982 ero passato dal ruolo di assistente di Paolo Grassi a quello di assistente di Sergio Zavoli. Svolgendo sia la mediazione tra la presidenza della Rai e l’azienda sia quella tra il Psi e l’azienda, al cui delicato compito mi aveva chiamato nel 1979 Claudio Martelli per il semplice e inconsueto fatto che ero il più giovane della compagnia, che non appartenevo alle vecchie cordate socialiste dell’azienda, che addirittura (chiamato direttamente da Grassi) non ero entrato in Rai per mediazione della politica.
A Massimo Fichera in quel periodo era stata tolta la direzione della seconda rete tv perchè “promosso” vicedirettore generale con competenza sull’innovazione (integrazione tecnologie e nuove forme produttive e distributive).
In un paese serio e in una azienda fortemente centrata sul suo futuro questa sarebbe stata una vera promozione. Ma da noi l’ amoveatur era evidente. In verità in quel periodo si consumava anche un’altra promozione. Quella di Claudio Martelli a vice-segretario del Partito Socialista, a condizione che lo stesso Martelli mollasse ogni e qualsiasi responsabilità di ciò che gli aveva fatto animare una stagione straordinaria di proposta veramente innovativa nel rapporto tra cultura e politica, nel sistema dei media e dello spettacolo, nel campo della comunicazione. Ciò che avvenne, trasformando una filiera professionale e politica che si era imposta – non solo alla Rai – in un gruppo di perdenti. Dissero che perdevano perché erano troppo teneri con i comunisti. Ma in realtà quella filiera aveva costruito “egemonia”, sia rispetto ad una Dc più disorientata (la stagione di Flaminio Piccoli), sia rispetto a un Pci anch’esso sbilanciato e fragilizzato, costretto a ragionare ideologicamente ma con molti che guardavano con interesse e invidia alla capacità di sparigliare e di promuovere cambiamento che i socialisti avevano avuto.
La vecchia tribù che – uscita da appartenenze declinanti nel Psi, quelle demartiniane e quelle lombardiane, aveva cominciato a dialogare positivamente (anche se non senza qualche ruvidezza) con Martelli – perdeva così un punto di riferimento e da lì a poco avrebbe perso tradizionali radicamenti. Un po’ tutta la rete 2 ma non solo. Perdente in testa a tutti, Fichera. E poi Gigi Mattucci spedito a Milano, Stefano Munafò alla terza rete, eccetera. Io stesso che – in amicizia con Martelli dai tempi del liceo – avevo retto la responsabilità di collegamento tra Partito Socialista e Rai in quel periodo, considerai che fosse meglio cambiare aria e andai a fare (tagliandomi forse un braccio rispetto alla proiezione di carriera in azienda) il direttore generale dell’Istituto Luce, azienda decotta che andava fusa con un’azienda morta (l’Italnoleggio). Mission impossibile. Ma che in tre anni fece rialzare la testa all’azienda e alla sua produzione. Questo per raccontare il clima di contesto.
In quel clima si spiega perché avevamo ormai tutti tempo per andare a convegni. Perché si lavorava di meno sul nostro specifico. Come dimostra la foto acclusa che ritrae una prima fila di uno dei tanti convegni. In fila Jack Lang (ministro francese della cultura), Massimo Fichera, io, Carmine Cianfarani (presidente dell’Anica) e nientepopodimeno che Silvio Berlusconi.
Queste due righe sono quindi, innanzi tutti, destinate a ricordare una sconfitta di cordata dopo una stagione smagliante.
Massimo investirà con intelligenza sulle nuove opportunità di know-how e ciò gli consentirà di uscire alla fine da quella pozzanghera per andare a fondare la costituzione di una rete televisiva europea, Euronews a Lione. Un’impresa coraggiosa.
Poi, molti anni dopo, quando scelsi di lasciare volontariamente la Presidenza del Consiglio per tornare in un’azienda, in quel caso l’Olivetti, avendo sempre mantenuto con lui un rapporto di amicizia, chiesi a Massimo di venire ad Ivrea a incontrare il management di un’azienda nel cui ambito lui era stato parte sia pure nel “collaterale culturale” creato da Adriano Olivetti, ovvero nella Fondazione Olivetti come segretario generale. Una giornata di festa e di intelligenza.
Oggi, mentre si festeggia l’arco complessivo del suo impegno professionale e civile, io ricordo proprio quelle giornate di inizio anni ’80 alla Rai, un po’ velate dall’idea che stavamo rischiando di perdere una partita e con essa alcune scommesse di tenuta sul “cambiamento possibile”. Anche se alcuni stavano in prima linea per salvaguardare le posizioni (tra di essi il presidente Sergio Zavoli). Giornate più allentate nell’agenda personale e qualche volta più all’insegna del brontolio. Ma come potevamo farlo noi, un po’ ironico e preparando comunque altri terreni di combattimento. Me ne uscivo dal corridoio con le moquettes blu della presidenza e andavo a metà pomeriggio a trovare qualche amico. Lui tra questi. Ometto qui di ricordare noiosamente le chiacchiere in libertà. Ma non ometto di dar conto dello spirito di Fichera e delle sue battute con tre aneddoti.
Il primo a proposito della segretezza nei colloqui personali. “Come sai vengo da una famiglia di scienziati e matematici. Per cui questo che ti dico è sperimentalmente provato. Tu chiudi le porte. A chiave se possibile. Metti una sedia in mezzo alla stanza, distante da porte e finestre. Poi pensa intensamente una cosa. Non dirla. Nemmeno a mezza voce. Pensala. Non si sa com’è ma mezz’ora dopo nei piani la sanno tutti!”.
Il secondo a proposito della Sicilia (lui catanese, io milanese ma con nonno messinese): “Come sai vengo da una famiglia di scienziati e matematici. Per cui questo che ti dico è sperimentalmente provato. Tu prendi un foglio di carta bianco e una matita. Poi traccia una diagonale da sinistra a destra. E poi una diagonale da destra a sinistra. E’ matematico: il punto centrale intersecato è sicuramente la Sicilia!”.
Il terzo a proposito della presidenza di Eurovisioni, che era passata da Robert Stephane a Bernard Myet, a me e poi a Kristoph Zanussi. Jean Marie Drot gettò sul tavolo il nome di Luciana Castellina. I più si innamorarono della cosa, per l’impegno straordinario di Luciana nell’Europarlamento. Ma io e Massimo – nel comitato a Villa Medici – ci guardammo in faccia capendo che se si voleva quella presidenza – in quel momento, in quel paese – bisognava parlarne con realismo e creandone le condizioni. Eravamo a favore, ma non naif. Questa volta non invocò la famiglia di matematici. “Cari amici, come voi sapete noi non veniamo dalla luna e nemmeno abitiamo su Marte. Se vogliamo fare la Castellina presidente, dobbiamo sapere che stiamo facendo la Castellina presidente. Per cui parliamone con i modi e i toni giusti!”.
Spiritoso, metaforico, sicilianissimo, per niente impolitico.
Auguri, Massimo!
Stefano