A metà marzo nuova serie di Mondoperaio
Ho messo su Facebook questa dichiarazione:
22 febbraio 2009

Mondoperaio – che fu tra gli anni settanta e ottanta un vero laboratorio di innovazione della cultura politica in Italia (con un comitato di redazione di cui a fine anni settanta sono stato membro anche se con profilo, rispetto ad alcuni “monumenti”, di “apprendista”) – riprende le pubblicazioni con la direzione di Luigi Covatta. Con una certa indipendenza rispetto alla politica dei partiti, anche se relazionata al Partito Socialista che resta proprietario della testata. Covatta ha ottenuto dei consensi piuttosto trasversali e di qualità. Si sta lavorando all’uscita del primo numero. Entro metà marzo.
Esprimo qui – ai miei amici – un breve pensiero. Un pensiero sul “revenantismo“. Un elemento di vera crisi del PD è stato (ed è) quello di essere gestito da una eccesso di taglio delle radici. Va bene il superamento delle ideologie, ma gli ex ds (soprattutto il veltronismo, pur se per comprensibili ragioni sue proprie) hanno imposto un azzeramento dei principi di identità (fatti di storie di idee e di persone) che dovrebbe rendere questa parte della politica diversa dal berlusconismo. Forse qui una delle ragioni per cui “questo partito non è mai nato” (Barbara Spinelli). E siccome da quelle storie è necessario ripartire – anche per piantarla lì con la demonizzazione di tutti coloro ( gli “altri”) che hanno la colpa di tutto (ce l’avranno anche ma è diventato un piagnisteo) – serve un luogo apparentemente “revenant” per riproporre a chi si misura ancora con la cultura politica (la sinistra teorica, i riformismi cattolici e liberali, persino il pensiero nazionale di una certa destra) e alla nostra stessa tradizione bella e pasticciata, qualche continuità. Altrimenti ciò che di buono è stato il Psi di Craxi resta roba d’archivio. E ciò che di interessante c’è stato nell’evoluzione della cultura politica italiana (comunisti compresi) lo buttiamo alle ortiche perché continuiamo i nostri duelli a morte. Soprattutto quelli con le ombre e i fantasmi. Insomma forse è il momento di riprendere la posizione egemonica – almeno parlando di storie interrotte – che fu proprio quella di Mondoperaio tra gli anni settanta e ottanta. Colgo in questo “taglio” un ulteriore senso della cultura liberal-democratica, che ha pochi veri protagonisti storici a cui vale la pena di riandare (qui l’impegno che sto condividendo con alcuni amici e alcune istituzioni per dare corpo alla Fondazione “Francesco Saverio Nitti”) per ancorare alla preoccupazione del destino del nostro paese sia i temi di dibattito sull’attualità sia la chiamata in causa del confronto tra le culture politiche degne di questo nome.
Esprimo qui – ai miei amici – un breve pensiero. Un pensiero sul “revenantismo“. Un elemento di vera crisi del PD è stato (ed è) quello di essere gestito da una eccesso di taglio delle radici. Va bene il superamento delle ideologie, ma gli ex ds (soprattutto il veltronismo, pur se per comprensibili ragioni sue proprie) hanno imposto un azzeramento dei principi di identità (fatti di storie di idee e di persone) che dovrebbe rendere questa parte della politica diversa dal berlusconismo. Forse qui una delle ragioni per cui “questo partito non è mai nato” (Barbara Spinelli). E siccome da quelle storie è necessario ripartire – anche per piantarla lì con la demonizzazione di tutti coloro ( gli “altri”) che hanno la colpa di tutto (ce l’avranno anche ma è diventato un piagnisteo) – serve un luogo apparentemente “revenant” per riproporre a chi si misura ancora con la cultura politica (la sinistra teorica, i riformismi cattolici e liberali, persino il pensiero nazionale di una certa destra) e alla nostra stessa tradizione bella e pasticciata, qualche continuità. Altrimenti ciò che di buono è stato il Psi di Craxi resta roba d’archivio. E ciò che di interessante c’è stato nell’evoluzione della cultura politica italiana (comunisti compresi) lo buttiamo alle ortiche perché continuiamo i nostri duelli a morte. Soprattutto quelli con le ombre e i fantasmi. Insomma forse è il momento di riprendere la posizione egemonica – almeno parlando di storie interrotte – che fu proprio quella di Mondoperaio tra gli anni settanta e ottanta. Colgo in questo “taglio” un ulteriore senso della cultura liberal-democratica, che ha pochi veri protagonisti storici a cui vale la pena di riandare (qui l’impegno che sto condividendo con alcuni amici e alcune istituzioni per dare corpo alla Fondazione “Francesco Saverio Nitti”) per ancorare alla preoccupazione del destino del nostro paese sia i temi di dibattito sull’attualità sia la chiamata in causa del confronto tra le culture politiche degne di questo nome.