A margine del meeting di Lesbos. Nota su due foto di 72 anni fa.
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Con Lefteris Kretsos
Nella mia rapida missione a Lesbos da venerdì 7 a domenica 10 aprile – dove si è svolto un meeting del Club of Venice in materia di emergenze migratorie – ho dato al segretario generale del Dipartimento Comunicazione e Media del governo greco Lefteris Kretsos (qui con me a bordo della motovedetta della Marina militare greca nella ricognizione delle coste dell’isola che ha preceduto la conferenza) due fotografie di 72 anni fa.
Ciò che ha mosso questa conferenza è il flusso – drammatico e ancora con soluzioni incerte (accoglienza, rinvio, tensioni, scontri) – di molti emigranti che hanno attraversato la relativamente breve distanza dalle coste turche a quelle greche (e quindi europee) a causa di guerre e contesti di violenza in vari paesi, come la Siria, l’Afghanistan, il Pakistan. .
Le mie due foto sono del 1944 e riguardano un’isola dello stesso mare, l’Egeo, un poco più a sud.
Per la precisione l’isola di Samo.
Un vero miracolo fotografico per le condizioni di quella vicenda e con un mio ritrovamento piuttosto recente (che è all’origine di una scrittura di un libro che completerò in questo anno).
La foto di gruppo riguarda una parte della compagnia comandata da mio padre, il tenente Emilio Rolando, 8° fanteria dell’Esercito italiano, Divisione Cuneo, di stanza a Samo dopo l’occupazione delle Grecia (è l’ufficiale al centro della foto) nella preparazione con barche di fortuna (l’altra foto) della traversata dalle coste di Samo alla costa turca, nel tentativo di mettere in salvo la compagnia dopo lunghi e impegnativi mesi di guerra partigiana fatta insieme ai greci sulle montagne di Samo dopo l’8 settembre del ’43.
Quella scelta fu presa il 9 settembre dopo una situazione di disfacimento delle truppe italiane con l’ipotesi che, avendo scelto di trattenere le armi e di non darle – in una sostanziale condizione di resa – ai tedeschi, ancora in numero inferiore ma in rapida ricostituzione belligerante in quasi tutte le isole greche, mio padre (dopo rapida consultazione con i suoi soldati) non credeva che né gli inglesi né gli americani (come alcuni ufficiali facevano ritenere) li avrebbero salvati da un ormai inevitabile e imminente scontro con i tedeschi (che in alcuni casi, come a Cefalonia, avrebbero tragicamente annientato gli italiani).
Da qui la decisione di tenere unita la compagnia in una continuità militare di “resistenza” insieme ai greci (che valse a mio padre la medaglia al valor militare per atti di eroismo, giunta con lenta istruttoria molti anni dopo, poco prima della sua morte avvenuta nel 1971, poi facendo riparare in Turchia i suoi soldati impegnandoli in una sorta di periplo del Medioriente per raggiungere in Egitto gli inglesi in qualità di “co-belligeranti”. Ma trovandosi alla fine a Ismailia in una condizione di sostanziale prigionia finita quasi un anno dopo la fine della seconda guerra mondiale (rimpatriati nel 1946).
Ho dato queste due foto a Lefteris (che ha molto apprezzato il gesto) per raccontare una storia, come molte altre, tra italiani e greci, in quelle acque, in quei tratti di costa che, in più epoche evidentemente, sono stati spazi drammatici ma anche di speranza.
Il libro – che comprende anche la rievocazione del comando della piccola isola di Furni, sotto Samo, dal ’42 al ’43, in uno scenario narrativo simile a quello descritto da Gabriele Salvatores in “Mediterraneo” – lo voglio concludere entro l’autunno di quest’anno. Il 13 novembre sono cento anni dalla nascita di mio padre, che mai volle parlare di quella guerra, ma attorno a cui ho raccolto finalmente carte e testimonianze adeguate, unendovi una lunga intervista, ovviamente virtuale, con lui stesso in cui credo che entrambi usiamo il linguaggio della verità.
Le due foto storiche non sono qui riproducibili. Conultare pagina pubblica Stefano Rolando in FB